UNA CRISI DI DEMOCRAZIA
Il Papa ha proposto di leggere l’attuale crisi socio-ambientale del pianeta nella sua unità e complessità, a prestare ascolto e rispondere al grido dei poveri e a quello della terra come ad un unico grido: occorre infatti maturare la consapevolezza che” l’ambiente umano e quello naturale si degradano insieme”. Ha nello stesso tempo invitato ad accogliere tale sfida attraverso un dibattito “onesto e trasparente”, e sviluppando “grandi percorsi di dialogo”, affermando nello stesso tempo che la Chiesa non “definisce le questioni scientifiche” né “si sostituisce alla politica”.
Porsi il problema della risposta a tali indicazioni vuol dire individuare possibili vie e modalità per avviare soluzioni adeguate alla gravità e all’ampiezza della crisi attuale.
Una delle questioni più rilevanti da prendere in considerazione nell’assumere tale sfida è certamente quello della democrazia, intesa come processo di diffusione del potere, della possibilità reale di contare e di esercitare diritti, e nello stesso tempo di maturare la responsabilità della partecipazione alla vita pubblica e contribuire al perseguimento dell’interesse generale.
Il fatto è che non si può separare il dramma terribile degli esclusi e degli “scartati” dagli assetti e dai meccanismi che caratterizzano le Istituzioni di governo e dalle forze e procedure che determinano le volontà politiche che le stesse Istituzioni traducono in scelte ed atti. Non ci può essere lotta alla miseria senza il protagonismo dei poveri, senza quindi un impegno che favorisca e determini percorsi di democratizzazione della vita politica la quale ha bisogno sia di procedure formali e controlli rigorosi che di contenuti sociali rilevanti in un collegamento tale da rendere effettiva la diffusione del potere e la sua regolazione, e così contrastare la sua tendenza alla concentrazione e perpetuazione.
Qual è l’attuale stato di salute della democrazia?
Questo grande valore della modernità (anticipato in esperienze, culture e istituzioni di alcune civiltà classiche) non sembra essere oggetto di attenzione; è diffusa una certa disaffezione, ci sono umori da cui addirittura ne emerge un rifiuto perché considerato modalità inconcludente di affrontare i problemi, fino al punto da essere identificata con la causa prima della corruzione , in un cortocircuito favorito da percezioni fuorvianti legate a tanti fatti di cronaca.
La Democrazia è una questione che non sembra alimentare passione civile e politica.
Senza prendere in considerazione aspetti che riguardano Istituzioni internazionali a cui è demandato il compito di risolvere difficili e delicate questioni che riguardano i rapporti tra gli Stati e la promozione dello sviluppo dei popoli ( ONU ), si può fare un cenno a due elementi, uno con riferimento all’Europa e l’altro al nostro Paese.
La crisi dell’Europa è prima di tutto una crisi di democrazia. Le Istituzioni disegnate dai Trattati mancano addirittura di un fondamento comune agli Stati dell’UE: il principio liberale della divisione dei poteri. Ad esso si accompagna l’assenza di una legittimità democratico-popolare, per cui le competenze normative dei suoi Organi più importanti sembrano troppo estese e lontane dai vissuti reali di tante popolazioni.
Il fondamento di quest’Europa sembra invece essere “ l’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza” (artt.119-120 del TFUE), quindi il principio del liberismo capitalista dell’autoregolazione dei mercati a cui sacrificare i diritti individuali e sociali pur enunciati in altri articoli.
Da qui l’urgenza di cambiare rotta e riprendere il filo di orientamenti ideali, culturali e politici che indicavano la prospettiva di una Europa dei popoli che non può che essere quella di cittadini liberi e uguali, guidata da Istituzioni rappresentative capaci di realizzare coesione sociale e nello stesso tempo di valorizzare e far incontrare le varie culture e le tradizioni in essa presenti.
Con riferimento al nostro Paese è evidente un processo che tende a ridimensionare luoghi e forme della democrazia e a privilegiare la concentrazione dei poteri, in aperto contrasto con una Carta costituzionale che presenta le ragioni e disegna l’architettura di una democrazia partecipativa. Non può non destare preoccupazione un percorso “controriformistico” per il quale la rappresentanza dei Consigli comunali è dimezzata, i cittadini non votano i consiglieri provinciali e non dovranno votare i Senatori della Repubblica, i Deputati della Camera saranno largamente nominati e la maggioranza parlamentare si potrà costituire in modo talmente artificioso ed estraneo alla maggioranza del Paese reale da poterne essere rappresentativa perfino di una esigua minoranza.
Le ragioni della “governabilità” si configurerebbero così lontane dalle ragioni della volontà politica della maggioranza reale tanto da costituire un vulnus inaccettabile e pericoloso per la convivenza civile e democratica del Paese.
Occorre perciò un impegno nuovo e diffuso di tutte le espressioni sociali, culturali e politiche saldamente ancorate al dettato costituzionale, capace di aiutare a far riflettere i cittadini sulle dinamiche politiche in corso e a leggerle criticamente nella logica degli ideali costituzionali; per affrontare i nuovi drammi della povertà, della disoccupazione, soprattutto giovanile, e del degrado ambientale anche del nostro Paese occorre più democrazia, non meno democrazia.