Antonio Greco
Molta parte della dottrina cattolica è ancora lì. Alla controriforma e al Concilio di Trento. Anche molti elementi dottrinali del Vaticano II sembrano congelati. Le resistenze a tradurre la Tradizione e la secolare prassi magisteriale di porre sotto controllo la ricerca teologica hanno spinto le società occidentali sempre più verso l’ignoranza nelle cose di fede, a cedere all’indifferentismo e, al massimo, ad accontentarsi di una religiosità formale. La parte del mondo cattolico più appiattita alla gerarchia, ancora oggi, dà la colpa della evidente crisi di una chiesa che ha anestetizzato il Vaticano II alla secolarizzazione. Invece c’è ormai una evidenza: il Vangelo è diventato scomodo per molti vescovi, preti e laici, soprattutto quelli cosiddetti “atei devoti”.
Uno squarcio di luce nel buio a chi cerca e non si rassegna a un infantilismo religioso può venire da un doppio movimento:
-ripescare coraggiosamente le letture che hanno anticipato il Vaticano II e i libri dei teologi censurati o anche solo sconsigliati dalle autorità religiose;
-far conoscere nuovi autori, teologi e laici, che incalzano con analisi non sempre rassicuranti ma approfondite la loro fedeltà al Vangelo e all’uomo di oggi.
Pierre Teilhard de Chardin
Prete-gesuita/scienziato (maggio 1881-Pasqua 1955) è nato e cresciuto nella cultura europea chiamata “tradizionalmente cattolica”. Oltre la formazione filosofica e teologica di stampo scolastico e tomista, ha studiato le scienze: la chimica, la fisica e in seguito la geologia, la zoologia e la botanica. Con il tempo ha sviluppato un maggiore interesse per la paleontologia. Ma Teilhard era molto di più che un paleontologo. Tra il 1923 e 1946, è vissuto in Cina entrando in contatto con il pensiero orientale: induista, buddhista, taoista. E’ riconosciuto anche come uno dei più grandi mistici del ‘900.
In lui è forte e creativa la tensione tra la scienza e la teologia, tra la fede e la ragione.
Alla sua morte le sue pubblicazioni scientifiche che ammontano a 250 furono ripubblicate in 11 volumi. Con la pubblicazione di altre opere postume i volumi dell’opera omnia di Teilhard divennero 13.
Due amori, quello per il Cristo della Palestina di 2000 anni fa e quello per il mondo mostratosi alla sua intelligenza e ai suoi occhi in continua evoluzione, destinati a fondersi in lui in modo tale da determinare una visione delle cose del tutto inedita, gli causarono molta sofferenza per le incomprensioni e i sospetti con cui venne accolta la sua opera sia nel campo scientifico che, soprattutto, in quello ecclesiastico. Basta ricordare il “monitum” del Santo Uffizio del 1962 in cui si legge: “…Tralasciato il giudizio sulle parti concernenti le scienze positive, nella materia filosofica e teologica è abbastanza evidente che le dette opere brulicano di ambiguità, anzi addirittura di gravi errori, tali da offendere la dottrina cattolica…”[1].
Conflitto con la istituzione ecclesiastica, esclusione delle sue opere dallo studio nelle facoltà teologiche e nei seminari, ritardi nella diffusione dei suoi scritti in Italia, non hanno impedito di tenere vivo il suo pensiero profetico.
Dalle terre sperdute di Chou-Hou-Tien, in Cina, gridava: “La Chiesa continuerà a declinare finché non si sottrarrà al mondo fittizio della teologia verbale, del sacramentalismo quantitativo e delle devozioni eteree di cui ama circondarsi”[2]. Era il 1929.
Non è questo il luogo per fare una sia pur breve sintesi della nuova visione teologica, vasta e complessa, cosmica, globale e olistica, di Teilhard. Rinviamo per questo al sito: http://www.teilhard.it
Molti in questi anni si sono interessati di Teilhard. Sono nati molti centri di studi e di informazione in Europa sulla sua opera. In Italia il 5 febbraio 1964 un gruppo di studiosi fondò L’Associazione degli amici di Teilhard de Chardin. Essa si proponeva di promuovere lo studio del pensiero di Padre Teilhard e di riunire in modo particolare tutti coloro che desideravano avvicinarsi alla sua personalità di scienziato, filosofo e religioso. L’Associazione ha sede giuridica a Torino, ha un qualificato Consiglio direttivo presieduto dalla presidente Annamaria Tassone, si articola in sezioni locali omologate. Attualmente queste sono attive in cinque città, da Roma in su.
Il convegno annuale del 2017 si è tenuto a Bologna il 21/22 ottobre sul tema: “Dimensioni cosmiche della cristologia. Per un Cristo sempre più grande”. In questi giorni sono stati pubblicati gli atti a cura di Franco Bisio[3].
Dopo una interessante e appassionata introduzione di Anna Maria Tassone Bernardi, a Carlo Molari è stata affidata la relazione introduttiva: “Le nuove dimensioni della cristologia”[4]. E su questa, in particolare, soffermeremo la nostra attenzione.
Gli atti, stampati in 129 pagine, riportano le altre relazioni:
– “Le radici bibliche del pensiero (e della fede) del P. Teilhard de Chardin sj: dalle intuizioni alle conferme postume” (Luciano Mazzoni Benoni)
– “Il problema del male nella prospettiva del Cristo Evolutore e del Cristo Redentore in Teilhard de Chardin” (Fiorenzo Facchini)
– “Il Cristo Evolutore e la causa finale. Considerazioni sul background filosofico di Teilhard de Chardin. Analogie e differenze tra l’Omega Personalizzante e il Primo Motore che muove ‘come l’amato attrae l’amante’ (Aristotele)” (Pier Giuseppe Pasero)
– “Il divenire del discorso cristologico di Teilhard de Chardin” (Gianfilippo Giustozzi)
– “Le dimensioni cosmiche di Cristo in Bonaventura e Teilhard de Chardin” (fr. Prospero Rivi OFM Cap)
– “Appunti per una Cristologia Cosmica” (Sergio Bonato)
– “Intelligenze extraterrestri e nuove prospettive teologiche e cristologiche alla luce del pensiero di Teilhard de Chardin” (Vincenzo Iannace)
– “Teologie attuali in debito con la cristologia di Teilhard de Chardin (D. Edwards, cattolico australiano; N. Gregersen, protestante danese; C. Southgate, anglicano inglese)” (Paolo Trianni).
Una Cristologia nell’orizzonte evolutivo
Carlo Molari nella sua relazione si è posto “il compito di delineare le insufficienze e i limiti della cristologia del secolo scorso, al fine di sviluppare una cristologia nell’orizzonte evolutivo, che Teilhard non ebbe la possibilità di sviluppare integralmente, condizionato dai limiti della cristologia nella quale era stato educato”[5].
La tesi di Molari è che Teilhard in teologia, cioè in rapporto alla sua ricerca su Dio e la sua azione nel mondo, ha sviluppato un lavoro esauriente ed efficace. In cristologia, invece, è rimasto impigliato nei presupposti imperfetti del suo tempo.
In un universo così grande e abitato in altri sistemi astrali, che posto ha Gesù Cristo?
Secondo Teilhard, Gesù Cristo non si è limitato alla “redenzione del nostro pianeta”; ma il Cristo della teologia classica è troppo localizzato astronomicamente e troppo eccentrico evolutivamente: i due Omega, “quello dell’esperienza e quello della fede, si preparano a reagire l’uno sull’altro nella coscienza umana, e finalmente a sintetizzarsi: il Cosmico essendo sul punto di ampliare fantasticamente il Cristico, ed il Cristico (cosa incredibile!) d’amorizzare (cioè di dinamizzare al massimo) il Cosmico tutto intero”[6].
Molari annota che “questa previsione e questa attesa di Teilhard andranno deluse perché Gesù appartiene all’umanità e la sua salvezza riguarda solo l’umanità”[7]. E indica tre casi nei quali la cristologia del tempo di Teilhard gli ha impedito di assecondare la sua volontà rinnovatrice della cristologia.
1) L’uso della comunicazione degli idiomi
L’attribuzione a Gesù Cristo della creazione (“Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui…” -secondo Colossesi, 1,16-17) è possibile solo per “comunicazione degli idiomi”. L’attribuzione a Gesù della creazione è un’estensione legittima, ma analogica e metaforica, per questo appare negli inni riportati nelle lettere deutero paoline (Efesini e Colossesi) o nella lettera agli Ebrei.
2) La fede in Dio vissuta da Gesù
Negli ultimi decenni del secolo scorso è apparso sempre più chiaramente che la lunga e venerabile tradizione che attribuiva a Gesù la visione beatifica (comprensiva anche della scienza infusa e della scienza sperimentale) e che perciò non riconosceva in Gesù una autentica vita di fede, non aveva solidi fondamenti.
3) La redenzione per espiazione e soddisfazione
Un altro limite della cristologia del tempo di Teilhard è da sottolineare. Teilhard scriveva nel 1933: “Mi è sempre stato impossibile muovermi sinceramente a compassione davanti a un Crocifisso finché questa sofferenza mi è stata presentata come l’espiazione di una colpa, sia perché non avesse alcun bisogno dell’Uomo, sia perché lo poteva creare diverso, Dio avrebbe potuto evitare. Ma tutto cambia in un modo impressionante sullo schermo di un mondo evolutivo…Il significato definitivo e completo della Redenzione non è più solamente espiare: è attraversare e vincere”[8].
Teilhard intuisce che il senso della Croce di Cristo non è solo quello di una vittoria sul peccato ma è anche quello di essere simbolo dinamico e completo di un universo in corso di Evoluzione personalizzante. Vorrebbe ma non giunge a capovolgere il senso anselmiano dato alla Croce di Cristo. Si ferma a sostenere solo che “il Cristo evolutore è uno sviluppo logico del concetto di redenzione”. Troppo radicata e affermata era, ai suoi tempi, la teoria di Sant’Anselmo: perché un uomo/Dio? Secondo Anselmo solo il peccato e la necessità della sua riparazione spiegano l’incarnazione. “Il debito dell’uomo era così grande che per soddisfarlo, essendo obbligato solo l’uomo, …, occorreva che quell’uomo fosse pure Dio”[9].
Oggi, annota Molari, Teilhard sarebbe contento di scoprire il cambiamento profondo realizzato nella soteriologia (teologia della salvezza) in due direzioni: nella modalità nuova di leggere l’espiazione biblica e nel rifiuto della soddisfazione anselmiana.
Con copiosa e stringente documentazione Molari dimostra come l’esegesi biblica moderna ha liberato la redenzione da modelli giuridici antropomorfi e come la attuale cristologia ha messo in luce gli enormi limiti del modello anselmiano che non risponde a questo interrogativo: Dio non poteva perdonare spontaneamente l’uomo? E non spiega perché mai Dio non avrebbe potuto perdonare spontaneamente il peccato dell’uomo.
Invece, “il Dio rivelato da Gesù è misericordioso senza limiti e senza ragioni: perdona senza chiedere nulla. Dio è amore misericordioso e la nostra salvezza non sta nella riparazione del peccato, ma nell’accoglienza dell’amore divino. Il difetto fondamentale (della visione anselmiana) è il capovolgimento della dinamica redentrice che nella bibbia era espressa con il termine espiazione nel senso discendente. L’uso della soddisfazione, soprattutto negli sviluppi successivi a S. Anselmo, ha capovolto il senso dell’espiazione biblica rendendola ascendente: l’offerta dell’uomo a Dio per compensare l’offesa fatta dagli uomini. L’insistenza sulla necessità della sofferenza e della morte di Gesù, ha reso difficile capire il reale cammino storico compiuto da Gesù e il significato della sua fedeltà. Per l’ambiguità che essa comporta, la teologia della soddisfazione deve essere abbandonata”[10].
Questo lungo argomentare di Molari sarebbe teorico e astratto se non giungesse ad alcune interessanti e innovative conclusioni.
Punti fermi, oggi, della cristologia
In negativo:
- “Nella visione evolutiva il modello della riparazione giuridica, sia personale che vicaria, in qualsiasi modo venga intesa, non ha più alcun significato”[11].
- “La tradizione della cristianità religiosa (a differenza della fedele tradizione della Chiesa, spesso marginale e poco riconosciuta) ha nel sacrifico il nucleo del mito fondatore. In realtà si tratta di un mito estraneo al Vangelo”[12].
In positivo:
- “L’uomo, inserito in un processo vitale, diventa il male (o il bene) che compie. Egli deve diventare, non può farne a meno. Il peccato può essere riparato solo dalla novità di vita del peccatore. L’azione creatrice di Dio offre sempre nuove possibilità e può sempre essere accolta, ma non si sostituisce mai alle creature né le completa dal di fuori…Il reale divenire del peccatore si realizza solamente accogliendo l’azione misericordiosa e gratuita di Dio, il quale non chiede nulla per offrire perdono”[13].
- “La creatura non viene punita perché è fatta per la felicità e tutta la storia della salvezza è la tensione profonda del reale verso la pienezza di vita alimentata dalla forza creatrice. Il male e il limite sono componenti necessari del processo perché la creatura non può accogliere in un solo istante tutta la perfezione che viene donata. Accettare i limiti e la fatica del vivere è necessario in modo assoluto per la creatura, non come punizione ma come condizione per allargare gli spazi della propria persona, accogliere l’azione di Dio e divenire suoi figli”[14].
- “Il sacrificio di Cristo in cambio della salvezza ha senso solo se a “sacrificio” si dà un possibile senso discendente: intendendo cioè, l’azione con cui Dio comunica forza vitale alla creatura che si affida senza riserva”[15].
Molari cita le annotazioni fatte a questi punti fermi da R. Mancini:
- “La logica evangelica come logica dello scambio supremo – il ‘sacrificio’ di Cristo in cambio della salvezza – ha avuto e ha conseguenze di portata profondissima non solo per la cristianità ma per la società in generale”[16].
- “Tra sacrificio e dono c’è una profonda differenza che intercorre tra il dare la morte e dare la vita. Far coincidere le due cose è indice quanto meno di grande confusione e di scarsa lucidità. Se l’operazione di identificazione tra i due termini viene fatta nel contesto della fede cristiana, intesa come religione, diventa ancora più forte la contraddizione tra ciò che gli uomini pensano di Dio e ciò che Dio rivela di sé e della sua volontà…”[17].
Mancini, però, non si rifà al modello evolutivo sostenuto e condiviso da Molari ma ad una prospettiva post-religionale. Prospettiva secondo cui il cristianesimo non è una religione: “contro l’evidenza dell’ovvietà acquisita nella nostra cultura, non è affatto detto che il cristianesimo sia una religione”[18]. Molari, invece, crede che non sia possibile negare il carattere religioso del cristianesimo, se per religione si intende la struttura simbolica della fede vissuta[19].
Tuttavia noi non crediamo che anche la prospettiva delineata da Mancini sia del tutto estranea al pensiero di Teilhard de Cardin.
In una lettera a François-Albert Viallet, che fu a lungo un interlocutore privilegiato, prima di divenire un monaco buddhista, Teilhard scrisse che “noi stiamo uscendo dall’età delle religioni per entrare nell’età della religione. L’idea di una confluenza delle tradizioni religiose in una sola è la conseguenza della convinzione di un progressivo processo di unificazione della noosfera”[20]. La questione è se questa confluenza sarà l’esito che condurrà a una super-religione che assorbirà, fagociterà e annienterà le altre. O, piuttosto, non è auspicabile uno sviluppo “post-religionale”[21], vale a dire il riconoscimento che tutte le religioni sono costruzioni umane, all’interno di un divenire che prevede, nel corso della loro manifestazione, tanto un momento iniziale quanto uno conclusivo; tanto un’alba che un tramonto.
Questo non significherà la morte della spiritualità, che costituisce il livello profondo della relazione dell’uomo con il mistero della vita e della morte, ma la fine della religione intesa come istituzione, come prodotto storico, come un’interfaccia che, dopo aver funzionato per molti secoli, a un certo punto, avendo esaurito il suo ruolo, prende congedo.
A Teilhard è attribuita la frase secondo cui fra la religione di oggi e quella dell’anno 10.000 vi sarà una differenza simile a quella che esiste fra la scimmia e l’uomo. Volendo spingere fino in fondo la valenza profetica di una simile affermazione è possibile anche una lettura proprio in direzione di un paradigma post-religionale, come espressione adeguata a descrivere una trasformazione socio-culturale di grande profondità e dimensione[22].
Comunque rimane un merito indiscusso di Teilhard de Chardin: quello di aver provato a instaurare un dialogo vitale tra il cristianesimo e il mondo moderno, con il riconoscimento implicito che ciò che si vuole presentare come una tradizione posta fuori dalle coordinate temporali, in realtà si trova inscritta dentro una processualità storica, aperta a possibili esiti inediti.
“A dominare i miei interessi – scriveva a Léontine Zanta – è lo sforzo di stabilire, e di diffondere intorno a me, una nuova religione (chiamiamola un migliore cristianesimo, se volete) in cui il Dio personale cessa di essere il grande proprietario neolitico di una volta per diventare l’anima del mondo”[23].
[1] Osservatore Romano, 30 giugno 1962.
[2] Federico Battistutta – Rileggere Teilhard in un mondo che cambia, in www.spiritolibero.org.
[3] Associazione Italiana Teilhard de Chardin, Convegno annuale 2017, Bologna, Istituto “Veritatis Splendor”, 21/22 ottobre 2017, “Dimensioni cosmiche della Cristologia. Per un Cristo sempre più grande”, Atti a cura di Franco Bisio.
Si possono chiedere a: email: tassoberna@tiscali.it
[4] In atti, op. cit., pag. 9.
[5] Atti, op. cit., pag. 9.
[6] P. Teilhard de Chardin, Il Dio dell’evoluzione, in La mia fede, Queriniana, Brescia 2008, pag.237 s.
[7] Atti, op. cit., pag. 10.
[8] P. Teilhard de Chardin, Cristologia ed evoluzione, in La mia fede, op. cit., pag. 88.
[9] S. Anselmo, Cur Deus homo II, 6, 219-220.
[10] Atti, op. cit., pag. 21.
[11] Atti, op. cit., pag. 22.
[12] Roberto Mancini, Il senso della misericordia, Romena, Pratovecchio 2016, pag. 29.
[13] Atti, op. cit., pag. 22.
[14] Id., ivi, pag. 22.
[15] Id., ivi, pag. 23.
[16] Roberto Mancini, Il senso della misericordia, 0p. cit., pag. 51.
[17] Id. ivi pag. 34
[18] Id. ivi pag. 29.
[19] Atti, op. cit. pag. 23.
[20] Citato in Federico Battistutta – Rileggere Teilhard in un mondo che cambia, in www.spiritolibero.org.
[21] Si rinvia al testo AA.VV., Oltre le religioni, una nuova epoca per la spiritualità umana, a cura di Claudia Fanti e Ferdinando Sudati, Verona, Gabrielli editore, 2016.
[22] Federico Battistutta – Rileggere Teilhard in un mondo che cambia, in www.spiritolibero.org
[23] Idi. Ivi.
Theilard de Shardein:il pensatore che ci illumina come scenziato,filosofo,teologo e ci lascia sapienti nell’affidarci a Cristo dove troviamo la ragione e lo spirito.Pierr Theilard è Gesuita alla ricerca della verità più vera e reale,sì evoluzionista ma non troppo perchè la spiritualità è il tutto per giungere all’uomo da un Creatore alla creatura.Theilard ermeneuta illuminato capace e moderno capace di essere vero.
"Mi piace""Mi piace"