Padre Raffaele Nogaro, 85 anni, è vescovo emerito di Caserta. Impegnato per la pace (quasi presidente di Pax Christi nazionale, non eletto solo perché non voluto da mons. Ruini), per i diritti umani, contro la camorra, osteggiato da molti politic (tra cui Cossiga)i. don Raffaele (così si è sempre fatto chiamare) ha combattuto con forza la camorra denunciando la diffusa illegalità presente nella società e nell’amministrazione del territorio. Non ha risparmiato critiche alle gerarchie ecclesiastiche, colpevoli di non aver condannato la criminalità organizzata, e alla politica locale e nazionale per i numerosi episodi di corruzione. Membro della Commissione Ecclesiale per le Migrazioni, l’organismo della CEI preposto al sostegno e al coordinamento della pastorale migratoria, il vescovo Nogaro ha costantemente operato per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, con particolare riguardo ai rifugiati. Nell’omelia che pubblichiamo l’accento è posto anche su un paradigma di cattolicesimo diverso da quello tridentino e non ancora fatto proprio dalla chiesa italiana.
Caserta, 23 giugno 2019
Eucaristia e Corpus Domini sono la stessa cosa. Eucaristia è un termine greco che vuol dire rendimento di grazie; Corpus Domini è abbastanza comprensibile, il Corpo di Cristo, è un termine latino.
Ecco, io sono convinto che, quando Gesù partecipa all’Ultima Cena, – teniamo presente tutti e quattro gli evangelisti – non vuole fondare un sacramento, ma vuole rifondare la vita, vuole potenziare la vita dell’uomo.
A Lui il sacramento – scusate, eh…non sono eretico qui, ma è la verità del Vangelo – il sacramento, la sacralità del rito non interessa niente, interessa soltanto che l’uomo, la donna ricevano nella forma più convincente, nella forma più integra l’amore del Padre: questo è l’essere di Cristo in mezzo a noi, questi sono i segni che Cristo compie non per formare una liturgia (non ha nessun interesse per questo il Cristo, anzi tutte le profezie condannano le forme liturgiche).
Cristo compie i segni soltanto per indicare nella forma più convincente, più eloquente che il Padre è interesse totale per ogni uomo e per ogni donna della Terra. Che il Padre è l’amore e noi dobbiamo inserirci in questa corrente non solo per poter vivere, ma per poter vivere bene, per poter veramente esuberare di vita.
Infatti nei sinottici la cena termina con quest’affermazione “fate questo in memoria di me”. In Giovanni la cena termina con la lavanda dei piedi, ad indicare che i due momenti, le due espressioni – una verbale e una concreta – hanno lo stesso significato: dopo la lavanda dei piedi – cioè dopo l’Eucaristia – Gesù dice: “io vi ho dato l’esempio affinché quello che ho fatto io lo facciate anche voi”.
Ecco il significato dell’eucaristia: è la capacità di portare l’amore del Padre a tutti indistintamente, umiliarsi nel servizio più povero, più umile, pur di donare l’amore del Padre. Questa è l’Eucaristia, questo è il Corpus Domini.
Ne abbiamo le prove, abbiamo appena letto la moltiplicazione dei pani in Luca qui, vorrei che leggeste a casa, vale la pena perché vi riempie il cuore tutto il capitolo VI di Giovanni, dove si parla appunto della moltiplicazione dei pani ed è unico caso – sei volte nel Vangelo si parla della moltiplicazione dei pani. In in Giovanni si dice che Gesù stesso distribuisce il pane e il pesce a tutti i 5.000 uomini, vengono contati soltanto gli uomini che erano presenti.
E’ Lui che distribuisce – è qualcosa di meraviglioso – e poi Lui, proprio perché è uomo, si può stancare: nottetempo scappa, veramente scappa, dice il testo, al di là del lago, per riposare un poco e le moltitudini al mattino sono già tutte pronte, corrono per poterlo raggiungere e sono tutti là e Lui fa quel grande discorso – cap. VI di Giovanni dell’Eucaristia : “ eh – dice – voi mi cercate, – d’accordo, gli vogliono bene perché è simpatico il Cristo comunque – ma voi mi cercate perché volete il pane della terra”.
E tutti vogliamo quello. Perché andiamo in chiesa, perché preghiamo solo per domandare grazie, solo per domandare comodità su questa Terra.
Noi non abbiamo quasi mai la preghiera pura del cuore: Dio, ti amo.
Abbiamo soltanto la preghiera dell’interesse: fammi quella grazia, fammi quest’altra grazia, celebriamo la messa per i nostri defunti, per coloro che hanno qualche malanno, per le ricorrenze di nozze, tutte cose bellissime insomma, ma è tutto un chiedere, non è mai un rispondere di amicizia, un rispondere d’amore mai!
E Gesù allora dice per il loro bene: voi – dice – mi cercate perché volete il pane della terra, ma dovete darvi da fare – pensate, è questa l’espressione che usa “darvi da fare” – per cercare il pane che dura per l’eternità, dovete ancora cercare il pane, ma dovete darvi da fare per cercare il pane che dura per l’eternità.
E chi è questo pane?
Io sono il pane vivo – continua – disceso dal Cielo: chi mangia di questo pane vive in eterno; Io sono il pane vivo disceso dal Cielo
Ed è lì, la discrepanza totale che la storia umana ha sempre nei confronti della bontà di Dio. Siccome Dio vuole anche l’attenzione a Lui perché si coltivi veramente la nostra vita, l’uomo qui si distacca, dice: io ho abbastanza di me e mi interesso delle mie cose. Non sente il trasporto verso il Cristo che gli dice: “sono io il pane, mangia di me”, non sente qui e i suoi discepoli – è in questo capitolo che lo dice – tutti i suoi discepoli si allontanano da Lui, si allontanano da Lui perché – dicono – il discorso è troppo duro.
Pensate che a che punto di frizione noi tutti, noi credenti, cosiddetti credenti, noi cristiani arriviamo con Dio. I discepoli si staccano da Lui perché il discorso è troppo duro – dicono. Solo Pietro dirà: “Signore, dove andremo? Solo Tu hai la parola di vita”.
Ma, se avesse avuto qualche posto dove andare, forse anche Pietro se ne sarebbe andato, perché la sua risposta è proprio rassegnata.
Ecco allora che Gesù domanda a noi di essere perlomeno come Pietro, cioè noi dobbiamo cercare di nutrirci di Lui, è un segno.
La Chiesa, la teologia parlano di transustanziazione, di transignificazione: sono tutte fantasie delle idee, del pensiero.
Gesù vuol dare i segni: sono io mediante l’Eucaristia che entro dentro di te, sono io che ti nutro, ti nutro anche fisicamente. Guardate che il corpo della Resurrezione è reale, ma è il Corpo di Cristo in noi che risorge, non dimentichiamolo questo.
Noi dobbiamo cercare di comprendere…., non di comprendere, ma di accettare per amore questa verità, quindi dobbiamo nutrirci di Lui, del corpo di Cristo, Corpus Domini: non val la pena che noi lo mostriamo per le strade di tutto il mondo, dobbiamo nutrirci di Lui.
Gesù vuole quello: perché? Perché ogni uomo e ogni donna sono non soltanto uomo e donna, ma sono di stirpe divina.
Guardiamo il Vangelo: noi siamo di stirpe divina e dobbiamo nutrire in noi l’essere divino che c’è. Noi in Dio ci muoviamo, anzi viviamo, ci muoviamo e ci esprimiamo in Dio: vivimus et movemur et sumus (At 17,28).
Noi dobbiamo alimentare questa stirpe, quest’entità divina che c’è in ognuno di noi e dobbiamo nutrirci di Lui, dobbiamo nutrirci o con la preghiera o con l’Eucaristia (anche l’Eucaristia è il segno), dobbiamo nutrirci perché Lui in noi aumenta continuamente l’amore del Padre: ci rende da persone egoiste, da persone insensibili, da persone avare, ci rende aperti, ci rende responsabili, ci rende amanti di umanità, ci rende accoglienza totale nei confronti dei migranti, ci rende persone che hanno bisogno di fare amicizia con ogni uomo e ogni donna della Terra, perché la verità della vita è soltanto la comunione e soltanto la corrente d’amore che si può esprimere fra le persone, solo quella è la vita.
E ancora – ed ho finito -, noi dobbiamo nutrirci del Corpus Domini, nutrirci per riconoscere tutti i Corpora Domini che incontriamo sulle nostre strade.
L’ha detto il papa, ma prima del papa l’ha detto il Vangelo: il corpo di Cristo è il povero, il sofferente, lo scarto, il mendico che tu incontri lungo la strada, quello è il Corpo di Cristo, il Corpo di Cristo è il malcapitato lungo la strada che incontra il samaritano.
Noi dobbiamo nutrirci del Corpus Christi per diventare veramente samaritani, persone che difendono sé stessi, ma difendono sé stessi soltanto perché sanno amare gli altri. Sanno far del bene agli altri, sanno operare la salvezza degli altri.
È vero, è difficile ma è esaltante. Da soli non facciamo niente, dobbiamo nutrirci di Lui.
Ecco allora che il Corpus Domini diventa veramente la carezza della nostra vita, l’esultanza del nostro vivere, la bellezza di ogni giorno. Amen.
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Trascrizione di Angela COLASUONNO, Revisione di Lorenzo TOMMASELLI