Conferenza di Carmine DI SANTE – teologo – tenuta ad Ostuni il 16 aprile 2016 in un incontro organizzato dall’Associazione Cooperatori Opera Santa Dorotea
Trascrizione di Angela Colasuonno – Testo non rivisto dall’autore.
Io vi parlerò del titolo che mi è stato dato: la Terra è di Dio . Io sto sempre al titolo che mi danno, quasi un compito da svolgere. Ecco inizierei in questo modo, amici, se vi fosse chiesto che cos’è la Bibbia immagino che in questo istante, ognuno di voi si sta dando una risposta vero? Io da quasi 30 anni di fronte a questa domanda mi sono dato e mi do, e più vado avanti, mi ridò questa risposta: la Bibbia è il più grande e straordinario trattato di ospitalità che le culture umane abbiano elaborato. Questo convincimento io l’ho maturato più di 30 anni fa poi l’ho espresso nel libro “Lo straniero nella Bibbia. Ospitalità e dono” e questo convincimento lo sento ancora più attuale oggi nella crisi planetaria che viviamo, europea del c.d. fenomeno migratorio che ci sconvolge tutti, ci lascia impotenti e di fronte a cui non sappiamo che dovremmo fare: accogliere ma siamo anche impotenti. Ecco la Bibbia io la vedo come la risposta a questo problema immane che ci accompagnerà , dicono gli analisti nei prossimi 30 anni. Guardate: il fenomeno migratorio non è un fenomeno che dura nel 2016 ma durerà nei prossimi 20-30 anni dicono i grandi osservatori della geopolitica. Ecco la Bibbia è la risposta a questi problemi immani. La Terra è di Dio. Questa formula è una formula che si trova nel libro del levitico al cap. 25: è la formula riassuntiva, icastica cioè brevissima ed efficace quasi una immagine entro cui le scritture ebraico-cristiane raccolgono questa convinzione: che la Bibbia è un grande trattato di ospitalità. Tutta la Bibbia è il dispiegamento di questa idea, dell’ ospitalitàcome la categoria fondamentale dell’umano, ma la formula per eccellenza in cui si riassume questa visione è il sintagma : “la Terra è mia” (è Dio che parla). E’ una formula, capite, dove si riassume , la cosa che vi sto dicendo: che la Bibbia è un immenso trattato di ospitalità. Allora io vi parlerò di questa formula, cercherò di scavarla questa formula perché in questa formula si racchiude la concezione dell’umano come umano ospitale:lo farò attraverso due momenti riflessivi con voi . Il primo momento è contestualizzare questa formula . Dove si trova nella Bibbia? Io vi ho detto che si trova nel capitolo del Levitico . E’ un libro complesso di non facile lettura, eppure in questo libro c’è questo gioiello: “la Terra è mia”. E poi il secondo momento riflessivo è vedere il significato cosa c’è dentro, cosa c’è sotto questa formula. Che c’è appunto la concezione dell’umano come umano ospitale.
Il contesto
Il contesto dove nella Bibbia, si trova questa espressione: la terra è di Dio è nel libro delLevitico ed è il contesto dell’anno giubilare. Non so se voi sapete cos’è l’anno giubilare a cui si è ispirato anche Papa Francesco nel c.d. anno giubilare della Misericordia . L’anno giubilare è una delle più grandi istituzioni del mondo ebraico e delle scritture ebraiche che consiste, questa istituzione, nella restaurazione ogni 50 anni di una radicale uguaglianza all’interno del popolo ebraico e quindi dell’umanità perché il popolo ebraico rappresenta l’umanità capite? Ecco quindi reinstaurare l’uguaglianza . Come reinstaurare l’uguaglianza? Attraverso innanzitutto la riconsegna delle terre ai proprietari originari. Perché appunto, molti, soprattutto i poveri, vendevano le loro terre per bisogno e questo col tempo dava adito a delle sperequazioni. Per ristabilire l’orizzonte della giustizia si riconsegnavano le terre ai proprietari originari. Secondo poi, si azzeravano i debiti ,perché il debito superato una certa soglia diventa, voi capite, una forma di schiavizzazione Se uno che guadagna 1200,00 euro al mese e ha un debito di 100.000,00 voi capite che per tutta l’eternità non lo potrà pagare? Ed è oggi il problema del debito dei Paesi poveri nei confronti dell’Occidente. Per questo dico che se non si azzerano i debiti dei Paesi poveri, l’Occidente, noi continueremo ad opprimere i Paesi poveri e a favorire il fenomeno immigratorio. E quindi l’istituzione dell’anno giubilare è azzerare i debiti.. Gli ebrei intuiscono questa cosa 2500 anni fa. Talmente poi difficile che non lo facciamo no? Terzo: sempre nell’anno giubilare si rimandavano liberi gli schiavi perché i più poveri tra tutti, non avendo nulla, vendevano se stessi, facendosi schiavi. Lavoro io per tutta la vita per te. E invece si rimandavano liberi gli schiavi. E quarta cosa infine straordinaria: il riposo della terra. Perché anche la terra deve riposare e non essere sfruttata all’infinito. Pensate all’enciclicaLaudato si del Papa . Questa formula quindi de “La terra è mia” si trova all’interno dell’anno giubilare. Ma uno potrebbe dire questo accade ogni 50 anni no? E invece la cosa più importante è che se anche la formula si trova all’interno dell’anno giubilare essa però fa parte del racconto fondante di Israele e il racconto fondante di Israele è il racconto dell’esodo che voi conoscete. E’ il racconto fondante, perché sapete, è quel racconto dove si fonda si costruisce la visione del mondo di Israele. E anche del mondo perché vi dicevo che Israele è la metafora di un particolare che racchiude l’universale. Voi sapete che il racconto fondante di Israele è il racconto di un Dio – lo ricordava Mino quando mi ha presentato – che non dobbiamo cercarlo noi ma che è lui che cerca noi perché è un Dio misericordioso. Il Dio del racconto esodico è infatti il Dio che ascolta il gemito dell’uomo che soffre, l’Israele oppresso in EgittoUn Dio che non tollera il gemito dell’oppresso. Qui abbiamo l’atto rivelativo di Dio che entra in scena – questo Dio straordinario –come Dio misericordioso che opera cose mirabili, i famosi mirabilia di Dio, che nella liturgia, si cantano si riprendono continuamente. Quali e quali sono queste grandi cose mirabili che Dio, entrando in scena nella storia umana, ha operato e continua ad operare? La prima cosa mirabile: la liberazione. Un Dio che dice io ti libero di tutto ciò che ti opprime. Che potenza! Da tutto ciò che ti opprime: il bambino che ha paura del buio della notte: ti libero. Paura della malattia: ti libero. Sul piano geopolitico dalla fame: ti libero . Questo è il Dio liberatore che ha ripreso la teologia della liberazione soprattutto. Seconda cosa mirabile: è il Dio donatore, il Dio che ti dona tutto. Terza opera mirabile: un Dio che fa di te il suo partner e operanella storia attraverso la tua responsabilità , attraverso il tuo amore. E’ questa infatti – l’istituzione dell’alleanza – il centro del racconto esodico., L’ultima grande opera verso cui tendono le stesse precedenti grandi opere è l’ingresso nella terra promessa dove scorrono latte e miele. Quella terra che è Dio che dona al suo popolo che non è terra conquistata ma è terra donata. Anche se poi nella Bibbia vi sono delle pagine in cui si narra di Israele che vi entra lottando, non bisogna però dimenticare che tutto il racconto esodico si istituisce intorno al verbo natan (che vuol dire donare). “Va verso la terra che io-ti-darò/donerò”, ricorre diecine di volte. E guardate amici: dire che la terradove Israele entra è terra donata è una rivoluzione nella storia umana. Se uno vi chiedesseperché l’Italia è degli italiani? O perché la Francia è dei francesi? Voi che rispondereste? Perché l’Italia è di Carmine e di Sante e di Mino perché di Mino e tua?
(voce femminile del pubblico) Perché ci siete nati .
Perché ci siete nati oppure se adesso arrivano i migranti e i migranti, facciamo per ipotesi, fossero 100 milioni che fanno loro? Conquistano il nostro Paese. E perché allora è il loro? Perché l’hanno conquistata. Le culture umane hanno da sempre motivato il rapporto con la propria terra o paese o con la categoria della natalità.: ci sono nato o con la categoria della conquista, l’ho presa con la forza. Conoscete voi altre modalità? La Bibbia conosce un’altra modalità: perché mi è stata donata. Si tratta di un’affermazione rivoluzionaria. Per questo la Bibbia mi affascina: essa prospetta un modello alternativo di abitare il mondo, che oggi è importante più che mai. La Bibbia dice in questa terra tu ci stai non perché l’hai conquistata, non perché sei più forte di un altro popolo anche se poi avviene così nella storia umana, non perché ci sei nato , anche se questo ha la sua importanza ma perché questa terra è di Dio, cioè di un Altro rispetto a te, e tu ci stai perché ti è donata. Ma se ti è donata, vuol dire che tu la devi condividere con gli altri; devi elaborare dei comportamenti e corrispondenti istituzioni per condividerla . Questa è la grandezza del racconto fondante di Israele. Questo è il contesto, cari amici, questa formula si trova nel contesto dell’anno giubilare masoprattutto nel contesto del racconto fondante di Israele.
Il significato del testo
Chiarito il contesto, interroghiamoci ora sul significato della frase. Qui devo fare una integrazione. Dopo aver detto “la terra è mia”, il versetto del Levitico aggiunge: “voi siete presso di me stranieri e inquilini”. Si può – anzi si deve –abitare la terra come stranieri e come inquilini. Ma che cosa vuol dire straniero? E cosa vuol dire inquilino? Sono due termini antitetici di difficile traduzione. La prima cosa da chiarire è che quando la Bibbia parla di straniero, di Israele straniero o di noi che siamo stranieri nel mondo (anche nel Nuovo Testamento se ne parla)questa categoria non è intesa negativamente comenello gnosticismo (se qualcuno di voi ricorda questo termine) e neppure nel senso del romanticismo: l’idea cioè secondo cui (lo accennava Mino nella sua presentazione) noi siamo stranieri nel mondo perché il mondo non ci basta, perché noi siamo fatti per una patria più grande. perché noi siamo ricerca dell’infinito e il finito non ci basta perché la nostra meta èl’infinito. Questa idea è estranea alla Bibbia. La Bibbia non pensa che noi siamo fatti per l’infinito; pensa paiuttosto che noi abbiamo bisogno di acqua, abbiamo bisogno di aria pulita, abbiamo bisogno di cose buone, di relazioni buone, se sbagliamo di essere compresi e di essere perdonati e Dio ha fatto il mondo di cose buone e di relazioni che dovrebbero essere buone. Quindi non è che noi siamo fatti per l’infinito perché questo mondo non ci basta; questa è un’idea dualistica e gnostica, più greca che biblica. Quando la Bibbia dice stranieri allora, intende stranieri a che cosa? Stranieri al poter dire: “ questa cosa è mia”. E’ la stranieritudineo estraneità alla possessività;l’unica cosa che l’uomo non può fare per la Bibbia è dire questa cosa è mia. Perché l’uomo non può dire questo? Appunto perché la terra è di un altro, è di Dio.C’è un termine italiano,con cui noi possiamo tradurre questa espressione biblica dell’essere nella terra come stranieri nel senso che non possiamo dire “è mia” ed è il termine “ospite”. Ospite è il termine che dice nello stesso tempo l’essere straniero e inquilino. Se volete questo sintagma, questa espressione straniero e inquilino è un ossimoro. L’ossimoro non so se vi ricordate è una figura retorica che consiste nel mettere insieme due termini che si contraddicono. Come se noi dicessimo è un dolce amaro. O è dolce o è amaro no? L’ossimoro però non è un gioco soltanto retorico, come pensano i linguisti, l’ossimoro ha anche una valenza ontologica e metafisica. In che senso? L’ossimoro mettendo insieme due termini in contraddizione, facendoli esplodere vuole far emergere una nuova visione . La Bibbia mette insieme straniero ( chevuol dire uno che cammina, un emigrante, uno che va da un luogo all’altro) e inquilino(uno inveceche sta seduto, che è sedentario, che ha un posto dove risiedere); termini all’apparenza contraddittori: un peregrinante sedentario, un sedentario peregrinante. Vedete che sono in contraddizione? Quale è però il significato? Il significato è quello di affermare che per la Bibbial’uomo può abitare il mondo soltanto in quanto ospite. Quindi l’ossimoro biblico può essere tradotto soltanto con il termine ospite. Ma ospite, cari amici, nella lingua italiana ha due significati, profondamente distinti e correlati, ha un significato innanzitutto passivo l’ospite nel senso che è ospitato nel senso recettivo. Voi capite che l’ospite in quanto ospitato non manca di nulla anzi, lo diciamo tra di noi, quando si è ospitati si ha un di più di attenzione. E’ vero? L’ospitato non è che manca di qualcosa, fruisce anzi di un di più di attenzione, di cura, vi risulta anche a voi no? Per questo vi dicevo che lo straniero per la Bibbia non è sinonimo di manchevolezza perché vuol dire, in primo luogo, che l’uomo è nel mondo ospite in quantoospitato. Questo è il primo significato di ospite: la Bibbia ci dice che, ogni uomo, tutti i 7 miliardi e mezzo di uomini che siamo siamo ospiti nel senso di ospitati, nel senso passivo-recettivo. Di qui nasce lo stupore: il sentire-sapere che si vive in ogni istante grazie a ciò cheè donato. Cosa mi è dato? Tutto! Se noi ci pensassimonoi siamo come dei pesci immersi nella gratuità. Noi non ce ne accorgiamo perché come diceva Einstein noi siamo un pochino ciechi no? Einstein diceva che se noi non siamo capaci di stupirci siamo come dei ciechi: Einstein non era un credente era un ebreo laico, ma questa visione fa parte del sentire ebraico. Tu hai bisogno dell’aria che respiri , mica la crei tu? Oggi ce ne accorgiamo che è inquinata. Ma l’aria che respiri è un dono, ci è regalata. Hai bisogno della lingua che ti è stata donata perché se non ti avessero parlatotu non avresti parlato. La lingua èun regalo. I sapori culinari, voi siete ricchissimi no? Siamo qui in questa stanza tutto è regalato. Io sono arrivato nella vostra Ostuni, oggi abbiamo visto Alberobello mica l’ho fatto io, tutto è regalato. Se voi ci pensate noi abitiamo in un universo di regali. Cos’è la tradizione? Se non tutto ciò entro cui noi ci muoviamo, che ci rende possibile muoverci, pensare, fare… Per quanto le istituzioni possano essere insufficienti e ambigue, di esse abbiamo sempre bisogno. Siamo quindi ospiti in quanto ospitati nel mondo. Di, qui, come abbiamo detto, lo stupore, la meraviglia, la gratitudine e se noi non recuperiamo questa dimensione, difficilmente si esce dalla cris, soprattutto noi paesi benestanti. Sapete che noi italiani siamo il popolo che ci lamentiamo di più. Mentre sembra che i poveri sono quelli che si lamentano di meno, il paradosso, noi che abbiamo di più poi. Bisogna recuperare questa dimensione. Questo è il primo significato di ospiti, ospite perché ospitato.
Ma ospite nella lingua italiana ha anche una accezione attiva. Ospite in quanto ospitante. C’è un proverbio italiano, vi sta venendo in mente? Che l’ospite dopo tre giorni va a male . Perché? Sapete che i proverbi custodiscono il meglio e il peggio di un popolo, i proverbi sono la sedimentazione della sapienza e dei pregiudizi di un popolo. In questo proverbio c’è un frammento di profonda saggezza, espresso in un modo brutale però efficace. Ma quale è il significato del linguaggio anche netto e brutale, quale è? E’ questo: che se tu in quanto ospitato prima o dopo non ti rendi conto che quello che ti è stato dato non lo trasformi in principio a ridonarlo tu diventi uno sfruttatore ed era il problema che si poneva Paolo di Tarso nella lettera ai Tessalonicinesi. Poiché c’era l’idea nei primi anni dopo la morte di Gesù che il mondo stesse per finire molti dicevano, chi ce la fa fare ad andare a lavorare tanto il mondo sta per finire. Passa una settimana e il mondo non finisce, passa un mese e non finisce, passa un anno e non finisce e molti aspettavano la fine del mondo. Paolo dice allora: se uno viene da voi e non vuole lavorare dategli da mangiare per tre giorni e poi caso mai no! Perché allora Paolo intuisce qualcosa della verità di questo proverbio, intuisce che quello che ti è donato tu devi trasformarlo in principio del tuo agire. Se tutto mi è dato gratuitamente dall’aria che respiro alla lingua che parlo, al buon giorno che mi è dato, al marciapiede sul quale cammino, ai libri che leggo, voi capite, tutto questo deve diventare per me non soltanto uno spazio dove io prendo ma deve diventare uno spazio che diventa per me principio etico, norma di comportamento, deve diventare quello spazio dove io rispondo alla grande domanda che ha posto Kant: che cosa devo fare e come mi devo comportare. Cosa devo fare? Come devo comportarmi? Comportati ridonando quello che ti è stato dato, comportati in modo che tu ospitato diventi a tua volta ospitante. Questa cosa lo dice Gesù, lo esprime, cari amici, in un modo ammirabile nel discorso sul monte, lo ricordate no? Una delle pagine più alte della letteratura sapienziali, della letteratura mondiale e della Bibbia ebraica e cristiana. Gesù dice: guardate il vostro Padre che è nei cieli e poi dice: come agisce il Padre che è nei cieli? Fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Però alla conclusione Gesù non dice : rallegratevi che il Padre vostro si comporta in questo modo, che se la conclusione fosse questa uno potrebbe dire fate il caso che io sono uno che ruba e sento queste parole io potrei dire: tanto il Padre che è nei cieli fa sorgere il suo sole sui buoni e sui ladruncoli allora posso continuare a rubare tanto il sole splende su di me. No Gesù dice siate anche voi perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli. Cosa vuol dire? Se il Padre agisce in quel modo gratis sui buoni e sui cattivi tu devi fare lo stesso, tu devi agire allo stesso modo. Gesù allora offre il comportamento,del Padre, agire gratis,come norma dell’agire umano, come principio del proprio agire, come nomos del proprio agire, con i termini a cui non siamo abituati. Cioè come il comandamento. Vi siete mai chiesti perché nel Nuovo Testamento, nella Bibbia l’amore è comandato? Si può comandare l’amore? Che grande dibattito no? L’amore di sentimento non si può comandare, uno che è innamorato della musica, a uno che è innamorato dell’alpinismo tu gli comandi l’alpinismo? Al contrario gli ricorderai che c’è anche la famiglia. Gli metti un limite. Ma l’amore gratuito del Padre che è nei cielipuò essere soltanto comandato . Ciò vuol dire che se noi siamo ospitati lo siamo perché anche noi a nostra volta dobbiamo ospitare. Nella Bibbia soprattutto ebraica c’è un termine per dire l’uomo e la donna che abitano il mondo nella logica dell’ospitare; dell’ospite ospitante, è un termine che noi cattolici abbiamo erroneamente opposto all’amore, un termine di giustizia cari amici. Se voi leggete i profeti troverete che il termine che ricorre di più è giustizia. Perché cosa vuol dire giustizia? La giustizia vuol dire che io devo comportarmi con ogni uomo e ogni donna che incontro gratuitamente non perché mi è simpatico non perché ne ricevo un contraccambio: devo comportarmi facendomi prossimo a lui come nella parabola del samaritano. La prossimità non dipende dall’altro dipende da me: amare il prossimo non dipende dal prossimo dipende dal mio io . Non so se qualcuno di voi conosce il nome di quella giovane ebrea EttuHillesummorta a 29 anni ad Auschwitz. Lei scrive alla sua amica o cugina Mary dal campo di transito di Westerborke le dice: “molti dicono che qui, nel campo, non si può amare il prossimo perché il prossimo è insopportabile; ma amare il prossimo non dipende da come si comporta il prossimo, dipende da me”. Sono io che sono chiamato a farmi prossimo all’altro. Ecco: questa è l’ospitalità nel senso attivo. Ospitare gli altri vuol dire essere buoni con gli altri, vuol dire trattare l’altro come te. Vuol dire riconoscere l’altro come te, vuol dire abbattere ogni separazione, vuol dire trascendere lo spazio della simpatia, antipatia, lo spazio della simmetria. Lo spazio della simpatia, antipatia può funzionare nell’ambito affettivo ma solo in alcuni momenti. L’essere giusti: questo vuol dire abitare il mondo secondo la logica della ospitalità ospitante. Giustizia, per la Bibbia, è il termine che dice l’abitare il mondo con la logica dell’ospitalità.
Ma poichénel mondo non siamo soltanto due persone, tre persone, siamo 7 miliardi, di qui la giustizia allora si allea con il diritto – l’ordinamento di leggi volte al rispetto e alla difesa della dignità di ogni essere umano – in cui oggettivare la volontà di amore per la pluralità dei prossimi, per l’insieme cioè di tutti gli uomini e le donne del mondo. Come posso amare i padovani? Come posso amare i cinesi? Come posso amare gli africani? Soltanto impegnandomi per uno stile di vita, per istituzioni e perun ordinamento politico, economico e giuridico che favoriscano il più possibilmente l’uguaglianza e l’accesso alle risorse e riducano le differenze tra abbienti e meno abbienti, tra chi ha troppo e chi poco o nulla, ecc. Solo un ordinamento giuridico a servizio della radicale uguaglianza di tutti gli essere umani può essere il segno reale di un mondoospitale. Avete letto che 60 persone del mondo gestiscono più ricchezze di metà del genere umano. Questo è lo scandalo, questo è il segno di un mondo inospitale è un mondo ingiusto, segnato dal peccato. Annunciare un mondo ospitale, voi capite vuol dire fare in modo che tutto questo davvero non ci sia, che ognuno senta lo scandalo di tutto questo.
Mi avvio verso la conclusione osservando che il discorso proposto potrebbe sembrare utopico perché il mondo, dobbiamo dircelo questo, va in un’altra direzione. Ma questa idea all’apparenza utopica è l’unica risposta realistica alla crisi che noi viviamo. Il filosofoEmmanuel Lévinas al quale ha accennato Mino all’inizio, uno dei più grandi pensatori ebreiche ha avuto la famiglia sterminata nei campi di concentramento ha elaborato il concetto di soggettività ospitale, cioè di un io ospitale. E’ chiaro che i problemi del mondo e il problema immane delle migrazioni che ci rende impotenti, silenti e a volte pieni di vergogna (quando pensiamo al Mediterraneo tomba di tanti innocenti) per essere risolti esigono una politicanuova, una economia diversa e un ordinamento giuridico planetario rinnovato ( padre Balducci che voi conoscete, pur riconoscendo che l’ONU, questo organismo delle nazioni e dei popoli non funzionava però dicevache era ed è importante perché additauna meta verso la quale andare e senza la quale non ci sarà salvezza per l’umanità). Ma Lévinas aggiungeva che per arrivare a una politica nuova, ad una economia diversa e a un ordinamento giuridico planetariovincolante si richiedono delle soggettività ospitali, etiche. Ecco allora il discorso biblico sull’ospitalità: per un verso è un discorso che potrebbe sembrare impotente perché fa leva sulla soggettività su ognuno di noi, perché ognuno di noi è chiamato a viversi come cuori ospitali, come coppia ospitale, come famiglia ospitale, come comunità ecclesiale ospitale. L’importante è capire che la soggettività ospitale non è fuga nell’interiorità o nel soggettivismo ma la condizione di possibilità perché il mondo possa davvero cambiare e si possono realizzare una diversa politica, una diversa economia e un ordinamento nuovo geopolitico. Ripeto: il problema migratorio non si risolve con le belle parole, neppure con quelle che ho scambiato io questa sera con voi. Ma è anche vero che se non cambia ognuno di noi singolarmente, se non ci convinciamo noi che siamo davvero tutti uguali, tutti fratelli, il mondo nel suo insieme è impossibile che cambi. E’ questa forse la svolta di Bergoglio , come dice Alberto Melloni, uno dei nostri migliori storici, commentando la sua visita all’isola di Lesbo: un Papa convinto della radicale fratellanza degli esseri umani; una fratellanza che trascende tutte le differenze anche religiose perché i fratelli rimangono fratelli anche se uno crede e l’altro non crede. Ed è con un riferimento alla fraternità che concludo: l’antropologia dell’ospitalità, la politica dell’ospitalità, l’etica dell’ospitalità corrisponde in ultima istanza all’instaurazione di una reale fraternità umana perché, se voi ci pensate, lo spazio dei fratelli è lo spazio dove si ha tutto in comune – perché i fratelli vivono in forza del principio genitoriale – e dove avendo tutto in comune (stessa lingua, stesso seno materno, stesso principio paterno) devono tra di loro accogliersi, cioè ospitarsi . E’ questa la nostra sfida: o noi ci fraternizzeremo accogliendoci e ospitandocioppure, come dice Zieglier, il sociologo che la lavorato per anni all’ONU, noi ci cannibalizzeremo. Questa è la grande sfida che per la Bibbia costituisce il senso vero e proprio dell’umano.
Termino leggendo 10 righescritte dal grande intellettuale ebreo George Steiner“Non si sopravvive se non si impara ad essere ospiti. Siamo ospiti della vita, senza sapere perché siamo nati. Siamo ospiti del pianeta, al quale facciamo cose orribili. E essere ospiti richiede di dare il meglio dovunque si è, pur rimanendo pronti a muoversi per ricominciare, se è necessario. Credo che vivere l’ospitalità in maniera esemplare sia la missione, la funzione, il privilegio e l’arte degli ebrei”.
Io aggiungo che deve essere la missione, la funzione, il privilegio e l’arte di ogni uomo e di ogni donna, cioèdi ogni abitatore del mondo.
Grazie per l’ascolto.