Raniero La Valle è un brillante giornalista, ha diretto importanti quotidiani e riviste ed è autore di pregevoli pubblicazioni; è stato parlamentare della sinistra indipendente in diverse legislature e protagonista di importanti battaglie di emancipazione civile e di progresso sociale. E’ stato ed è un autorevole fautore dei principi e dei dettami della nostra Costituzione e degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Oggi è un entusiasta sostenitore del magistero di Papa Francesco e della sua rivoluzione come emerge dagli interventi e dagli scritti di questo straordinario intellettuale e specialmente dal libro “Chi sono io, Francesco?”. Per la sua storia e le sue testimonianze Raniero La Valle è stato ed è un punto fondamentale di riferimento per quelli che, come noi, si riconoscono pienamente nei principi e nelle direttive della Carta Costituzionale ma che, nel deserto di una politica che si consuma tutta nella gestione del potere fine a se stesso, si sentono senza appartenenze e senza partito. Un progetto, quello costituzionale, rimasto inattuato e oggi mortificato da scelte che lo svuotano e da riforme che lo contraddicono in radice. La Valle è stato ed è anche punto fondamentale di riferimento per quanti guardano al Vangelo come alla stella polare della loro vita ma spesso faticano a sentirsi a proprio agio nella Chiesa pur continuando a considerarsi figli di essa.
Nel citato libro Raniero La Valle dice che Papa Francesco ha il merito di aver riaperto la “questione di Dio” e che per questo piace ad un mondo che credeva di averla archiviata. Un Dio spesso frainteso anche nella Chiesa: una deformazione di immagine che oggi richiede un nuovo annuncio. Un discorso che Raniero La Valle ha ripreso in un suo intervento ad Assisi il 21 agosto scorso per dire che il Dio col quale egli “sta” è il Dio del Concilio, fonte e garanzia della libertà umana, il Dio che sceglie la via della povertà e dell’abnegazione, il Dio insomma della misericordia e dell’amore assoluto e, in quanto tale, “persona” perché solo se si è persona si può amare.
Ma la riapertura della “questione di Dio” comporta necessariamente la riapertura del problema dei problemi: il problema del male che dai tempi di Giobbe fino ai nostri giorni turba tante coscienze. Un problema che è diventato il cavallo di battaglia dell’ateismo militante ma che nella Chiesa, dopo secoli di travagliate discussioni, sembra oggi accantonato o eluso. La riapertura della “questione di Dio” è di centrale importanza perché essa implica, nel pensiero del Papa per come colto da Raniero La Valle nel citato libro, la riapertura della questione della Chiesa affrontata dal Concilio Vaticano II ma poi “impantanata nel gioco delle ermeneutiche”. E implica anche la riapertura della questione del mondo dilaniato dalle scandalose disuguaglianze e dalla cultura dello scarto che produce “rifiuti” e “avanzi”.
In questo quadro si colloca il nostro incontro con Raniero La Valle sul tema “L’economia, la politica e l’ambiente nel pensiero di Papa Francesco”. Nell’enciclica “Laudato si'” il Pontefice parla di “ecologia integrale” e afferma che la crisi sociale e quella ambientale sono fra loro tanto compenetrate da risultare “una sola e complessa crisi socio- ambientale”, due facce insomma della stessa medaglia. Occorre allora un “approccio integrale per contrastare la povertà, per restituire dignità agli esclusi e per prendersi cura della natura”. Parole rinfrancanti per i tanti cittadini che anche a Brindisi si sono opposti e si oppongono a devastanti aggressioni ambientali e ai ricorrenti ricatti occupazionali affermando che il diritto alla salute e quello al lavoro sono parte integrante del fondamentale e più ampio diritto alla vita. Il Papa dice che il suo discorso è in perfetta linea con il pensiero sociale della Chiesa, ma non vi è dubbio che non hanno precedenti la forza e il coraggio, la costanza e la chiarezza con le quali il Pontefice condanna un sistema definito dell’ esclusione e dell’inequità, un’economia che “uccide” e che perciò deve essere incisivamente riformata.
Papa Francesco sta dando un grande contributo alla crescita nel mondo dei movimenti di opinione che contestano in radice questo capitalismo neoliberista e ne chiedono il superamento. Ma non vi è dubbio che gli interventi del Pontefice si muovono sul piano dell’evangelizzazione che include la promozione dei valori umani e la denuncia delle logiche, dei progetti e dei comportamenti che offendono la dignità dell’uomo. Tocca poi a noi tutti lavorare perché questa nuova e diffusa sensibilità, questi aneliti di radicale cambiamento dall’ambito etico e culturale vengano proiettati sul versante politico per dar luogo a organizzate, solidali ed efficaci esperienze di testimonianza e di lotta.
Per quanto riguarda il nostro Paese l’auspicato cambiamento non è certo quello al quale stiamo assistendo che ha lasciato le cose come stavano e in alcuni casi le sta rendendo peggiori di quelle di prima. La vera svolta è quella di dare finalmente attuazione alla Costituzione che non è un libro dei sogni e neppure un gioiello di famiglia fuori moda da tenere riposto in un cassetto per esibirlo in occasione di qualche ricorrenza. La nostra Costituzione, come diceva Calamandrei in un discorso pronunciato nel 1947 all’Assemblea Costituente, esprime il sogno “di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini alleati per debellare il dolore”.
Una Costituzione che fonda la Repubblica sul lavoro e la impegna a rimuovere gli ostacoli che,”limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Uno Statuto portatore quindi di un grande disegno riformatore con obiettivi di uguaglianza e di giustizia riguardati non solo come un orizzonte di valori ma anche ed essenzialmente come un impegno politico concreto da portare avanti col metodo costante della partecipazione democratica in tutti gli ambiti della vita associata.
Progetto di società e strumenti per realizzarlo, scelte e regole, dinamiche e garanzie, fini e mezzi, i secondi sempre in funzione dei primi e questi a quelli organicamente legati da un vitale e inscindibile rapporto. E’ questa la struttura della nostra Costituzione sicché alterando, come si sta facendo, la seconda parte di essa, si intacca necessariamente anche la sua prima parte. Noi non abbiamo allora bisogno di riforme in contrasto con questo grande progetto e, ancor meno, del cosiddetto “Partito della Nazione”. Ciò che occorre invece è un grande e pluralistico “Partito della Costituzione”, un coagulo di forze di diversa ispirazione culturale, un nuovo e questa volta autentico “arco costituzionale” che abbia l’obiettivo di tradurre in programmi politici il disegno e le direttive del nostro Statuto per far coincidere la più piena legalità con la più pacifica e autentica rivoluzione.