“UNA CHIESA CHE NON SOGNA E’ SOLO APPARATO”

Maurizio Portaluri

Una Chiesa che non sogna non è Chiesa: è solo apparato. Non può recare lieti annunci chi non viene dal futuro” così scriveva don Tonino Bello riflettendo su quanto appreso in un viaggio in Sud America. Prendendo spunto da questa frase un libro di Sergio Paronetto fresco di stampa è stato intitolato Un’eredità che viene dal futuro: don Tonino Bello (La Meridiana, 2018, pp. 118, euro 14,50). Con la prefazione dell’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, Paronetto, che è stato vicepresidente di Pax Christi ed è attualmente presidente del centro studi dello stesso movimento, ci fornisce una lettura del lascito del vescovo di Molfetta suddiviso in un’eredità storica e civile, un’eredità politica, un’eredità sociale, un’eredità ecclesiale, una eredità teologale ed una eredità pedagogica. Una lettura che affonda le sue radici nella roccia della predicazione toniniana (aggettivo che ho visto usare per la prima volta in questi giorni del venticinquesimo dalla morte)

L’eredità politica significa che operare per la pace equivale ad affermare la civiltà del diritto curando i “temi generatori” presenti nel diritto internazionale e nell’azione civile. “Rassegnarsi al sopruso appartiene al genere della vigliaccheria, non all’esercizio della virtù cristiana. Non è vero che chi pratica la non violenza rinuncia alla difesa. Chi viene leso nei suoi diritti, ha il dovere di difendersi. Ma come? Con tutti i metodi alternativi all’uso brutale della forza. La ricerca e l’uso di tali metodi richiedono strategie molto più esigenti di quella, semplificatoria e rozza, richiesta dalle armi. Ed è proprio verso la logica della non violenza attiva e della difesa popolare non violenta e della difesa popolare non violenta che oggi siamo tutti chiamati a convertirci.”

L’eredità sociale: i poveri evangelizzano la pace. Il tema della Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 1993 scelto da Giovanni Paolo II fu Se vuoi la pace va’ incontro ai poveri. Per don Tonino la frase indica “l’intronizzazione ufficiale dei poveri all’interno della coscienza ecclesiale” e richiama a “diventare operatori coraggiosi di giustizia” in due modi: a) “se non ci si convince che è urgente l’introduzione di un nuovo ordine economico internazionale, tutti gli sforzi per la pace saranno velleitari”; b) saranno i poveri ad annunciare il vangelo della pace: “Paurperismo romantico? Ingenuità ecclesiale? Uso ideologico della miseria umana? Niente affatto. In queste posizioni non c’è né enfasi predicatoria, né esuberanza mistica, ne rugiadosa esaltazione della povertà. C’è solo la presa d’atto che Gesù, per portarci la pace, ‘da ricco che era si è fatto povero’ e che, di conseguenza, l’appalto della evangelizzazione Gesù lo ha affidato alla ditta dei poveri”.

Il sogno solitario è improduttivo ed il sogno comune diventa inizio di realtà: “alla Chiesa spetta cucire i lembi dei sogni individuali perché diventino un grande mantello”, “alimentare i sogni ‘diurni’ e contrastare le forze disgregatrici del potere, il quale tollera molto di più mille splendidi sogni separati che mille minuscoli sogni messi insieme.”

L’eredità ecclesiale: “la pace è il progetto della Chiesa”. Nell’86 don Tonino il giovedì santo dirà: “E’ malinconico osservare oggi, (se si eccettuano le audaci sortite del Papa, di qualche episcopato e di pochi gruppi) i tentennamenti delle nostre chiese. Quello della pace sembra un campo minato da mille prudenze, recintato dal filo spinato di infinite circospezioni, protetto da pavidi silenzi. Non ci decidiamo ancora, come popolo profetico, a uscire allo scoperto. Ci nascondiamo dietro i fortilizi delle logiche umane. Viviamo ambigue neutralità che tutto possono essere meno che ‘disarmate’ “. “ Se non abbiamo la forza di dire che le armi non solo non si devono vendere ma neppure costruire, che la remissione dei debiti del terzo mondo è appena un acconto sulla restituzione del nuovo debito ai due terzi del mondo …, e che la non violenza attiva è criterio di prassi cristiana, che certe forme di obiezione sono segno di amore più grande per la città terrena, rimarremo lucignoli fumiganti invece che essere ceri pasquali”.

L’eredità teologale di un moderno padre della Chiesa”: “fare della pace il nostro annuncio fondamentale. Non l’accessorio delle nostre esuberanze omiletiche. Non la frangia marginale dei nostri discorsi. Non l’appendice del nostro impegno cristiano. La pace non è tanto un problema morale, quanto un problema di fede”.

L’eredità pedagogica; pace come mappa della ricerca umana. A quale pace bisogna educare? Una pace abbracciata alla giustizia: “dà fastidio questa scoperta biblica, recente tutto sommato, del legame esistente tra pace e giustizia. Pace, sì. Ma che c’entrano i 50 milioni di esseri umani che muoiono ogni anno per fame? Sulla pace non si discute. Ma che cosa hanno a che spartire con essa i discorsi sulla massimizzazione del profitto? La pace , va bene. Ma non sa di demagogia chiamare in causa, ad ogni giro di boa, le divaricazioni esistenti tra Nord e Sud della terra? Pace, d’accordo. Ma è proprio il caso di tirare in ballo la ripartizione dei beni, o i debiti del terzo mondo, o la manipolazione delle culture locali, o lo scempio delle dignità dei poveri? Attenzione! E’ in atto una campagna soft che spinge pace e giustizia alla ‘separazione legale’, con espedienti che si vestono di ragioni morali, ma camuffano il più bieco dei sacrilegi”.

Nella seconda parte del libro Paronetto incastona don Tonino nella famiglia della pace. Ogni capitolo è un confronto con un padre della non violenza: Primo Mazzolari, Lanza del vasto, Aldo Capitini, Giorgio La Pira, Giovanni XIII, Lorenzo Milani, Luther King, Oscar Romero, Marianella Garcia Villas e la non violenza femminile, Hildegard Goss-Mayr, David Maria Turoldo, Ernesto balducci, Alexander Langer, Luigi Bettazzi, Giovanni Paolo II, papa Francesco i cui brevi profili possono diventare nell’intenzione dell’autore, oggetto di studio per giovani e adulti.

Quella di Paronetto è una lettura di un testimone ravvicinato e fedele, ravvicinato perché ha vissuto l’esperienza di Pax Christi con don Tonino e fedele perché ha proseguito fino ad oggi il suo lavoro di educatore di pace. Un documento “autentico” quindi in tempo in cui molti sono i nuovi aficionados di don Tonino anche tra quanti ne hanno ignorato la testimonianza prima e dopo la sua morte.

One Reply to “”

  1. Don Tonino Bello è poeta unico e mirabile della lirica letteraria che scaturisce fluente dal suo cuore dove ha incontrato l’umanità tutta alla quale ha dato tutto se stesso con la speranza sua musa divina.Ha cantato la gioia della speranza ha lasciato a noi il coraggio per la vita,ha imitato il Cristo divenendo suo servo al servizio di ogni intelligenza umana restando così sacerdote per sempre.Da subito mettiamoci in cammino per essere lievito.Ci guidi il pastore della umiltà.

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