DUE UOMINI DI FEDE VISTI DA DUE NON CREDENTI

Carlo Bruni è un regista di teatro e ha prodotto un’opera teatrale su don Tonino BelloCroce e Fisarmonica

Nunzia Antonino è attrice di teatro  e, in questo periodo, sta lavorando ad un’opera teatrale su don Lorenzo Milani.

Entrambi sono stati attori protagonisti nel corto del Eduardo Winspeare L’anima attesasu don Tonino Bello.

A loro abbiamo chiesto di parlarci della fede dei due personaggi come l’hanno percepita e le loro considerazioni sulla stessa e lo hanno fatto il 13 maggio a Brindisi in una serata passata con un gruppo di amici del Manifesto4ottobre.

 

Riportiamo di seguito la sintesi dei loro interventi

 

NUNZIA ANTONINO

 

Vengo da una famiglia cattolica praticante soprattutto da parte materna.

Il rapporto con la fede di mio padre è più dubbioso e critico verso le istituzioni….

Comunque la nostra educazione, la mia e quella dei miei fratelli è stata impregnata di cattolicesimo, compresi tutti i sacramenti fino alla cresima, compreso il senso del peccato, della colpa, della vita come sacrificio…

Essere schiacciati da un Dio che ti vede e ti giudica e che se non fai il bravo, ti spedisce all’inferno è stato pesante!

Un’educazione che ha segnato profondamente la mia vita e da cui è stato difficile affrancarsi.

Per fortuna c’erano mio nonno e mio padre, più leggeri, solari, di famiglia contadina, con i piedi per terra non solo in senso figurato… la concretezza del rapporto con la terra e con la natura, la sua forza e la sua bellezza, hanno comunicato a noi bambini un visione più panteistica del divino. Meno terrorizzante.

Ma il rapporto era impari.

Ricordo esattamente il giorno in cui dopo una confessione, sentì il prete che durante la predica rivelava a tutti il mio peccato: non frequentare la chiesa e il rito domenicale con costanza e assiduità.

Fu terribile. Ero solo una bambina e mi sentì additata come una peccatrice…solo perché una domenica avevo saltato la messa…diventai tutta rossa dalla vergogna; e anche se il prete non pronunciò il mio nome, usò esattamente le parole dette nel segreto della confessione.

Fu un tradimento che ancora adesso ricordo con dolore.

In quella stessa chiesa, comunque scoprì il teatro, sia pur di tema religioso (recite pasquali, natalizie) e nei panni della madonna cominciai a conoscere un Gesù più umano, ribelle, generoso e rivoluzionario…un bel ragazzo capellone che non giudicava, ma amava!

L’ho sempre detto che il teatro mi ha salvata! Attraverso la finzione, che non è menzogna, scoprivo la verità.

 

Conobbi un gruppo di frati francescani e attraverso loro un modo diverso d’intendere la religione: il valore della povertà, del dono, la comunanza con la natura, che pure mio padre e mio nonno mi avevano insegnato. Lessi più approfonditamente i vangeli, che non avevo affatto compreso dalle prediche enfatiche e retoriche fino allora ascoltate.

Hanno completato l’opera, l’incontro con un ragazzo che mi iniziò alla lettura del Manifesto, Luigi Pintor, Gramsci, Pier Paolo Pasolini, Calvino…Euripide, Seneca……finalmente più crescevo e più il peso di quella croce che da piccola portavo sulle mie fragili spalle e mi faceva così tanto soffrire, si alleggeriva…rendendomi più libera, emancipata, svincolata, certamente più fragile e più esposta, ma più felice!

Conservo il senso religioso della vita: La celebro ogni giorno, perché so che non ci sarà un’altra occasione.   Ho rispetto del suo mistero, della sua fragilità, della sua bellezza che sempre più incontro nelle persone umili. Nei pazzi, nei diseredati. Coltivo la giustizia e l’onestà. Vivo con il brivido della passione.

“Noi siamo il vento!” Mi ha detto Giacomo, un meraviglioso pazzo, gentile, che frequento da un po’, “loro, i leoni. “Noi, siamo più leggeri e perciò più forti, perché il vento spettina le loro criniere e svela la verità! Loro verranno spazzati via dal vento!” Si riferiva ai ricchi potenti, ladri e bugiardi, che ci stanno governando…

“Moriranno, prima o poi, noi non moriremo mai, perché il vento non muore.

Non so Giacomo, gli ho risposto, non credo in una vita eterna, ma credo nel mistero nascosto in te e in me che, come diceva mio nonno, mischiato alla terra, genererà bellissimi fiori!

Il giorno dopo è venuto da me con un mazzo di fiori di campo. Mi cerca per parlare, raccontare i suoi sogni, pormi indovinelli… mi cerca per avere qualcuno che lo ascolti….

 

Il problema degli altri è uguale al mio. Sortire tutti insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia                                                                                                                                                                Lorenzo Milani

 

 

La povertà, la non violenza, la solidarietà, le testimoniamo vivendole mediante il perdono, l’amore, la passione per la verità, lo schieramento di parte accanto agli umiliati e agli offesi, coltivando la bellezza intesa, come categoria etica, non estetica. Esaminate ogni cosa: ritenete ciò che è buono.                                                                                                                                                       Don Tonino Bello

 

Questo amore mi lega a don Tonino e a Don Milani. La loro fede nell’uomo, nella giustizia e nella possibilità di salvezza, qui, su questa terra, riconoscendo il bene, dandogli spazio e facendolo durare.

Tieniti forte e lasciati andare con leggerezza,

dice Peter Brook, agli attori che dirige. Penso in questa frase possa sintetizzarsi il mio pensiero sulla fede di Don Milani, nato in una famiglia benestante da madre ebrea agnostica e padre cristiano non praticante….

Un’adolescenza vissuta come molti coetanei, inquieta, ma anche ricca di sollecitazioni culturali… Scolaro difficile; le convenzioni scolastiche gli stavano strette. Un giorno annuncia che vuole fare il pittore. Studia con Hans Joachim Staude e s’iscrive a Milano all’accademia di Brera, (non riesce però a disegnare i volti)….Lì avviene l’incontro con l’arte sacra e la bellezza che lo avvicina alla fede …resta colpito dalla lettura del messale, che trova più interessante dei sei personaggi in cerca d’autore…poi l’ingresso in seminario….

L’entrata in religione, cioè riguardare le cose del mondo, rileggerle attraverso le pratiche, le leggi e i riti ecclesiastici, tenerle insieme sotto un’unica visione…

Questo riferimento a cui don Milani si terrà forte per tutta la sua breve vita, gli permetterà di lasciarsi andare, di esprimere al meglio la sua personalità e di lasciarci l’eredità preziosa che ci ha lasciato.

Nonostante le critiche feroci, gli allontanamenti, il confinamento a Barbiana, Lorenzo Milani, ha continuato a svolgere dall’interno dell’istituzione il suo compito…che ha capito essere molto presto quello dell’istruzione, dell’educazione, del valore della conoscenza, praticando il vangelo fino in fondo, (a cui anch’io da non credente faccio riferimento tante volte) stando sempre dalla parte degli ultimi.

La fede gli dà profondità terrestre, radici nell’umano, che coltiva come divino. Nutre i suoi ragazzi, 365 giorni su 365, rendendoli consapevoli, sapienti e più liberi. Attraverso la fede persuade alla vita, all’amore per l’essere umano.

“In ultima analisi, saremo giudicati dall’amore che avremo messo nelle cose”

La scuola mi serve per cercare di trasformare i sudditi in un popolo sovrano, gli operai e i contadini sfruttati, in persone consapevoli e capaci di rivendicare i propri diritti.”

“Ogni parola che non conosci è una fregatura in più, è una pedata in più che avrai nella vita, gridava”

Lorenzo Milani

 

Più parole possiamo prenderci, più siamo liberi! Dice Herta Muller , premio Nobel vissuta in un regime totalitario…

Tutti gli usi delle parole a tutti, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo! Gianni Rodari.

Lorenzo Milani morì il 26 giugno del 1967. Aveva dato disposizioni su come vestirlo: paramenti sacri e scarponi da montagna: in questo c’è una vicinanza con don Tonino, Le sue scarpe da ginnastica, sotto la tonaca.

Un piccolo prete di montagna, come si definiva don Milani e un vescovo “di strada” come Don Tonino sotto la tonaca hanno scarpe comode e semplici per vestire i loro piedi, così importanti per l’uomo. Articolano, sostengono, trasportano: sono la firma umana in fondo al corpo.

Piede. Anello tra uomo e terreno, cerniera tra paradiso e inferno, ancora, plinto, punto di equilibrio…

 

CARLO BRUNI

 

Don Milani e don Tonino Bello sono stati senz’altro due uomini di fede, ma non è stato questo il motivo che ha mosso il nostro interesse nei loro confronti. Piuttosto ci ha interessato il loro straordinario ruolo di riformatori sociali e la loro potente umanità: prima che preti erano entrambi Uomini.

Naturalmente la loro Fede è diventata un campo di confronto importante soprattutto perché capace di convivere stabilmente con un bisogno di conoscenza spregiudicato, cioè scevro da pregiudizi dottrinali e non per questo irrispettoso nei confronti della dottrina.

 

Per molti la Fede costituisce un limite alla conoscenza: un vincolo al suo libero sviluppo. Per Tonino Bello e Lorenzo Milani, la conoscenza è invece un obiettivo primario decisamente al servizio della Fede. Si potrebbe sostenere che fra Fede e Conoscenza ci sia, per loro, un’intima, profonda corrispondenza: quasi una coincidenza.

 

In un testo prezioso di don Tonino si parla di “parressia” cioè del parlar chiaro, senza paura e senza tentennamenti di fronte alle minacce del potere. Pertiene al tema della fede quello del parlar chiaro, “senza sfumare le finali” dice don Bello. C’è un’attitudine che le professioni di fede rischiano che è quella di nascondersi dietro reticenze e pregiudizi. Una catena di equivoci che imprigiona gradualmente il senso stesso della fede soffocandolo.

Dunque perché cresca la fede, è essenziale che sia coltivata la chiarezza, l’amore per la giustizia (che poi è essa stessa una forma d’amore): la costante ricerca della verità.

 

E’ questo il punto su cui credo si possa incontrare chi ha fede in Dio e chi ritiene sia sufficiente l’uomo, la natura, il tempo. Sottolineo il tempo per quanto venga trascurato spesso dalla stessa scienza nel tentativo di bloccare le sue tesi in un definitivo assunto.

 

Delle tre virtù teologali quella per me più complicata da gestire è proprio la prima: la Fede. Perché l’interpreto come una scorciatoia. Poiché ci chiede di accettare l’incomprensibile (cioè quello che non riusciamo a comprendere)* e in definitiva di misurarci con la limitatezza superandola con un atto che corre il rischio di risultare strumentale. Per questo tante volte penso che non aver fede sia molto più faticoso che avercela comportando una faticosa convivenza con l’incomprensibile, lo sconfinato. Capisco che si possa prendere come un’eccessiva semplificazione, ma per capirci, penso all’idea di fare il bene per guadagnarsi il paradiso.

 

Ecco un altro elemento che mi ha molto avvicinato a questi due uomini (adesso posso incominciare a dirlo) di fede: in nessuna circostanza adoperano la loro fede o invocano la fede con fini strumentali. Piuttosto ne fanno una questione di senso che traspare per esempio nella bellezza. Bellezza non intesa come quella “decadente accademia di centimetri” con cui talvolta la confondiamo, ma come un’aggiunta che manifestano le cose naturali e quelle create dall’uomo quando mostrano la loro trascendenza: una trascendenza che si manifesta come dono.

 

Ho trovato molto in don Tonino del pensiero platonico che non sembra affatto contraddire il senso profondo dei suoi libri/guida: i vangeli.

Il suo essere fedele non gli impedisce di discutere i dogmi della Chiesa indagandone a fondo le contraddizioni per rifondarli ad un livello nuovo che riflette perfettamente quanto promosso dal Concilio Vaticano Secondo. Per lui è chiaro il senso, per così dire, “dialettico” della Trinità: persino Dio per cercare la verità ha sentito il bisogno di confronto. L’Uno come frutto di 1x1x1. Un Figlio che domanda al Padre “perché mi hai abbandonato” costituisce la rappresentazione evidente di un’idea di fede che si manifesta nel contraddittorio, nell’infra: una fede tutt’altro che figurata. Anzi, quasi iconoclasta. E d’altronde non è un caso che quel cartello “collocazione provvisoria” è per don Tonino più significativo dell’INRI inchiodato sulla cima della croce. Il re dei giudei, trova la sua essenza sul confine: nella provvisorietà… La fede non è un prodotto dunque, ma un processo: una professione appunto.

 

La Fede per queste due persone, così come la speranza e la carità non costituiscono coordinate ideologiche, ma indicazioni pratiche da applicare all’Uomo nella sua quotidianità: hanno una valenza dinamica che si esprime nel cammino. Misericordia significa che se uno è senza casa e tu hai la curia vuota, sposti i mobili in una stanza e lo ospiti, anche se quel diseredato è una puttana o un ladro o finanche un assassino. Perché quel Mostro è prima di tutto un nostro: UN NOSTRO.

 

In questi uomini la corrispondenza fra pensiero e prassi è la stessa che c’è fra fede e conoscenza. E allora il loro “credere” coincide col mio perché riguarda prima di tutto l’Uomo che cerca.

 

Non si tratta di uomini straordinari ma di uomini che hanno con perseveranza educato il loro disagio, esercitando sino in fondo il loro bisogno di ricerca. Don Lorenzo è diventato di fatto un genio nel tempo a furia di pensare e il suo confronto con la miseria al quale è stato in parte costretto dagli eventi, è diventato grazie a questa tensione verso la ricerca, un’opportunità. Non si è chiuso nel pianto di fronte a Barbiana e ha fatto di quel posto uno degli esempi più straordinari di Scuola del nostro tempo.

 

E come la fede anche la cultura per questi uomini non ha un valore strumentale. Non si studia per saltare di categoria sociale, per conquistare un posto in prima fila nel mondo. Don Bello non colleziona atti per, ma atti con. L’albergo per diseredati di Ruvo non è un posto per tossici da recuperare, ma una casa dove poter convivere una ricerca. Così è la scuola per don Milani: non un’impresa da realizzare per i ragazzi, ma un laboratorio da coltivare con i ragazzi.

 

Io non so se la mancanza che mi ha avvicinato a questi uomini si chiami fede (centra certo con qualcosa di molto vicino, con la fiducia che mi hanno ispirato). È un deficit di fiducia che rende agonizzante questo tempo e prezioso l’esempio di questi due. In ogni rapporto, anche il più intimo, sembra oggi prevalere un principio di utilità e la preoccupazione che l’altro possa rivelarsi all’improvviso un nemico e che per questo non meriti un donarsi pieno, un donarsi libero appunto dal dominio del tornaconto. È un circolo vizioso che assedia molti in occidente. Don Tonino ci invita a rompere questo assedio con la misericordia. Intendendo per misericordia non tanto la pietà, quanto la tenerezza, la lealtà, lo stile generoso, il comportamento disinteressato, l’animo disponibile. Un’indicazione che rilancia una grande fiducia nell’uomo. Fiducia che, da infedele, sento di voler condividere.

 

C’è una forte assonanza fra soul (anima) e suola. Bisogna camminare.

 

*Per un non credente l’incomprensibile può essere accettato senza il bisogno di ricorrere a una fede: ricorrendo piuttosto alla modestia (Shakespeare ci ricorda come il teatro debba riflettere con modestia la natura, cioè senza la pretesa d’imitarla).

 

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