Il 10 giugno scorso la Presidenza della CEI ha diffuso un comunicato per intervenire nella discussione parlamentare su una legge che introduca il reato di omotransfobia. La CEI ritiene che “per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni. Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.
La CEI teme che introducendo tale reato le norme del diritto canonico che vietano il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la preclusione alle persone omosessuali dell’accesso al sacerdozio possano essere considerate reato alla luce della nuova legislazione.
Dalla rete di gruppi di cattolici LGBT e dalle associazioni dei loro genitori si sono levate numerose proteste alcune delle quali sono state indirizzate al quotidiano della CEI “Avvenire”. Di seguito alcune lettere.
Gentile Direttore,
le scriviamo come genitori cristiani di una persona omosessuale. Da quando nostro figlio ci ha confidato il suo orientamento viviamo nel timore che la sua vita possa complicarsi o che il suo lavoro possa essere messo in crisi.
La nostra esperienza ci porta a credere che qualunque pregiudizio si affievolisce quando “l’omosessuale” viene conosciuto come persona e non come categoria.
Nella nostra cultura il pregiudizio è ancora potente, ha radici antiche che affondano anche nella nostra religione, ma pensiamo che sia possibile arrivare ad una serena accoglienza se le persone omosessuali cesseranno di essere indicate, direttamente o a causa di circostanze che le riguardano, come una minaccia per la società.
Temiamo che la presa di posizione della CEI che, riguardo alla legge contro l’omofobia, paventa addirittura la possibilità di «derive liberticide», vada proprio nella direzione opposta, che rafforzi avversioni e pregiudizi che potrebbero far aumentare “comportamenti irrazionali e violenti”, come la Congregazione per la dottrina della fede sosteneva già nel 1986 nel suo documento “La cura pastorale delle persone omosessuali”.
Crediamo sia proprio necessario un presidio contro l’omotransfobia. Servirà a proteggere persone particolarmente fragili ed esposte alla cattiveria del mondo e a favorire il lento instaurarsi di un ambiente culturale che porti al riconoscimento della loro dignità di esseri umani, di cittadini, di figli di Dio.
Giuliano e Giovanna Vallara – Parma
Caro Direttore,
siamo Elena ed Enrico, sposati da trentatre anni e genitori di tre figli. Siamo da sempre attivi nella nostra parrocchia e nella diocesi di Reggio Emilia nella pastorale famigliare e alcuni anni fa abbiamo dato vita assieme al parroco ad un gruppo di preghiera per persone lgbt e genitori con figli lgbt aperto a tutti i parrocchiani inserito nella pastorale ordinaria dell’unità pastorale di cui facciamo parte.
Siamo rimasti veramente disorientati e delusi dalla lettura del comunicato della CEI di ieri e dagli articoli di oggi scritti su Avvenire da sempre da noi ritenuto un giornale di riferimento. Disorientati perchè quanto detto contraddice completamente il messaggio di accoglienza finora espresso da voi verso le persone lgbt e i loro famigliari e delusi perchè quello che dice non rispecchia il messaggio cristiano, non difende i più fragili, quelli come gli omosessuali, i transessuali, bisessuali intersessuali che spesso vivono ai margini e nel nascondimento per paura perchè vittime di tanti soprusi e violenze verbali e fisiche. Se non è la chiesa cattolica che li accoglie e li difende proprio in attuazione del messaggio del Vangelo chi deve farlo? Qualsiasi disposizione che possa aumentare la loro protezione e difesa deve essere accolta e sostenuta ed invece qui accade il contrario.
Ci rattrista e ci indigna tantissimo renderci conto che motivazioni e interessi politici hanno avuto il sopravvento sul messaggio del Vangelo. Noi che ci diciamo Cristiani cosa abbiamo di diverso dagli altri se non abbiamo il coraggio di sostenere il nostro essere seguaci di Cristo andando contro i nostri interessi personali e gli interessi del mondo per salvaguardare i più fragili, gli ultimi? Che esempio di coerenza siamo per i nostri figli con un comportamento del genere, che testimonianza diamo all’esterno?
Noi cristiani dobbiamo essere seminatori di speranza e portatori di carità e di amore, non dobbiamo e non possiamo perdere nessuna occasione per dimostrarlo
Elena e Enrico Carretti
Parrocchia di Regina Pacis
Reggio Emilia
Gentile Direttore
Come cristiani, suoi lettori e genitori di un ragazzo gay partecipanti alla Rete nazionale “3 volte genitori”, scriviamo perchè fortemente amareggiati dall’ampio risalto dato da Avvenire di oggi ai commenti tutti monodirezionali riguardanti il comunicato della Presidenza della CEI in cui si afferma che “non serve una nuova legge contro i reati di omotransfobia”.
Amareggiati perché si paventa la minaccia di “derive liberticide” quando ancora la legge è in bozza di discussione mentre, per contro, si prevede espressamente che l’estensione della legge Mancino è solo relativa all’incitamento all’odio e alla violenza agita, non alla espressione di idee .
Amareggiati perchè affermando che “in questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni “, si chiude gli occhi di fronte alla realtà, di persone, di nostri figli, bullizzati, picchiati, violentati, talora uccisi, solo perché ritrovati abbracciati.
Una realtà che ci fa dire nella sua crudezza che si tratta di una condizione di particolare vulnerabilità sociale che va assolutamente riconosciuta e che per questo necessita di una tutela rafforzata.
Amareggiati perché proponendo un ”impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione”, non si dà per nulla credito al fatto che la formazione di un popolo si possa fare e si faccia anche attraverso le leggi (vedi Unioni Civili)!!
Amareggiati perché abbiamo visto in questo comunicato una intrusione ”a gamba tesa” nei tempi e nei modi, in quello che è per la nostra Costituzione ed il nostro sentire di laici, il luogo deputato alla formazione delle leggi che regolano la civile convivenza e cioè il dibattito parlamentare.
Quando mai arriverà una richiesta di scuse e di perdono da parte della CEI per i secoli di discriminazione, di negazione, di violenza spirituale e psicologica che questi nostri figli e figlie hanno subito e anche per gli allontanamenti da enti ecclesiastici o di ispirazione cristiana per aver tenuto “nella vita privata un comportamento non conforme alla dottrina”?
Questo davvero sarebbe profetico, questo consolerebbe il nostro cuore e quello dei nostri figli, finalmente amati sulla misura del cuore di Cristo.
Corrado e Michela Contini
Gruppo Davide Parma
Gentile Direttore,
quanto stiamo leggendo oggi sul suo giornale (che è anche il nostro giornale visto che lo leggiamo da sempre), ci ferisce e ci addolora profondamente.
Ci riferiamo al comunicato della CEI e agli articoli a commento.
Ci sentiamo chiamati in causa perchè siamo genitori di un figlio gay e per l’ennesima volta vediamo prese di posizioni ben lontane da quell’atteggiamento di accoglienza e di rispetto di cui la Chiesa parla nei suoi documenti. In tante realtà ecclesiali, purtroppo, rimangono ancora solo parole.
Nostro figlio si è allontanato dalla Chiesa, se n’è andato sbattendo la porta. Oseremmo dire oggi:” Non ne aveva forse tutte le ragioni ? “. Ma noi non ce ne andiamo, noi ci sentiamo parte di questo popolo di Dio che è la Chiesa, e nello stesso momento mettiamo l’amore verso di lui davanti a tutto. L’essere cattolici “molto praticanti” in un primo momento ci ha penalizzato, lo abbiamo rifiutato e allontanato, soffrendone moltissimo. Ma il Signore, un po’ alla volta ci ha cambiato la mente e il cuore e siamo riusciti ad accettarlo nella sua identità e nel suo orientamento, lo abbiamo potuto riabbracciare e chiedergli perdono. Come vorremmo che anche la nostra Chiesa facesse altrettanto!!!.
Mara e Agostinello Usai
Sant’Ilario d’Enza
Reggio Emilia
Caro Direttore,
a proposito di una nuova legge contro l’omofobia che non serve, secondo i vescovi della CEI.
La vita delle persone LGBTI non merita dunque rispetto e dignità allo stesso modo di chi ha orientamento religioso o colore della pelle diversi?
Sono indignata, delusa, amareggiata, soprattutto come credente, perché i vescovi dimenticano di essere pastori amorevoli e misericordiosi per rendere visibile il messaggio di Gesù.
Quanta ipocrisia! Intervenire per non fare approvare una legge!
Come madre di una persona omosessuale, inoltre mi addolora che mio figlio, come tanti figli e figlie, cittadine e cittadini come tutti, non debba essere protetto da violenze e sopraffazioni, sempre più diffuse in questa società italiana, per un orientamento sessuale che non ha scelto.
Anna Battaglia
credente e madre
Rimango sull’argomento con alcune considerazioni e riprendendo pensieri gia’ espressi da altri/e.
E’ scandalosa l’ingerenza della Cei in una legge dello stato, tanto piu’ in un paese come il nostro a regime concordatario, che garantisce alla chiesa cattolica tantissimi privilegi.
Scandaloso, anche se a questi scandali ci hanno abituati con i referendum abrogativi e addirittura promuovendo l’astensionismo per non far raggiungere il quorum (ve lo ricordate? A proposito della legge 40 sulla fecondazione assistita).
Se come cittadina mi indigno davanti a tutto questo, ancora piu’ grande e’ la mia indifnazione come cristiana.
Attaccarsi all’abrogazione di leggi da parte della Cei e’ la dichiarazione piu’ esplicita del loro fallimento come pastori. Non hanno parole per parlare al cuore del loro “gregge”, gli rimane solo l’azione sul piano politico.
Se per altre leggi accampavano la scusa dei principi etici non negoziabili (scuse ovviamente, a cui non abbocchiamo piu’), in questo caso non si capisce proprio a cosa si possano aggrappare. Stanno criticando una legge che ancora non c’e’ e che, per quello che si sa, e’ una estensione di una legge esistente contro la violenza per motivi etici, religiosi e razziali. L’estensione alla violenza omotrasfobica renderebbe la legge pericolosa?
Ultima considerazione. Quello della Cei e’ stato un attacco al papa, un modo per metterlo in difficolta’.
Una nota positiva per finire. Ieri in un dibattito online organizzato dalla rivista Confronti c’era il vescovo Derio Olivero, di Pinerolo. Una voce diversa. Faremmo bene ad incontrarlo. Ma la vera grande speranza per una conversione della chiesa siete tutti e tutte voi!
Dea– Roma
Gent. le Direttore,
Sono la sorella di una persona omosessuale, ho ricevuto un’educazione cattolica autentica e non di facciata, ho frequentato vari gruppi dai Salesiani ai Francescani, facendo sempre volontariato, lectio divine ecc. e mettendomi in discussione. Da adolescente, ai tempi della guerra nei Balcani, mi sono scontrata ferocemente coi sacerdoti, di solito prof di religione, che dicevano che le donne che avevano subito lo stupro etnico non dovessero abortire e che comunque le donne abortivano solo per potere andare a ballare.
Perché bisogna fare distinguo e condannare? Perché è necessario far sentire sbagliate le persone LGBTI? Perché dovrebbero nascondere, reprimere, sacrificarsi? La vita non è una sola per tutti? Che merito ho io di avere un orientamento sessuale non di minoranza o di sentirmi a mio agio nel mio sesso biologico? Perché sarei migliore di un altro o di un’altra? Non sarebbe più intellettualmente onesto cercare di educare ad accettarsi come persone ad immagine di Dio, dotate di una sessualità che dovrebbe essere consapevole? Potrei continuare…
Amarezza e tristezza perché da sempre una Chiesa siffatta perde l’occasione concreta di migliorare le cose.
Federica Firrincieli – Ragusa
Buongiorno Direttore
Dopo la lettura del comunicato della CEI di ieri e di quanto oggi riportato nel Nostro quotidiano, rimango a dir poco disorientato e deluso. Sono un genitore cattolico , lettore di Avvenire e con figlio cattolico LGBT e qui la cosa si fa spinosa. Spinosa per la chiesa non sicuramente per me che attraverso mio figlio sicuramente ho conosciuto il vero amore, la vera fede e il mondo dell’intolleranza tutto. E l’amore e la misericordia del mondo pastorale e cattolico? Con quali risposte e proposte? Un fare finta di niente, fingere di non esistere, mandare qualche pastore in avanscoperta o al fronte per dare adito o fingere qualche apertura che nel cuore e nell’animo non esiste. Ma qualche risposta a me genitore dovete pur darla se ai nostri figli continuate a chiudere porte e cuori, senza accennare alle umiliazioni che negli anni la chiesa attraverso alcuni suoi pastori ha continuato a seminare. Tutto ha un limite di tolleranza e come genitore voglio sia dato spazio e accoglienza per questi nostri figli nella nostra chiesa perché la mia fede non prevede violenze di nessun tipo e purtroppo sin qui ne hanno subite troppe dentro e fuori la chiesa. Seminiamo speranza e non intolleranza , amore , come chiesa siamo sempre di esempio del rispetto dei diritti mantenendo il ruolo che ci spetta. Certamente quanto scritto rallenta, come è tipico per la chiesa , questo fecondo tempo di nuovi entusiasmi .
Claudio Corvaglia – Mestre
Gent.le Direttore,
è con profonda amarezza che ho letto il comunicato della CEI riguardo all’eventuale approvazione di una legge contro l’omofobia. Premesso che trovo molto triste che lo stato sia costretto ad emanare leggi contro la violenza , di qualunque genere essa sia , trovo ancora più triste che la chiesa entri a gamba tesa contro provvedimenti che uno stato laico intende estendere a maggior tutela di tutti i cittadini che ne fanno parte. Siamo tutti coscienti che non basta approvare una legge per garantirne il rispetto e la piena osservanza ma, senz’altro questa può contribuire a creare una mentalità e una cultura rinnovata che vada verso l’incontro , il riconoscimento e il rispetto dell’altro e dei suoi diritti. Poter vivere il proprio orientamento sessuale considerato “diverso” senza la paura di essere giudicati, aggrediti, vittime di atti di violenza fisica e verbale, credo sia un atto di civiltà dovuto prima ancora alle persone in quanto tali più che a dei soggetti giuridici. Mi rivolgo alla coscienza di tutti i genitori, non solo a quelli come me che hanno figli omosessuali , sono convinta che a nessun padre e a nessuna madre faccia piacere vedere i propri figli vittime di qualsiasi vessazione. I figli sono figli e come tali si accettano e si amano, non esistono figli di un dio minore! Il documento della CEI corre il rischio di essere frainteso da qualche facinoroso che potrebbe sentirsi autorizzato a commettere atti violenti. Viviamo momenti molto difficili sul piano sociale, spesso linguaggi e comportamenti violenti vengono incoraggiati da parte di alcuni leader politici e non è opportuno che la chiesa approvi in alcun modo certi atteggiamenti. Occorre piuttosto, pacificare gli animi e dare un’efficace testimonianza del Vangelo di Cristo che mette sempre al centro gli ultimi, i poveri, gli emarginati. Più la chiesa diventa testimoniante a favore di queste periferie esistenziali, più si renderà credibile agli occhi di questo mondo assetato d’amore e di giustizia. Altrimenti le nostre chiese saranno luoghi sempre più desolatamente vuoti. Vuoti perché appunto svuotati del messaggio essenziale . Dio è padre di tutti , ci ama così come siamo e vuole che altrettanto facciamo fra noi fratelli. Sono di questi giorni le agghiaccianti immagini che provengono dall’ America a causa dell’omicidio Floyd, odio genera odio, violenza genera violenza. Noi cattolici siamo chiamati, come magistralmente ci indica Papa Francesco, a costruire ponti per abbattere tutti i muri che sono causa di divisione tra gli esseri umani. Solo così daremo speranza ai nostri figli, bianchi o neri, stranieri , etero o omosessuali di ereditare un mondo migliore. Grazie .
Longarini Serenella – Civitavecchia
Buongiorno Direttore.
Siamo genitori cattolici di un ragazzo gay, letteralmente buttato fuori dalla chiesa quando, con la confessione, aveva disperatamente cercato comprensione e accoglienza.Nonostante le emarginazioni che anche noi genitori abbiamo sofferto, pur avendo da sempre operato attivamente nella parrocchia, abbiamo deciso dopo molte difficoltà di non allontanarci dal gregge della comunità cristiana. Assieme a molti altri che vivono la medesima situazione di cristiani emarginati, stiamo da tempo operando per rendere testimonianza presso il pastore, con la speranza di rendere l’ovile luogo di dialogo, comprensione ed accoglienza. Il comunicato della CEI, in merito al disegno di legge sull’omofobia, ci crea sconforto per la grande distanza che ancora osserviamo fra il pastore e una parte non trascurabile della sua comunità e nel contempo ci impegna ancor di più nella nostra opera di testimonianza viva.
Adriana Bustreo e Roberto Stevanato
Mestre Venezia
Gentile direttore,
come cittadina italiana e credente sono molto stupita dal Vostro articolo odierno dal titolo “Vescovi contro ogni discriminazione. Omofobia non serve una nuova legge” che non mi pare vada nella direzione di una corretta informazione. Innanzitutto perché presenta solo la voce dei vescovi senza dare spazio ad una replica dei relatori dei vari DDL allo studio, poi perché non dà voce anche ai laici che sono sempre parte della Chiesa italiana e vivono più direttamente la realtà della società. L’omofobia nella nostra società esiste, eccome! E se non siamo ingenui sappiamo che di fronte a certe situazioni non bastano il codice civile e penale. Non è forse stato necessario promulgare ben due leggi contro il femminicidio e la violenza di genere (2013 e 2019) per cercare di arginare la strage? Eppure omicidio e violenza sulle donne sono reati condannati addirittura dai cosiddetti codici “naturali”!
Come madre di una persona LGBT poi sono davvero addolorata dal fatto che i nostri pastori non capiscano quale angoscia viviamo quando pensiamo che in qualsiasi momento i nostri figli possono essere picchiati, feriti, mandati all’ospedale semplicemente perché hanno un orientamento sessuale diverso… Che dignità dà alla persona vivere nascondendo ciò che è per natura e non per scelta? Se il Signore l’ha creata così, la ama così. Perché non può essere tutelata adeguatamente?
Sono d’accordo che occorre cambiare l’educazione e la mentalità, ma occorre tempo. E, detto francamente, in tante nostre comunità non mi pare si stia facendo molto in quella direzione: tanta prudenza nell’accoglienza ma una grande prontezza nel giudicare, purtroppo! E così i giovani che abbiamo educato alla fede con tanta passione, se ne vanno…
Grazie dell’attenzione, cordiali saluti
Cinzia Bellani
Milano
Cari Vescovi,
siamo genitori di due ragazzi, Marco ed Emanuele, il primo eterosessuale, il secondo gay. Stiamo seguendo con interesse e coinvolgimento i disegni di legge attualmente in discussione alla Commissione Giustizia della Camera, nella speranza che una legge che contrasti i crimini d’odio contro le persone LGBT sia presto approvata dal nostro parlamento.
Il comunicato della CEI del 10 giugno 2020 ci ha indignati come cittadini, che vedono ancora una volta un’ingerenza dei vertici della chiesa cattolica italiana nell’approvazione di leggi di uno stato laico, e ancor più ci ha indignati come credenti.
Leggiamo nel comunicato che la legge oltre che inutile, in quanto “non si riscontra alcun vuoto normativo, e nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”, sarebbe pericolosa perché “rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione”.
Sul primo punto, l’inutilità della legge, va detto che la legge attualmente in discussione estenderebbe a orientamento sessuale e identità di genere le pene già previste dall’attuale legge Reale-Mancino per chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” o “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza” per gli stessi motivi. La legge Reale-Mancino prevede quindi misure di pena aggiuntive se la violenza, già punita da altre norme in vigore, viene commessa per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Senza un’estensione di tale legge ai crimini d’odio contro le persone LGBT, nessuna pena aggiuntiva sarebbe prevista per tali casi.
Ci sembra quindi tutt’altro che inutile la legge in discussione alla Camera e ci chiediamo perché una legge utile per proteggere le vittime di razzismo diventi inutile, anzi pericolosa, se protegge vittime di violenza omotransfobica.
A garantire poi la libertà di manifestare il proprio pensiero – preoccupazione espressa nel comunicato della CEI – ci pensa per fortuna la nostra costituzione. Va aggiunto inoltre che non verrà estesa alla legge contro la violenza omotransfobica la pena per chi propaganda idee fondate sull’odio razziale o etnico, prevista dalla legge Reale-Mancino per la propaganda razziale.
Nessun problema quindi rispetto alla libertà di espressione, vescovi e sacerdoti potranno seguitare ad insegnare a bambini e adulti che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”, come recita il catechismo cattolico. Nessuna legge ve lo impedirà.
Siamo noi invece a chiedervi, e lo facciamo come credenti, di non farlo e di ripensare radicalmente ciò che la chiesa ha detto e fatto finora su questo tema. Di ripensarlo alla luce delle nuove conoscenze di cui oggi disponiamo ed ancor più alla luce del messaggio evangelico.
Per la sofferenza che come chiesa abbiamo provocato, per i pesi insostenibili che abbiamo posto sulle spalle dei fratelli e delle sorelle omosessuali e transessuali, non ci sono altre parole da spendere se non quelle per chiedere perdono, a loro e a Dio per aver provocato tanto dolore nel suo nome. A Galileo Galilei abbiamo chiesto perdono. Più di tre secoli dopo.
A questi nostri fratelli e sorelle dobbiamo chiedere perdono ora, guardandoli negli occhi e cercando, se ci riusciamo, di sostenere il loro sguardo.
Quel dolore lo conosciamo bene, noi come i tanti altri genitori di ragazzi e ragazze LGBT con cui condividiamo il cammino, lo abbiamo letto sui volti dei nostri figli, ci è entrato dentro e ha cambiato le nostre vite. Il nostro è un cammino che si apre camminando, dove gioia, sofferenza e fatica si intrecciano indissolubilmente. Abbiamo visto crollare le certezze di prima, sperimentato battute di arresto. Il nostro viaggio non è quello di Ulisse, che tornava a casa, verso una meta sicura, somiglia di più al viaggio di Abramo, che lascia una vita agiata e parte verso una meta che non conosce (solo più tardi il Signore gliela indicherà), senza sapere che ci sarà una ricompensa e senza una mappa per il viaggio. Un cammino scomodo il nostro. D’altra parte, il cammino che ci indica Gesù non si fa viaggiando in prima classe.
Abbiamo capito che la fede non è una polizza di assicurazione per il futuro, che ci permette di stare tranquilli, con tutte le risposta in tasca. La fede è un rischio, lo stesso che ha accettato di correre Abramo, lasciando, sulla parola del Signore, il certo per l’ignoto. È questa la fede che ora sentiamo più nostra, quella di prima, fatta di certezze, non parla più ai nostri cuori.
Per percorrerlo c’è bisogno di alleggerirci lo zaino dalla zavorra delle tante certezze, se non ce ne liberiamo, possiamo solo accomodarci in prima classe, ma allora è tutt’altro viaggio, o forse un viaggio finto per rimanere dove si è. Il Vangelo di Gesù sarà la nostra bussola. E annunceremo la buona novella agli emarginati e alle emarginate, perché è la buona novella, non la sofferenza, che Gesù ci ha chiesto di portare.
E allora non rimane che augurarci buon cammino!
Dea Santonico e Stefano Toppi
12 giugno 2020
Buongiorno,
sono la madre di un ragazzo gay di 21 anni. Siamo una famiglia cattolica, sia noi che nostro figlio frequentiamo attivamente la parrocchia e facciamo parte rispettivamente di gruppi di famiglie e di ragazzi all’interno della parrocchia e della diocesi di Bologna.
Siamo inoltre inseriti nel gruppo Famiglie in cammino di Bologna, che riunisce genitori di ragazzi LGBT e operatori pastorali, che li guidano in questo cammino volto a tenere insieme la fede con la realtà delle persone omosessuali.
Sono molto in disaccordo con l’articolo che avete pubblicato oggi a sostegno del comunicato della CEI relativo alla legge sulla omotransfobia che si discute in Parlamento.
Si tratta in realtà della modifica di una legge già esistente, la cosiddetta Legge Mancino, in cui sono previste delle aggravanti per chi «diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
La modifica consiste nell’estensione anche ai casi in cui i reati citati (che sono comunque già reati), siano motivati anche dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere».
Il testo base contro l’omotransfobia che tra pochi giorni verrà adottato in Commissione Giustizia della Camera interviene sui reati di istigazione a commettere atti discriminatori o violenti e sul compimento di quei medesimi atti per condotte motivate dal genere, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.
E estende ai reati comuni commessi per le stesse ragioni l’aggravante prevista dall’articolo 604-ter.
Non verrà esteso all’orientamento sessuale e all’identità di genere il reato di “propaganda di idee” come oggi è previsto dall’art. 604 bis del codice penale per l’odio etnico e razziale.
Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione.
Affermare quindi che sarà censurata la libertà di opinione è una falsità.
Se esistono già delle leggi che puniscono questi reati, come dice la Cei, come mai i vescovi, per coerenza e per dare l’esempio, non chiedono allora che si discuta e si approvi al più presto una legge che toglie, tra i motivi per cui sono previste le aggravanti della legge Mancino anche i motivi religiosi?
Sperando che questa discussione possa portare ad un chiarimento sul reale contenuto della legge in questione, mi auguro che il vostro giornale possa dare spazio anche alle opinioni delle famiglie cattoliche con figli LGBT e ai gruppi di cristiani LGBT, ormai molto numerosi e attivi in tutta Italia.
Cordiali saluti
Beatrice Sarti
Bologna
Gent.le Direttore,
sono un genitore di una figlia LGBT, mi dispiace, sono deluso, amareggiato, della posizione dei signori della CEI nei confronti di un provvedimento che condanna la violenza discriminatoria che subiscono le persone LGBT.
Mi domando cosa hanno capito, studiato e maggiormente vissuto della persona di Gesù, le persone della CEI, quando è trasparente che Gesù ha sempre sempre sempre scelto di relazionarsi con persone discriminate per farle reintegrare nella Comunità e vivere in comunione.
Purtroppo in questo atteggiamento la CEI non mi rappresenta, ma quello che è più triste che non rappresenta la chiesa nel mondo, la vera chiesa, quella la Rappresenta molto di più papa Francesco.
Grazie per aver letto questo mio pensiero.
Vincenzo Salvatore Olmetto
Civitavecchia
Non credo si possa esprimere un commento, scivola senza volerlo nelle parti e tende a interpretazioni soggettive, diverse, e senza dimensionare l’oggetto nella sua semplice e complessa sfaccettatura. E aldilà di tutto, tutto è, e deve essere accettato ma resta dubbio solo il concetto di famiglia “madre-padre”dello stesso sesso. Forse ancora immaturi per comprendere?
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