La sfida dell’agenda latinoamericana: giustizia di genere, una nuova visione
Cristina Mangia*
“Tutto ciò che si costruisce si può disfare per ricostruirlo di nuovo”. È questo il messaggio principale dell’agenda latinoamericana mondiale “Giustizia di genere – una nuova visione” del 2018 (Curatori:José Maria Vigil e Pedro Casaldáliga; edizione italiana di CasaTerra e Gruppo America Latina – Ass Sant’Angelo Solidale Onlus; promotori: Officina Adista e S.A.L Onlus -Solidarietà con l’America Latina). Ma per ricostruire è necessario essere coscienti che le relazioni di genere sono costruzioni socio-culturali che non si limitano a disegnare i rapporti uomini –donne, ma investono la cultura, la religione, la società, l’economia e la politica tutta. Ed è su questa base che gli autori e le autrici di questi testi tracciano il percorso dell’agenda latinoamericana suddividendolo in tre parti: –vedere/ricordare– giudicare/sognare – agire. Perché se il punto di partenza è “vedere” i dati delle disuguaglianze e raccontare le storie di singole donne e/o di comunità, è solo da un loro “giudizio” che può nascere la possibilità di “nuove visioni” e la quindi la capacità di “agire”. Il tutto sempre nella convinzione che la giustizia di genere non è solo una questione di donne, ma investe le principali sfide sociali e ambientali che il mondo attuale si trova a vivere.
Sebbene lo sguardo degli autori e delle autrici sia posizionato prevalentemente nell’America latina, investe il mondo intero fornendo punti di vista ed analisi sul tema della giustizia di genere a 360 gradi, incluse le religioni presenti e passate.
Vedere/ricordare …dai numeri delle disuguaglianze alla violenza di genere alla revisione del racconto storico
Il primo saggio si focalizza sui dati dell’indice di disuguaglianza di genere a livello mondiale che raccontano di disparità tra uomini e donne in tutti gli ambiti. Secondo le statistiche raccolte da Carolina Abizanda la povertà si distribuisce in modo disuguale tra uomini e donne con un 67% delle donne rispetto al 33% degli uomini, con simili percentuali si presenta il divario dell’analfabetismo a livello mondiale. Solo il 23% della rappresentanza parlamentare è femminile, mentre a livello mondiale solo 17% degli incarichi ministeriali sono assegnati a donne. Numeri altrettanto pesanti riguardano le violenze sulle donne e i femminicidi. Secondo il rapporto dell’Osservatorio di uguaglianza di genere della Commissione economica per l’America latina e i Caraibi (Cepal), nel 2017 almeno 2795 donne sono rimaste vittime di femminicidio in 23 paesi dell’America latina e dei Caraibi. Ma la violenza di genere, sottolinea Nancy Cardoso, ha una funzione specifica che è quella di dover “essere riprodotta, attualizzata, ripetuta in maniera da perpetuare quei modelli patriarcali che sostengono il potere delle minoranze” …“disciplinando le relazioni sociali di potere e sesso”. Una violenza a cui si ricorre quando i meccanismi di sottomissione e persuasione si rivelano impotenti a piegare la volontà delle donne. Ed è solo riconoscendola come conflitto culturale, e non come condizione essenziale della maschilità, che la violenza di genere può essere affrontata e superata. Ma un tale processo di identificazione ha bisogno anche di rileggere la storia delle presenze e delle assenze delle donne in tutti gli ambiti, inclusi quelli religiosi. E così la questione diventa quella della “riscrittura” perché come afferma Ana Maria Bidegain “Il controllo del racconto storico è parte del potere: chi domina cerca di imporre la propria visione del passato e di fare in modo che resti l’unica, affinchè quanto stabilito sia accettato come naturale e non vi sia necessità di cambiarlo”. “Non accettare una storia di disuguaglianze vuol dire non sentire la necessità di cambiare e quindi far proseguire la dominazione maschile”.
Giudicare /sognare. tra ideologia di genere e religione.
“Uno spettro si aggira per il mondo, lo spettro dell’ideologia del genere”. Esordisce così Carmina Navia Velasco nel suo saggio e continua “a partire dagli anni 90 il genere appare all’interno del discorso cattolico come il principio esplicativo di tutte le perversioni del mondo attuale”. Ma il genere, ricordano Carmina Navia Velasco e Selene Zorzi, va oltre il dato biologico dell’essere maschi e femmine, includendo tutti quei condizionamenti sociali e culturali che trasformano maschi e femmine in uomini e donne. O per dirla con le parole di Simone de Beauvoir “Donne non si nasce si diventa”. Condizionamenti e costruzioni sociali ai quali comunque è associata una superiorità maschile. Ma ad essere svalutata dal discorso cattolico è anche la teologia di genere che cerca di fornire una consapevolezza sui “dispositivi di potere, subordinazione, violenza, svalutazione che la maggioranza al potere attua nei confronti di tutto ciò che non corrisponde al modello egemonico (maschile)”. Nelle società patriarcali tutto si confronta su criteri di superiorità e inferiorità, su ranghi sociali, “livelli culturali” e categorie razziali. Da qui nasce secondo David Molineaux, “l’ossessione per il controllo che attribuisce un ruolo centrale all’autorità e all’obbedienza, imposte mediante il dolore e il timore della punizione”. È evidente come una tale prospettiva di critica alla società come si è strutturata non lascia fuori la Chiesa, che di questa struttura è stata una fedele interprete.
Diventa così importante riconoscere il processo di patriarcalizzazione del cristianesimo attraverso una rilettura del vecchio testamento rispetto anche alle aperture di Gesù testimoniate nel Nuovo Testamento. Altrettanto necessaria, secondo Josè Maria Vigil, diventa la storia dell’evoluzione della religiosità che vede il passaggio dalle divinità femminili associate alla terra come le grandi dee madri, fonti di fecondità e di vita, all’affermarsi di divinità maschili con tratti guerrieri, residenti in cielo. E dove “Dio è maschio..” riprende Maria Lopez Vigil “ i maschi si credono dei”. Ed anche se non viene attribuito un sesso a Dio, di fatto in tutte le culture religiose ebraico-cristiana, cattolica, ortodossa o protestante o islamica Dio ha un genere maschile. “Dio è immaginato pensato concepito, pregato cantato, lodato o rifiutato … come un maschio” con le donne sempre meno adatte agli uomini ad interpretare il divino.
E come può questa identificazione culturale millenaria di Dio con la maschilità non aver alcuna influenza sulla struttura della società umana? Ma essendo il genere una costruzione culturale, è naturalmente suscettibile di cambiamento, e allora forse si tratta di “ricostruire il volto di Dio anche al femminile” compito difficile, ma dalle grandi implicazioni sull’etica e sulla spiritualità in generale.
Agire… non solo per le donne
L’ultima tappa dell’agenda latinoamericana si snoda intorno al riconoscimento del “femminismo come etica, teoria critica e azione politica”. Grazie al femminismo è stato possibile riconoscere i fili visibili e invisibili delle reti di potere che parlando a nome del sacro, della morale, della patria, della famiglia impongono alle donne il silenzio e la rassegnazione affinché accettino la posizione subordinata che è stata loro assegnata. Ma il femminismo è anche una lente per rileggere le logiche di dominio in cui confluiscono patriarcato, razzismo, neoliberismo e sfruttamento delle risorse. E così tra le grandi sfide quotidiane individuate nel movimento femminista latinoamericano e caraibico Maria Teresa Blandon Gadea pone quella di “Costruire nuove e radicali nozioni di democrazia e cittadinanza che, partendo dal riconoscimento della diversità dei soggetti, propongano un nuovo contratto sociale in grado di capovolgere l’attuale piramide di potere, che attribuisce alle elite economiche, politiche e militari ogni genere di privilegi” con conseguenze a livello sociale ed ambientale. L’azione radicale diventa quella di mettere in discussione tutti quei poteri oppressivi che, parlando in nome di Dio, della cultura e della tradizione e della legge, riproducono un ordine di genere asimmetrico, gerarchico e violento. La sfida è allora ridisegnare i ruoli di uomini e donne nella sfera pubblica e in quella della cura, alterando le scale di priorità tra produzione e riproduzione che oltre a rimodellare i rapporti tra uomini e donne, possano agire come leva di cambiamenti strutturali nella società intera. Un percorso, quindi, che mentre difende l’emancipazione delle donne prospetta anche la liberazione degli uomini, proponendo un ribaltamento delle scale di valori dell’intera società.
- ricercatrice ambientale, associazione Donne e Scienza