LA DISEGUAGLIANZA CHE CRESCE E MINACCIA PACE E DEMOCRAZIA

di Leonardo Becchetti
in “Avvenire” del 19 gennaio 2016
62 ricchi possiedono quanto metà popolazione mondiale. L’ingiustizia: l’1% ha più del 99% Il nuovo rapporto Oxfam lancia l’allarme sulla crescita delle diseguaglianze mondiali della ricchezza con dati drammatici. Quello forse più impressionante è che basta mettere assieme le fortune dei 62 uomini più ricchi del mondo (nel 2010 ce ne volevano 388) per arrivare alla ricchezza cumulata dei 3,6 miliardi dei cittadini più poveri del pianeta. Il problema sembra dunque aggravarsi invece che ridursi, visto che i primi 62 hanno visto aumentare la propria ricchezza del 44% mentre la metà più povera dei cittadini del pianeta ha visto ridurre la sua del 41%. Questi dati sono la spia di un problema strutturale. Il modello capitalistico altamente finanziarizzato, nell’era della globalizzazione e in presenza di paradisi fiscali aumenta in maniera sproporzionata il potere
contrattuale di pochi nella ripartizione della torta del valore creato. Opportunità di delocalizzazione più finanziarizzazione ed evasione hanno consentito di trovare modi nuovi e sempre più efficienti di estrarre il massimo valore dai lavoratori, stimolando la concorrenza al ribasso, pagandoli il minimo possibile e non restituendone neanche una parte attraverso il fisco. E ciò spiega perché solo l’1% dell’aumento di ricchezza prodotto dopo il 2000 è andato al 50% più povero, mentre la metà dello stesso è stato appannaggio del top 1%. Se c’è un Dio (e chi scrive su questo giornale ovviamente ci crede) deve essere molto arrabbiato con l’umanità. Un po’ come lo sarebbe quel padre che vedesse uno dei suoi figli prendere per sé tutti gli averi di famiglia e non dividerli con gli altri fratelli che sono nel bisogno. Si dice che la diseguaglianza non è un male, perché è un premio e un incentivo al merito. Ma la realtà dei fatti è un’altra e gli studi scientifici indicano che non esiste alcuna possibile corrispondenza col merito che possa spiegare queste sperequazioni. Al contrario lo scandalo del mondo in cui viviamo è che ci sono ancora centinaia di milioni, miliardi di persone in cerca di un’opportunità per soddisfare bisogni primari e accedere a credito, istruzione e realizzare i propri talenti. Eppure ci sono risorse in abbondanza per raggiungere quest’obiettivo. Il comodo alibi all’inerzia dei super-ricchi è la pseudoteoria dello ‘sgocciolamento’. Se i ricchi diventano più ricchi tutti ne beneficiano perché la ricchezza sgocciola a valle. Peccato che, come ha argutamente rilevato di recente il Nobel Joseph Stiglitz, «il denaro che doveva sgocciolare a valle è invece evaporato nel clima caldo e gentile dei paradisi fiscali di qualche isola tropicale». Né vale la scusa che i soldi dati ai poveri sarebbero sperperati. La storia che i ricchi sono più produttivi è una favola. Gli studi sul microcredito documentano esattamente il contrario. Sono i progetti di chi senza garanzie accede per la prima volta al credito ad avere i tassi di rendimento più elevati. Sappiamo oggi abbastanza per avere individuato possibili destinazioni di queste risorse per promuovere pari opportunità e lotta alla povertà con altissimi rendimenti economici, ambientali e sociali. Un euro dei super-ricchi può essere sprecato nel casinò dell’alta finanza contribuendo ad aumentare la volatilità e il rischio di crisi finanziarie o moltiplicarsi per dieci per garantire finanziamenti a progetti di uscita dalla povertà o la capitalizzazione di banche etiche e solidali.
Non ci sono più alibi al nostro egoismo e alla nostra pigrizia. E all’azione delle istituzioni, perché la speranza dei poveri non può essere solo nella benevolenza dei ricchi. Dobbiamo votare col portafoglio per quelle imprese ed intermediari illuminati che perseguono con maggiore lucidità questo ideale. E dobbiamo eleggere rappresentanti che promuovano politiche di creazione di valore economicamente, socialmente ed ambientalmente sostenibile fondate sulla progressività fiscale. Ridurre queste enormi diseguaglianze della ricchezza è l’urgenza di tutti se vogliamo disinnescare le fonti di futuri conflitti. Oxfam indica tra le direttrici di azione più importanti quella di salari minimi mondiali che evitino la corsa al ribasso sui diritti e sulla remunerazione del lavoro, politiche di prezzo sui farmaci che li rendano accessibili ai meno abbienti e una fiscalità progressiva e che redistribuisca equamente gli oneri. Ultimo, ma non meno importante, misure che riducano l’enorme potere politico delle lobby. Come è possibile infatti che in Paesi prevalentemente democratici i 3,6 miliardi non vincano le elezioni contro i 62? Il pericolo maggiore è che i super-ricchi abbiano talmente tanti soldi da poter orientare cultura e politica in
modo tale da convincerci che questo stato di cose è il migliore dei mondi possibili. L’ingiustizia: l’1% ha più del 99
Nel mondo ci sono 62 persone che insieme possiedono 1.760 miliardi di dollari. È una ricchezza pari a quella di 3,6 miliardi di persone, metà della popolazione del pianeta. L’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi è aumentato drammaticamente negli ultimi anni: nel 2010 le persone ricche come metà del mondo erano sei volte di più, 388.
Non solo la ricchezza si concentra, ma cresce per i più ricchi e diminuisce per gli altri. Dal 2010 metà della popolazione ha visto la propria quota ridursi di circa mille miliardi di dollari, in calo cioè del 41%, mentre i ‘famosi’ 62 (tra i quali solo 9 donne) hanno registrato un incremento delle loro fortune di ben 500 miliardi di dollari.
Le cifre della disuguaglianza sono contenute nel nuovo rapporto di Oxfam diffuso alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos, dal quale emerge che le previsioni secondo cui l’1% della popolazione mondiale avrebbe posseduto più del restante 99% entro il 2016 si sono confermate con un anno di anticipo. Per quanto riguarda l’Italia risulta che l’1% più ricco è in possesso del 23,4% della ricchezza nazionale netta: in valori assoluti la cifra è pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero. In virtù
di queste cifre Oxfam Italia chiede, con la campagna ‘Sfida l’ingiustizia’, di intervenire contro l’aumento della disuguaglianza partendo da un primo passo: la messa al bando dei paradisi fiscali. A livello globale gli investimenti offshore dal 2000 al 2014 si sono infatti quadruplicati: oggi si calcola che 7.600 miliardi di dollari di ricchezza di privati individui sia depositato nei paradisi
fiscali. Se sul reddito generato da questa ricchezza venissero pagate le tasse, i governi avrebbero a disposizione 190 miliardi di dollari in più ogni anno. Per capire il peso della disuguaglianza e degli squilibri nel mondo si pensi che il 30% della ricchezza dell’intero continente africano sia depositato su conti offshore per un ammontare di circa 14 miliardi di dollari all’anno in mancate entrate fiscali. Con una tale somma in Africa si potrebbero assicurare servizi sanitari che salverebbero 4 milioni di
bambini ogni anno, e retribuire un numero di insegnanti sufficiente a consentire a tutti i bambini africani di andare a scuola.

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