L’OLOCAUSTO BIANCO: LA CHIESA DI FRONTE ALLA PEDOFILIA

Antonio Greco

Partiamo da un dato acquisito: per uno Stato laico, cioè svincolato dalle morali religiose, come la omosessualità è un diritto civile così, al contrario, la pedofilia cioè l’abuso sessuale di un adulto su un minore è un reato.  In origine era un reato contro la morale pubblica, successivamente si è trasformato in reato contro la persona, come stabilito da una legge del 1996. E questa trasformazione è avvenuta grazie a un profondo cambiamento culturale dell’opinione pubblica su questo drammatico fenomeno.

Per la Chiesa, invece, la pedofilia è rimasta (come l’omosessualità), nella sua lunga storia e ancora oggi, un peccato, emendabile attraverso il sacramento della penitenza, da tenere segreto senza denunciarlo “né al popolo né al potere civile” (Pio XII).

Due storici dell’età moderna, Francesco Benigno[1] e Vincenzo Lavenia[2], partendo da sensibilità piuttosto diverse ma entrambe di orientamento laico, si sono interrogati su questo nodo specifico della pedofilia nel clero cattolico. Può apparire un tema marginale ma è tutt’altro che secondario per la cultura e le problematiche sociali e politiche odierne ma anche per la sussistenza della stessa Chiesa. In questo primo ventennio del secolo XXI la pedofilia nel clero rappresenta una delle crisi più gravi che essa abbia vissuto nella sua lunga storia.

I due storici sono pervenuti a conclusioni “nuove” mediante una ricostruzione storica originale e spiazzante.

Il saggio ha per titolo “PECCATO O CRIMINE, La chiesa di fronte alla pedofilia[3]. É diviso in due parti: L’emergere del dramma (parte I) e Sessualità, clero e minori: una storia (parte II). Questa seconda parte è divisa in quattro capitoli: I. Peccato, penitenza e clero dall’antichità al medioevo; II. Gli abusi nell’età della Controriforma; III. Nel mondo moderno; IV. Il Novecento. Conclusioni: Un salto di paradigma.

Senza note a pie’ di pagina, il saggio è corredato da 13 pagine di una ricca Nota bibliografica.

Pur essendo un testo scritto in comune tra i due storici, la prima parte e le conclusioni sono attribuite a Benigno; la seconda parte a Lavenia.

I fatti

Il saggio, per capire bene il fenomeno che varia da paese a paese, inizia per prima cosa con il mettere in fila i fatti e descrivere la sequenza di ciò che è accaduto negli ultimi trent’anni.

Il fenomeno degli abusi sessuali su minori da parte del clero cattolico è stato percepito, nell’opinione pubblica, come diffuso e non marginale.

Il problema specifico si inserisce in un quadro più ampio: “vari studi mostrano come la pedofilia sia diffusa primariamente in ambito familiare (dove si registra dal 75 all’80% dei casi secondo il Consiglio Europeo) e secondariamente nell’ambito scolastico” (p. 89).

Per la quantificazione del fenomeno specifico, molto difficile (per una serie di motivi), gli studi sulla pedofilia dei preti prendono in considerazione due periodi:

  • fino al 2009 il riferimento è una fonte ufficiale ecclesiastica. Il cardinale brasiliano Cláudio Hummes, allora prefetto della Congregazione per il clero: «In alcune diocesi la pedofilia coinvolge il 4% del clero». Dunque, una minoranza. Sarebbe perciò sommamente ingiusto considerare la pedofilia una peste che infetta l’intero clero. Ma, quand’anche si trattasse di un solo caso, sarebbe tremendo per chi, per missione, annunzia l’Evangelo.
  • Un secondo periodo, dal 2010 all’11 settembre del 2018, definito l’11 settembre della Chiesa:

Tutto iniziò ad Abbelville, piccola cittadina della Louisiana, lo stato del Sud degli Stati Uniti affacciato sul golfo del Messico, una zona a forte maggioranza cattolica. Era il 6 febbraio del 1985. Quel giorno il ventunenne Scott Gastal denunciava alla locale procura un sacerdote, padre G. Gauthe, accusandolo di averlo violentato all’età di soli dieci anni e di aver proseguito poi con gli abusi per un anno intero…” (p. 9). Il caso suscitò viva attenzione e, purtroppo, si ripeteva in decine di storie simili: la vicenda di padre T. Adamson, la nascita delle prime associazioni di vittime degli abusi, il processo al prete abusante J. Porter, casi analoghi in Canada, il famoso caso Boston di padre Georghan (con 130 denunce di violenza su bambini) che ebbe sull’opinione pubblica mondiale una risonanza inaudita (Il 6 gennaio 2002 il Boston Globe, in prima pagina a caratteri cubitali titolava: La Chiesa ha permesso per anni abusi da parte dei preti); la questione irlandese, aperta da Colm O’Gorman che all’età di quindici anni era stato violentato da padre Sean Fortune e che aveva trascinato in tribunale dove poi a suo carico si erano accumulate altre 66 accuse di atti di molestia ai danni di otto minori, la pubblicazione nel 2009 del rapporto Ryan Report ovverossia l’inchiesta della Commissione sulle violenze sui bambini in Irlanda; … fino al diluvio del 2010.

Il 13 Marzo 2010, in un’intervista all’ Avvenire Charls Scicluna, stretto collaboratore di Ratzinger e promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, dichiarava che le denunce giunte nel primo decennio del secolo per abusi sessuali ai danni di minori coinvolgevano 3000 sacerdoti. Ma quel che colpì l’opinione pubblica fu la progressione incalzante di casi: dalla Svizzera all’Inghilterra si verificò un’esplosione di segnalazioni, e perfino nella piccola Malta si registrarono accuse contro 45 preti. In Australia i casi denunciati lungo un arco temporale trentennale furono oltre 4000 mentre nei Paesi Bassi si contavano del 1945 decine di migliaia di vittime e 800 sacerdoti abusanti. Preoccupante anche la situazione in Belgio. In Austria diversi monaci dell’abbazia di Kremsmunster iniziarono a essere indagati dalla magistratura. In Germania…” (p. 46). E poi in Polonia, nella Repubblica Dominicana, in Cile, in Brasile …

L’11 settembre 2018, l’arcivescovo Georg Ganswein, già segretario particolare di papa Ratzinger e prefetto della casa pontificia, nel presentare il testo di Rod Dreher, L’Opzione Benedetto, notando come proprio quel giorno ricadesse l’anniversario dell’attacco alle Torri gemelle, affermò: “lo scandalo degli abusi sessuali è stato l’11 settembre della Chiesa cattolica” (p. 70)[4].

Ma al di là dei numeri, “la pedofilia tra le file del clero ha causato negli ultimi tre decenni la più grave crisi della chiesa cattolica dai tempi della riforma protestante. Migliaia e migliaia di casi di abusi sessuali nei confronti di minori compiuti dai sacerdoti e da altri religiosi in tutto il mondo hanno dato origine a uno smarrimento spirituale di proporzioni enormi: si è trattato di un cedimento, di uno smottamento morale che ha preso le dimensioni di una slavina, causando disillusione e sconforto tra i fedeli, discredito nell‘opinione pubblica, e una rabbia diffusa nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, incapaci di farvi fronte” (p. 5).

Le costanti ecclesiastiche del fenomeno

Possono essere sintetizzate così:

  • all’abuso sessuale di un ecclesiastico, anche dopo anni, segue una denuncia della vittima al vescovo della diocesi di appartenenza dell’abusante;
  • il vescovo avvia una indagine riservata e un eventuale processo ecclesiastico che il Codice canonico del 1983 demandava solo per una supervisione alla Congregazione per il clero. Quasi sempre, per evitare scandali e per tutelare la istituzione ecclesiastica, la soluzione più comune diventa quella di spostare l’abusante in altra parrocchia. É esclusa qualsiasi denuncia all’autorità giuridica esterna da parte dell’autorità vescovile. Nel 2001 i processi per il “delictum gravius” (uno dei reati più gravi) commesso da un membro del clero con un minore di 18 anni viene sottratto alle competenze vescovili e assegnato in via esclusiva alla Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant’Uffizio) basandosi sul principio che solo il papa può ridurre un sacerdote allo stato laicale;
  • la vittima, spesso non ascoltata o contenta per queste soluzioni intra-ecclesiastiche, sporge denuncia all’autorità giuridica laica. Quando vi sono le condizioni, il processo arriva a sentenza in sede penale; per il risarcimento economico il processo si sposta in sede civile;
  • in sede di giudizio civile per il risarcimento da versare alla vittima e alla sua famiglia si è posto il tema della responsabilità anche della diocesi di appartenenza del prete abusante e del Vaticano. Ha grande importanza in tutto ciò la struttura gerarchica e centralizzata della Chiesa cattolica, in considerazione della quale una diocesi può essere chiamata a rispondere in sede civile dei danni compiuti dai suoi membri. La responsabilità diocesana è testimoniata dall’esistenza di un dossier per ogni singolo sacerdote nell’archivio diocesano. E quella vaticana per aver avocato a sé il processo nei confronti del prete pedofilo;
  • Le conseguenze per alcune diocesi sono state drammatiche per gli enormi risarcimenti pagati, anche quando si è pervenuti ad accordi con la vittima. A causa delle enormi cifre pagate per il risarcimento alcune diocesi americane sono fallite;
  • il nodo più delicato di queste costanti è il rapporto tra autorità ecclesiastiche e procure civili. La strada più rapida per combattere gli abusi sui minori dei preti, almeno dove vige lo stato di diritto, sarebbe quella di un vescovo che alza la cornetta ed informa il magistrato. Un gesto semplice che i vescovi non solo non hanno il coraggio di fare ma che, spesso, teorizzano di non dover fare.

Una sintesi del difficile rapporto tra autorità ecclesiastiche e quelle dei tribunali civili è stata così duramente espressa dal presidente cattolico repubblicano della commissione laica indipendente creata dalla Conferenza episcopale della chiesa americana, Frank Keating nel giugno del 2002: “Resistere alle ingiunzioni, sopprimere i nomi dei religiosi abusanti, negare, insabbiare, mentire; quello è il modello di un’organizzazione criminale, non della mia Chiesa” (p. 31).

Le cause del fenomeno

Quali sono le cause di un simile terremoto che ancora nel 2021 non accenna a finire? Perché soprattutto la chiesa cattolica fa fatica a far fronte a un fenomeno che le ha causato discredito, disaffezione e un’acuta crisi spirituale e strutturale?

Le spiegazioni parziali del fenomeno

Non convincono gli autori del libro le seguenti spiegazioni parziali del fenomeno:

  1. Il lassismo morale dovuto al permissivismo sessuale post ’68 (ipotesi di papa Ratzinger ma contraddetta dall’esistenza del fenomeno anche negli anni ’50);
  2. l’anticattolicesimo esistente nel sistema dei media che spinge a pensare all’immagine di una Chiesa sotto attacco;
  3. la tendenza a considerare sia la pedofilia sia le pratiche tendenti ad occultarne l’esistenza come espressione di una pervasiva cultura del segreto tipicamente cattolica che avvolgerebbe la sfera sessuale e indurrebbe nei soggetti comportamenti devianti sul piano morale. Tale cultura avrebbe in sostanza forgiato un sistema di rapporti tra clero e i fedeli tale da perpetuare gli abusi su minori;
  4. la presenza omosessuale nei ranghi dei religiosi, preparata da ambienti unicamente maschili come i seminari e indicata come vera causa scatenante della pedofilia ecclesiastica;
  5. il celibato sacerdotale: la pedofilia è vista come conseguenza involontaria ma più o meno inevitabile dell’anacronistica scelta del celibato, come l’effetto della costituzione di comunità di convivenza maschili;
  6. il clericalismo (inteso come un insieme di pratiche e di atteggiamenti, quali l’autodifesa del clero, rafforzata da una serie di modalità giuridiche di protezione e di gestione, i fenomeni di copertura dell’abusante, la scarsa trasparenza, le palesi omissioni): all’origine degli abusi sessuali su minori ci sarebbe l’atteggiamento dei vertici dell’istituzione ecclesiastica che tollerano il fenomeno, preoccupati tanto di indebolire il clero in una fase di crisi delle vocazioni quanto di intaccare l’immagine della Chiesa.

Non vi è dubbio che in ognuna di queste spiegazioni vi sia qualche piccola parte di verità ma nessuna di esse offre una convincente spiegazione del radicamento e della diffusione delle pratiche pedofile tra i sacerdoti. Il libro, pur dando ad esse la patente di cogliere alcuni aspetti reali del fenomeno, dimostra che esse presentano tanti limiti e di ognuno di questi dà contezza.

La pedofilia, peccato o crimine

La causa principale della pedofilia del clero è racchiusa in un dato culturale che è sintetizzato nel titolo del saggio: la pedofilia, peccato o crimine. Senza punto interrogativo e senza via di mezzo.

Secondo questa tesi la pedofilia del clero è causata dalla divaricazione progressiva tra la percezione comune sociale della pedofilia come un crimine terribile e la convinzione della Chiesa cattolica che continua ad affrontarla come un peccato.  Per la chiesa cattolica la pedofilia è un peccato che offende la morale o il costume sociale da essa impregnato più che un crimine contro la persona minorenne vittima di abuso sessuale.

 Ma qual è la differenza tra un peccato e un crimine?

Il peccato è un concetto morale. Il crimine è un concetto giuridico. Un rapporto sessuale tra un adulto e un minorenne può essere visto come una macchia (peccato) o come una ferita inferta al minore (crimine): “Hanno grande importanza, in questo senso, le metafore della macchia e della ferita: il peccato è una sporcizia che si può ripulire, il crimine invece è una ferita, lascia un segno indelebile” (p. 239).

Sessualità, clero e minori: una storia

La divaricazione tra la percezione sociale della pedofilia come crimine dalla concezione ecclesiastica come peccato ha una lunga storia.

Il libro non è la ricognizione del rapporto tra cristianesimo e sessualità. Ma non prescinde dalla analisi storica dell’atteggiamento della chiesa nei confronti dei peccati della carne, dell’insistenza della Chiesa sulla castità del clero, del momento in cui la chiesa si costituì come corpo a sé.

Il Medio Evo è costellato di episodi in cui il clero abusa di minori del proprio e dell’altrui sesso, e dopo l’anno 1000, la lotta per il celibato da un lato e la lotta “contro i peccati contro natura”, primo fra tutti la sodomia omosessuale, portò la chiesa a intervenire anche sul piano giudiziario. Questo piano era fortemente attento a preservare l’onore del clero, ad agire con procedure segrete, a difendere il sacramento della confessione da un eventuale uso o abuso per l’adescamento.

Certo, se storicamente a riguardo si mette in evidenza l’aspetto repressivo, non va trascurata anche l’attenzione all’aspetto formativo e a quello persuasivo, ovvero alla capacità della Chiesa di «vincere» e di «convincere» su una certa cultura della vita sessuale, una capacità che si è dispiegata in particolare nell’età della Controriforma, e che ha creato conformismo ma anche un modo di essere più indulgente nei confronti dei difetti umani. Aspetti importanti per comprendere la cultura ecclesiastica della pedofilia ma anche la storia della penisola italiana.

La Rivoluzione francese e la secolarizzazione della giustizia hanno sottratto alla chiesa l’intervento della magistratura giudiziaria. Ma la chiesa ha continuato a trattare della materia con procedure segrete e con correttivi che miravano a sancire il peccato più che il crimine commesso dal clero, scontrandosi già a fine ‘800 con una opinione pubblica non disposta a perdonare alla chiesa gli errori del proprio clero e non più disposta a tollerare il mancato profondo mutamento delle leggi canoniche, non adeguate all’allarme sociale neppure dopo il Concilio Vaticano II, fino ai nostri anni recenti. Senza riconoscere che, dopo la Shoah, e specialmente dopo gli anni Ottanta del Novecento, la società occidentale è diventata assai sensibile quando si tratta di bersagli innocenti. Per questo alcuni commentatori e le stesse associazioni delle vittime di abusi del clero hanno parlato polemicamente di un “olocausto bianco”.

Per comprendere questo legame tra l’abuso sessuale su minori e l’omicidio occorre tenere conto di un cambiamento epocale, maturato nell’opinione pubblica nel corso dell’ultimo tentennio: quello del rapporto con la violenza” (p. 253) e i vari genocidi. Proprio questo cambiamento culturale porta a considerare chi ha subito la violenza sessuale durante l’infanzia una “vittima”, cioè individuo portatore di uno stigma, di un marchio a fuoco, proprio come gli internati sopravvissuti ai lager nazisti.

Il libro si conclude con un richiamo al recente film di Francois Ozon, Grazie a Dio, dedicato allo scandalo Preynat/Barberin. Preynat è un prete pedofilo di Lione e Barberin il suo arcivescovo. Secondo Barberin “la pedofilia è una malattia, un tratto degenerativo comunque transeunte ed emendabile, da rafforzare con fermezza ma al contempo con fede nella redenzione e nella forza del perdono”. Dall’altra parte, “il film mostra come coloro che sollevano il caso sostengono al contrario trattarsi di un crimine che produce l’effetto di distruggere l’innocenza; una ferita incancellabile e insanabile, permanentemente sanguinante” (p. 259).

La tesi di Benigno-Lavenia sostenuta nel saggio Peccato o crimine, se non rimane solo una tesi di studio e di ricerca storica, fa piazza pulita di tutte quelle ricette “facili” indicate per risolvere il dramma della pedofilia dei preti e spinge ad andare alla radice del fenomeno.

La distinzione, meglio la separazione, tra reato e peccato è un portato irreversibile dell’età contemporanea. E questa non vale solo per il reato della pedofilia dei preti. Essa relega sempre più nel passato, anzi cancella l’obiettivo a lungo perseguito dalla Chiesa di ottenere che le fondamentali norme etiche del cattolicesimo, non sempre rispondenti al Vangelo, fossero anche norme civili dello stato.  Secondo questa concezione, solo se sorretta dalla legislazione pubblica la Chiesa avrebbe potuto continuare a svolgere un’efficace azione apostolica presso un uomo contemporaneo che si allontanava sempre più dalle sue prescrizioni morali. É questa una convinzione ereditata dalla mentalità cattolica intransigente dell’Ottocento ma teorizzata ancora oggi e che alcuni studiosi indicano con il nome di “ruinismo” (dal suo fautore, il card. Ruini, presidente della Conferenza Episcopale italiana dal 1991 al 2007). Teoria, purtroppo, ancora viva e vegeta nella chiesa italiana.

La Chiesa sconta, quindi, un gap culturale nell’affrontare il dramma di questo olocausto, come dimostra il testo di Benigno-Lavenia.

La pedofilia dei preti è, perciò, un caso clamoroso e molto significativo della difficoltà della chiesa cattolica di adattarsi al mutamento storico per rispondere alle due fedeltà, al Vangelo e all’uomo.

Ma il cambio di paradigma nell’affrontare la pedofilia, pur necessario, è faticoso perché richiede cambiamenti strutturali radicali dell’attuale configurazione ecclesiastica e non si sa quanto questa necessità è recepita all’interno di tutta la comunità ecclesiale, soprattutto quella italiana.

14 maggio 2021


[1] Insegna Storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

[2] Insegna Storia moderna all’Università di Bologna.

[3] F. Benigno-V. Lavenia, Peccato o crimine, la chiesa di fronte alla pedofilia, Editori Laterza, Bari-Roma, febbraio 2021, pp. 284, € 20,00.

[4] (sul fenomeno della pedopornofilia cfr. il sito molto aggiornato di Don Di Noto: https://associazionemeter.org/images/report2020/documenti/report_meter_2020_web.pdf )

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