UNA CATENA PROFETICA E GENERATIVA

Antonio Greco

Un vescovo, don Tonino; un papa, Francesco; un libro, fra i tanti che sono stati scritti per il 20 aprile 2018, data in cui il papa ha pregato sulla tomba di don Tonino ad Alessano (Le) e ha celebrato la sua vita di vescovo a Molfetta (Ba).

Questo breve scritto non riguarda don Tonino e papa Francesco. Lo spunto nasce dalla lettura del bel libro di Francesco Comina1, ‘Abbiamo un sogno – Quando Francesco andò da don Tonino’2, anche se non è una recensione.

Nel libro protagonista è don Tonino. Con una finzione letteraria è collocato in un luogo-nonluogo e qui incontra più di 50 profeti del ‘9003. Nell’incontro con ciascuno di essi emergono i suoi scritti ma anche i suoi gesti e soprattutto il suo sogno: un mondo di pace e di giustizia, una chiesa “nuova”, a servizio dei più poveri.

Prevalentemente si tratta di uomini che con la loro carica innovativa e di cambiamento hanno scosso le fondamenta di istituzioni religiose e anche civili.

La cornice o il paradigma (usiamo il termine “paradigma” come è usato nella storia della scienza per sottolineare lo sforzo di designare un sistema di relazioni organiche che si sono consolidate nel tempo e sono divenute strutture) entro cui leggere tutti questi protagonisti del nostro tempo è essenziale. Senza cornice la ricchezza del quadro mi sembra parziale.

Oltre il paradigma duale

Perché non soddisfa più il paradigma duale? Perché non è più sostenibile, per usare l’espressione analoga del vescovo Angiulli4, spiegare e capire gli scritti e la vita dei profeti con “Il fascino dei binomi essenziali”: Dio-uomo, trascendenza-immanenza, istituzione-profezia, cielo-terra…? Questi binomi appaiono sempre più ingiustificati e fuorvianti. Sono stati resi tali da due grandi dissidi epocali che hanno segnato la storia della fede cristiana: l’approccio storico critico alle scritture e il presupposto metodico della pratica scientifica. L’attenzione a questi due epocali dissidi spingono l’uomo d’oggi alla ricerca di un nuovo paradigma che superi il tragico dualismo: teismo o ateismo. E’ il paradigma unitario di chi vuol superare la contraddizione tra l’immagine di “un Dio personale, distinto dal mondo e al di sopra di esso, che da lassù interviene regolarmente e miracolosamente nella storia, e una visione scientifica che considera tale azione inammissibile”, e ci consente “di immaginare Dio come il potere interno dello stesso essere, Mistero di bellezza e di amore, un Dio che, scrive Diarmuid O’Murchu, «manifesta pienamente il proprio sé nel processo evolutivo della creazione»”5. Questo nuovo paradigma porta non solo alla purificazione del “dio” dei nativi religiosi ma anche a una lettura più profonda dei profeti di ieri, di oggi e di domani.

Nel paradigma duale il conflitto tra il sacerdote6, inteso come colui che è il custode dei valori del passato, e il profeta, colui che ne propone di nuovi è funzionale, quasi sempre, alla conservazione della istituzione.

Custodi gelosi dei valori del passato, i sacerdoti non attendono nulla di nuovo dal loro mondo. La loro è una religione immutabile, che non consente alcun tipo di cambiamento. Devoti amministratori del sacro, scrupolosi burocrati della fede, i sacerdoti rifiutano e perseguitano i profeti. Poi, nelle generazioni successive, se il messaggio del profeta è accolto e voluto dal popolo, i sacerdoti sono costretti a rifarsi al suo insegnamento. Il sacerdote diviene così un amministratore del messaggio del profeta, un guardiano del museo dove i profeti sono stati imbalsamati e come tali, finalmente innocui, possono essere mostrati al popolo. Ma in mano ai sacerdoti il messaggio profetico perde vitalità, è di seconda mano, diventa una vuota formula incapace di trasmettere vita. Come il sacerdote Zaccaria, esercitano devotamente il loro ufficio nel tempio, ma sono muti, non hanno nulla da dire al popolo. E il ruolo del profeta, attiva espressione del Dio che viene, è soppiantato da quello del sacerdote, passivo amministratore del Dio che era. In nome di questo Dio, si continueranno a venerare i profeti uccisi e ad uccidere quelli vivi (cf Mt 23,29-32).

La prima conseguenza è che il cambiamento è monco, tardivo o nullo: la balena ha inghiottito tutto, anche il profeta Giona. L’applauso al profeta, la sua messa su un piedistallo o in una nicchia è funzionale a normalizzare e a soffocare la novità dello Spirito che lo ha ispirato.

Il paradigma unitario: basta il Vangelo

In questo paradigma:

  1. La profezia è un’esperienza collettiva.

Anche se ogni profeta ha la sua personalità unica e il suo nome proprio, non può essere solo. La profezia è un’esperienza collettiva. Forma una comunità, una tradizione, e chi arriva continua la stessa corsa, combatte le stesse battaglie, dà nuove parole alla stessa voce. Ogni profeta vero è generato dai profeti che lo hanno preceduto e nutre i profeti che verranno dopo di lui. Questa catena generativa spirituale è la radice della fedeltà alla parola, perché ogni profeta sa che sta scrivendo un capitolo di un libro che verrà completato da altri/e, e se a quel capitolo mancano parole, o se ne contiene di parziali e di emendate, chi continuerà la scrittura si troverà tra le mani un materiale adulterato, non avrà a disposizione parole necessarie per scrivere le proprie, e il finale sarà più povero e sbagliato.

  1. Riconoscere i fratelli muti dei profeti è più importante della valorizzazione degli stessi

Essenziale in questo paradigma è riconoscere i fratelli muti dei profeti, che, ieri e oggi, non scrivono libri e che, forse, attendono un “anziano del paese” che li veda, faccia parlare la loro vita e il loro sangue, arricchendo la famiglia profetica della terra.

  1. La profezia fuori dal tempio è quella che genera vita

Nel paradigma unitario la profezia si cerca prevalentemente fuori dal tempio. Chi è rimasto dentro la religione e nel tempio, sente il bisogno dei profeti ma non sempre li riconosce e li segue. E chi per seguirli lascia il tempio o viene portato via con violenza da qualcun altro o da qualcosa di più forte, è visto da chi resta come una sventura. E poi, invece, come il resto di Israele fuori dal tempio di Gerusalemme, nella diaspora dell’esilio inizia una salvezza, che un giorno tornerà come una benedizione. Chi nel tempo di Geremia era rimasto, protetto dall’ideologia dei falsi profeti e dai sacerdoti del tempio, non sapeva che in una lontana periferia, sotto la terra del dolore, stava maturando qualcosa di nuovo, di fedele e di vero, che un giorno avrebbe salvato tutti i figli. Come Giuseppe7, anche lui, un deportato e schiavo lontano in terra pagana, senza famiglia e padre, con fratelli corrotti e traditori, diventa in quella lontana terra del faraone un “resto” di salvezza per tutti. La salvezza non stava nella terra del padre Giacobbe e tra gli altari del loro Dio. Era lontana, in mezzo alle piramidi, nelle carceri imperiali, nella solitudine, fioriva dentro un sogno.

Nel testo di Francesco Comina manca questa cornice, ma la ricchezza di vita di tanti profeti del ‘900 mi spinge, al termine della lettura del testo, non solo, come afferma E. Winspeare, nella prefazione, “a saperne di più” di questa antologia profetica, ma anche a queste brevi considerazioni:

  1. Il cambiamento, soprattutto nella chiesa, non viene con la mitria e il pastorale, né con i mantelli e le croci di un papa e dei vescovi. I papi e i vescovi sono quelli che mantengono la tradizione della Chiesa. Quando cambiano, generalmente lo fanno con un occhio al passato – il punto in cui si trova il territorio canonico sicuro. Papa Francesco, don Tonino, Hélder Camara, Enrique Angelelli, Oscar Romero… tuttavia, hanno aperto grandi piste al cambiamento per il loro stile di vita, per l’ascolto attento a ciò che accade nel mondo, la partecipazione che mostrano, l’amore e lo stile nell’esercitare una leadership. Ma la loro profezia da sola non è miracolosa, né magica per il cambiamento. Anche Il diritto di regnare da autocrate (oggi inconcepibile dall’uomo moderno) nella chiesa o su una comunità non dà il potere di fare qualsiasi cosa.

  2. I profeti aprono a un futuro nuovo e creano tante attese. Ciò che dice e fa il profeta crea promesse e offre moltissime possibilità di novità. Per il mondo moderno, il riconoscimento dell’esistenza di un problema è l’inizio della sua soluzione. Ma, in troppi casi, non succede nulla, così, un numero sempre maggiore di persone, deluse, si allontana da una nave alla deriva. L’assenza d’azione e di novità è ancora più deludente di quanto sarebbe stata se non fossero mai state fatte promesse.

  3. Non sempre è dato conoscere i tempi e i luoghi dell’attuazione e dell’inveramento dell’azione profetica. La visione di Dio-Misericordia, la necessità di vivere alla luce del “Vangelo ci basta”, la democrazia nella chiesa, la questione femminile, il regime concordatario imperante, la visione mestierante del presbitero che si intreccia con il levietano della pedofilia, una chiesa povera di soldi e di potere per una chiesa dei poveri, … ecc.: questioni aperte e ancora molto lontane dalla loro soluzione. Quando saranno risolti questi nodi e chi attuerà le novità che i profeti del ‘900 hanno scritto nel cuore dei credenti di oggi?

  4. La vita dei profeti si è mossa sempre tra il rogo e/o l’altare. Più rogo che altare. Le resistenze al cambiamento, dovute a diversi fattori, sembrano avere la meglio su queste sentinelle del futuro. Ma non è così se non si cerca il cambiamento nei luoghi sbagliati.

  5. “I fratelli muti” che seguono i grandi traduttori del Vangelo all’uomo d’oggi sono le vere fonti di cambiamento nella Chiesa. È il laico medio, che vive la fede nel suo tempo, a plasmare il futuro. È l’insegnante visionario, è la persona che critica per amore, è l’uomo che ha sete di giustizia, è il profeta che parla con parresia a far passare la Chiesa da un’epoca e da un paradigma ad un altro.

Allora, sentinelle, quanto ci resta della notte?

1 Giornalista e scrittore. Per i suoi tanti scritti rinviamo al sito della casa editrice: http://www.il-margine.it/Gli-autori/Comina-Francesco

2  Francesco Comina, ‘Abbiamo un sogno – Quando Francesco andò da don Tonino’, Casa editrice Il Margine, Collana MiniMargine, 152 pp., 10 euro.

3 ELENCO DEI “PERSONAGGI” DEL LIBRO (in ordine di apparizione)
Giuseppe figlio di Giacobbe, Tonino Bello, papa Francesco, David Maria Turoldo, Ernesto Balducci, Lorenzo Milani, Arturo Paoli, Primo Mazzolari, Carlo Carretto, Ettore Masina, Fabrizio De André, Andrea Gallo, Giuseppe di Nazareth, Maria di Nazareth, Alda Merini, John Lennon, Charles De Foucauld, Christian de Chergé, Thomas Merton, Giorgio La Pira, Cesaria Evora, Miriam Makeba, David Bowie, Prince, Amy Winehouse, Dolores O’Riordan, Bob Marley, Lucio Dalla, Lucio Battisti, Luigi Tenco, Pierangelo Bertoli, Giuni Russo, Victor Jara, Violeta Parra, Mercedes Sosa, Eduardo Galeano, Gabriel Garcia Marquez, Jorge Amado, Jorge Luis Borges, Pablo Neruda, Emmanuel Lévinas, Italo Mancini, Hélder Camara, Enrique Angelelli, Leonidas Proano, Oscar Arnulfo Romero, Octavio Ortiz Luna, Marianella Garcia Villas, Rutilio Grande, Ignacio Ellacuria, Celina Ramos, la Samaritana, Raimon Panikkar, Henri Le Saux, Julies Monchanin, Danilo Dolci, Ryszard Kapuscinski, Zygmunt Bauman, Wislawa Szymborska, Marc Chagall, Dietrich Bonhoeffer, Anne Frank, Sophie Scholl, Hans Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell, Kurt Huber,. Franz Josef Mueller, Josef Mayr-Nusser, Hildegard Straub, Franz Jaegerstaetter, Franziska Schwaninger, Vincent Van Gogh, Osisp Emilevic Mandelstam, Anna Andreevna Achmatova, Marina Ivanovna Cvetaeva, Thomas More, Erasmo da Rotterdam, Teilhard de Chardin, Giuseppe Dossetti, Carlo Maria Martini, Isaia, Martin Luther King, Nelson Mandela, Abdul Ghaffar Khan, Mahatma Gandhi, Bertha von Suttner, Kaethe Kollwitz, Lev Tolstoj, Etty Hillesum, Simone Weil, Georg Trakl, Carlo Michaelstaedter, Alex Langer, Francesco di Assisi, Chiara di Assisi, Gesù e i dodici apostoli, Maria di Magdala.

4 Intervento di mons. Vito Angiulli. “Il papa ci fa scoprire don Bello”, La Gazzetta del Mezzogiorno del 26 aprile 2018, pag. 2.

5 In “ Il cosmo come rivelazione. Un nuovo passo nel percorso “oltre le religioni” di Redazione Adista in Adista n. 15 del 28 aprile 2018.

6 Non è da riferire solo al “presbitero cattolico”.

2 Replies to “UNA CATENA PROFETICA E GENERATIVA”

  1. Don Tonino Bello ci ha provocati con tutto il suo stile d’amore,ha disturbato a volte le architetture ormai stantie sostenendo la pace e l’amore primordiali vocazioni di Cristo,ha sostenuto fino alla fine e per sempre la verità d’amare,ha tracciato il solco della via che porta al cielo,ha lasciato chiaramente la ragione dell’imitazione d’amore di una età nuova.
    Se abbiamo inteso ora tocca a noi.

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  2. La socializzazione del sapere, delle possibilità, delle categorie filosofico-teologiche, del patrimonio umano di vita condiviso spontaneamente attraverso i momenti di testimonianza fraterna e, ancora, la socializzazione degli spazi d’espressione dello spirito e della mente degli esseri umani, passano attraverso i grandi tasselli storici, anche nella cattolica Ecclesia, ancor sì bisognosa di innovazioni desovrastrutturalizzanti. Questo necessitato processo etico e rifondativo di maturazione collettiva nella sfera antropico-fideistica, così, si ciba di germi innovatori che sappiano non solo salire sui canonici altari commemorativi ed incensanti dei posteri, ma che sappiano anche – ed anche “soltanto” – restare pietra di scarto per il manierismo ufficiale, nonché pietra d’angolo per la rivoluzionaria chiesa del fuorichiesa, ossia per la chiesa della strada, per la riunione del pane e del vino fatta di carne, faccia a faccia, pelle a pelle, follia evolutiva a follia evolutiva. Persone come Oscar Romero, Tonino Bello, o come Andrea Gallo, e altri, in realtà, meritano l’attenzione delle istituzioni nelle quali han trovato asprezza durante la loro esistenza terrena, ma non meritano perversioni eventuali e future da parte di cattive interpretazioni – museali e statiche – dei posteri. Il complesso percorso di canonizzazione non sia momento cruciale di annebbiamento e rinuncia alla carica beatamente rivoluzionaria dell’Amore, ma sia uno dei passi (nemmeno tanto importanti, e per nulla necessari) nella riscoperta delle esperienze umane e teologali di costoro che ebbero vite di lotte e di fede. Nell’èra del post-religioso, in cui probabilmente ed auspicabilmente ci si avvierà per la ricostruzione della società a partire dalle fragili potenzialità, per un mondo meno formale e rituale, meno automatizzante e più sostanziale, nel regno della ricerca del senso dell’universo che scorre, nel regno dell’eterno da vivere attimo per attimo, le figure di Don Tonino e di Don Oscar Romero saranno universalizzabili nel nocciolo duro del loro in-sé ma al contempo saranno contestualizzabili, giacché magari sarà chiesa una comunità universale che sarà generata dall’energia sinergica di una rete di fraternità sociospirituali crististe ove coltivare teologalmente e corporeamente i doni dello Spirito santo nella ricerca e riscoperta incessante e vivida della resurrezione di Gesù, uniti attorno alla Parola del Testamento Nuovo. Il lavoro del grandioso Don Tonino, quello di Don Gallo e dei laici rivoluzionari nell’amore a-mors (senza morte), sarà visto, complessivamente, come un necessario e sacrosanto lavoro umano di graduale progressione, che ci esorta alla fase palingenetica della rinascenza cattolica cristiana e cristista, con una teologia che sappia congiungere in un filo rosso tutte le esperienze di ricerca a sandali scomodi sulla via per la verità della vita intima di ognuno di noi, e di tutti noi come comunità umana e animica universale. Guardare a queste figure di bellezza del creato e di sequela di Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, in realtà, oltre a caricarci dei già ferventi (anche se ancora non maggioritari) propositi filantropici pratici ed incisivi, deve caricarci di pragmatici intenti seminatori di consapevolezze, autoliberazioni, trascendenze collettive con chiunque si possa incontrare sulla via; deve caricarci di intenti evolutivi, per abbattere le resistenze ultime del maschilismo nelle chiese tutte nel mondo, del gerarchismo, dello sterile e meramente formalistico tradizionalismo spacciato per Veritas, del sovrastrutturalismo che offusca le potenzialità della luce della Grazia, delle logiche del settarismo piramidale. Ek kaleo, Ecclesia, chiesa: chiamati per… Amare senza inutili limiti e orpelli, con la Grazia della inclusione e della ricerca, nell’aspirazione alla giustizia. Pace e bene… e giustizia!

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