Maurizio Portaluri
Seidenstickers insegna Cultura Islamica all’Università Friedrich Schiller di Jena (Germania) e nel suo libro (TILMAN SEIDENSTICKER, ISLAMISMO, IL MULINO 2016, pp. 131) si propone di definire e descrivere le origini di quel fenomeno nato all’interno dell’Islam dagli anni ’20 del secolo scorso e chiamato islamismo, spesso chiamato dai media fondamentalismo islamico (anche se fondamentalismo è parola nata dopo la prima guerra mondiale per definire una parte del mondo conservatore protestante americano in favore di una stretta aderenza alla Bibbia ad esempio per quanto riguarda la storia della creazione). Per l’islamismo si intende “un insieme di aspirazioni a trasformare la società, la cultura, lo stato o la politica in funzione di valori e norme ritenuti conformi all’Islam”. L’islamismo con i suoi attentati richiama l’attenzione e la preoccupazione dell’Occidente, ma la sua influenza sulla religiosità quotidiana dei musulmani non è determinante. La sua visibilità in Europa si è concretizzata dopo la rivoluzione islamica in Iran nel 1979 e l’assassinio del presidente egiziano Sadat nel 1981.
Seidenstickers passa in rassegna le figure più influenti da cui è originata questa tendenza. Si tratta quasi sempre di soggetti esterni al clero islamico, spesso insegnati. Quindi illustra i vari movimenti islamisti nella loro genesi e nelle loro ideologie: i Fratelli musulmani, i partiti radicali al governo, Al-Qaida e le sue gemmazioni, gli Hezbolla in Libano.
Sono molteplici i fattori che sostengono questo ritorno all’islam delle origini utilizzando la violenza che è l’aspetto più impressionante in Occidente. Prima di Al-Qaida ci sono stati gli attentati di Hezbolla in Libano contro i francesi negli anni ’80, nel 1993 le “operazioni martirio” scossero Israele. Nel 1997 a Luxor 62 persone per lo più turisti furono uccise, nel 2008 a Bombay 174 persone rimasero uccise. La violenza non ha ucciso solo cristiani o ebrei, ma un numero impressionante di musulmani. Da qui l’affermazione dell’autore che “il richiamo alla tradizione islamica (o a quella che si proclama tale) come motivazione di determinati atti di violenza è spesso un evidente alibi; non solo in Iraq. Spesso i moventi profondi sono di natura profana; potere, accesso a risorse, riconoscimento, ma sarebbe sbagliato pensare che la giustificazione della violenza con il diritto islamico sia solo un velo ideologico; in molti casi la veste religiosa influenza non soltanto la reazione ma anche la percezione di chi agisce”.
Lo sfaldamento dell’Impero Ottomano e la presenza delle potenze europee, in particolare Gran Bretagna e Francia, nel governo e nell’economia di molti paesi islamici, ad eccezione di Arabia e Yemen, ha molto influito sulla nascita delle correnti islamiste. Le nazioni arabe furono governate attraverso protettorati e utilizzate come mera fonte di materie prime. Un altro movente fu la promessa agli ebrei con la dichiarazione di Balfur nel 1917 della creazione di un “focolare nazionale” in Palestina e tutto ciò che successe dopo contribuì ad islamizzare la questione palestinese. Ancor prima nel mondo islamico c’è un sentimento di risentimento e desolazione per la perdita di gran parte dei territori che un secolo dopo la morte del profeta erano stati conquistati a Est e ad Ovest dell’Arabia. Un sentimento di arretramento caratterizzato da un senso di sconforto per l’egemonia persa. Dopo la decolonizzazione operarono alcune dittature militari o vere e proprie monarchie assolute con politiche economiche per nulla rivolte a risollevare le condizioni generali delle popolazioni, le pianificazioni di stampo socialista con industrializzazioni non sostenibili e la corruzione. “Gli sforzi a volte notevoli nel campo dell’istruzione sono stati vanificati da una tumultuosa crescita demografica. La disoccupazione è ancora oggi altissima soprattutto tra i giovani. In Medio Oriente e Nord Africa le disparità di reddito sono aumentate rispetto agli anni 90 del secolo scorso più che nell’Asia meridionale, nell’America latina e nell’Africa subsahariana. E i problemi economici e sociali favoriscono l’islamismo, sia perchè la responsabilità ricade su governi ritenuti “poco islamici”, sia perché la giustizia sociale ha un peso molto importante nella visione islamista.”
Un capitolo approfondisce la questione della giustificazione e dell’uso della violenza partendo dai due versetti del Corano sulla base dei quali si giustifica la jihad e si sottolinea l’importanza e la variabilità delle interpretazioni rispetto alla stessa lettera del libro. Si discute anche se la Jihad sia un obbligo e se possa rivolgersi contro gli stessi musulmani. In questo stesso capitolo si affronta il tema del martirio e degli attentati suicidi. Anche qui le interpretazioni sono diverse e di diversa intensità. Il suicidio è vietato nell’islam per cui gli islamisti hanno parlato di “operazioni di martirio”. “Contro le ipotesi di un nesso tra attentati suicidi e religione islamica parla poi il fatto che questo tipo di attentati è stato utilizzato massicciamente, senza una motivazione religiosa anche da un’altra comunità nelle zone settentrionali ed orientali dello Sri Lanka….Del resto, nello stesso mondo arabo sunnita fino al 1993 non c’è stato un solo attentato di questo tipo motivato su base religiosa”. Inoltre fino al 1922 la lotta alle presenze coloniali non ha mai avuto una motivazione religiosa.
Ma il fondamentalismo non è un fenomeno solo islamico: negli anni ’90, con la fine del bipolarismo capitalismo-comunismo, anche nell’ebraismo, nel cristianesimo e dell’induismo sono emerse tendenze fondamentaliste che per molti versi presentano somiglianze con l’islamismo: “certezza sovratemporale di salvezza per i propri credenti, dualismo bene-male, a volte ancoraggio dogmatico a un canone di testi sacri, nonché visioni totalitarie fondate su una società delle origini fortemente idealizzata”. Il fondamentalismo quindi come possibilità sempre in agguato delle religioni.
Ismo,quel finale che chiude il pensiero sino a ridurlo schiavo di se stesso e diventa rabbia,solitudine,lotta.Si diceva infatti di tutta quella società che perdedendo la qualità della vita da cui era partita andava conservando di se se stessa l’egoismo.Il fondamentalismo anzicchè aprirsi sempre più alla ricerca della vita medesima e all’amore che rappresentava.Non più testimoni ma soltanto adepti pronti a uccidere.Scambiare Dio per un imperatore pronto a condannare,pronto a massacrare.Il cristianesimo perdendo Cristo ha guerreggiato,ha formato gerarchie di potere pronte a totalizzare,ha scambiato l’amore con il disamore distraendosi e a volte disconoscendo.L’ISLAM non è islamismo ma fa fatica a riconoscersi immune certamente per l’embrione che conserva la società e non l’intera spiritualità.
Papa Francesco è giunto nel momento più bisognoso della Chiesa desiderandola povera,pulita,da ogni scoria.
L’islam dovrà trovare osmosi e arricchirsi d’amore e qui il compito del Cristianesimo è determinante perchè è amore e nient’altro che contagiare d’amore.
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