RELIGIONE, POLITICA E “IL POTERE CAPOVOLTO”(1). Riflessioni in margine al libro di Cosimo Posi

Antonio Greco

Una premessa

Da una breve storia dell’uso dell’espressione “teologia politica” risulta che nel cristianesimo si danno due forme principali di questa teologia: la teologia politica settoriale o particolare e la teologia politica globale o fondamentale.

La teologia politica settoriale o particolare

E’ molto antica. Ha una storia lunga e complessa. “Il concetto di “teologia politica” non è moderno e tantomeno nasce con Spinoza, come solitamene si crede; è invece ellenistico-romano, sviluppatosi in un ambiente culturale fra II e I secolo a.C., dal circolo del filosofo Aezio, al giurista Q.M. Scevola, all’erudito e antiquario M.T. Varrone” (cfr. il bellissimo testo di A. Schiavone, Ponzio Pilato, un enigma tra storia e memoria, Einaudi, 2016).

Gli storici moderni sottolineano per il passato della teologia politica l’intreccio e la fusione, in una sola macchina, di teologia e politica: la “teopolitica” (o teocrazia) che consentiva al potere umano solo di esistere in forme subalterne. Ciascuno dei due termini produceva i suoi effetti sull’altro trasformandone il significato e la portata.

Agli inizi dell’epoca moderna l’espressione assume un nuovo significato: essa passa a designare quel settore della teologia che esplora i fondamenti biblici del potere dello stato oppure della chiesa. E questo fino al Vaticano II.

La teologia politica globale o fondamentale

Dalla “Gaudium et Spes” in poi l’espressione “teologia politica” ha acquistato un significato nuovo e molto più ricco di quello tradizionale. Essa non designa più semplicemente l’indagine settoriale di una determinata attività umana, quella politica (al pari di altre attività, come l’economia, il diritto, il sociale, l’affettività, ecc.), ma una riflessione globale sulla fede, di cui si cerca di chiarire le implicanze politiche, cioè l’orizzonte pubblico e sociale da dare alla concezione cristiana della vita. Secondo Metz la teologia politica fondamentale “è l’impegno critico verso la tendenza alla privatizzazione ad oltranza, presente nella teologia anche recente; e il tentativo di formulazione del messaggio escatologico nell’ambito della società attuale” (Metz, La teologia del rinnovamento, Assisi, 1969, pag.267).

La riflessione teologica contemporanea, sia cattolica che protestante, ha prodotto interessanti ricerche su fede e politica in questa chiave fondamentale o globale, non più settoriale o particolare. Mi limito a citare soltanto qualche nome di autorevoli teologi cattolici e protestanti: Congar, Thils, Maritain, Dawson, Barth, Tillich, Brunner, Cox, Moltmann, Metz e Gutierrez. Né è possibile ricordare tutte le forme di teologia politica globale. Basta ricordare:

La teologia politica critica (Metz) e la teologia politica della liberazione (Gutierrez)

Secondo il tedesco Metz il messaggio cristiano è ininfluente nella società moderna perché è stato privatizzato e ha ridotto la pratica della fede alla decisione privata dell’individuo, staccato dal mondo. La privatizzazione del messaggio cristiano, anche se sostenuta dalla visione tradizionale-medioevale del cristianesimo, è contraria alla prospettiva biblica. In tale prospettiva Gesù non figura come un personaggio privato, né la salvezza che è venuto a portare è una salvezza privata: “La proclamazione di questa salvezza ha trascinato Gesù in un conflitto mortale con i poteri pubblici del suo tempo. La sua croce viene innalzata non nel “privatissimum” dello spazio individuale e nemmeno nel ”sanctissimum” dello spazio unicamente religioso; ma al di là delle barriere protettrici del privato e fuori del recinto del puro religioso…” (cfr. Metz, op.cit., 272). Secondo Metz il carattere eminentemente pubblico e sociale della rivelazione deve trovare inveramento nella riflessione teologica e nella prassi ecclesiale dei nostri giorni. Più ancora che dei teologi e dei singoli cristiani, l’azione politica è compito della chiesa tutta intera. La chiesa, sempre secondo Metz, è presente nel mondo e nella storia come “istituzione critica” grazie alla “riserva escatologica”. Non svolge quindi un’azione politica come azione positiva e diretta ma soltanto come azione critica e indiretta. Grazie alla sua riserva escatologica essa può giudicare, valutare, criticare i sistemi politici attualmente in vigore e i loro relativi progetti futuri.

Il teologo sud-americano Gutierrez, invece, con la teologia della liberazione cerca una risposta all’interrogativo: “Che rapporto intercorre fra la salvezza e il processo storico della liberazione dell’uomo?” (G. Gutierrez, La teologia della liberazione, Brescia, Queriniana,1972, pag. 52).

Non lo soddisfa la risposta classica della distinzione dei due piani (naturale e soprannaturale, grazia e natura, chiesa e mondo); né lo soddisfa quella proposta da alcuni teologi radicali della identificazione dei due piani. A suo giudizio i due piani (umano e divino, salvifico e secolare, ecclesiale e mondano, cielo e terra) si compenetreranno intimamente, così da fare una sola cosa, tuttavia senza identificarsi. Perciò “lottare contro una situazione di miseria e di sfruttamento e costruire una società giusta, è già inserirsi nel movimento di salvezza, in cammino verso il suo pieno compimento” (Ivi, 161). L’esame specifico della situazione socio-politica dell’America latina porta Gutierrez a concludere che l’attuazione del messaggio di salvezza di cui è latore il cristianesimo è possibile soltanto scuotendo i poteri politici vigenti e fondando un ordine nuovo.

Compiti della teologia politica fondamentale

Se non esclude l’azione contemplativa del messaggio cristiano, se non si limita a fornire delle ricette ma cerca una rinnovata intelligenza del cristianesimo in funzione delle nuove questioni suscitate dal cambiamento del mondo, la teologia politica fondamentale ha due compiti fondamentali: l’uno critico e l’altro costruttivo. Quello critico si sviluppa verso due direzioni: una verso l’interno della chiesa, verso il suo modello organizzativo e verso il suo potere di pressione sulle coscienze, e una verso la società civile, le sue strutture sociali economiche e politiche, mostrandone alcune volte il carattere oppressivo e altre volte il carattere utopistico.

Il potere capovolto

Cosimo Posi è l’autore di un breve testo dal titolo: “Il potere capovolto” e dal sottotitolo: “La politica nella Bibbia e nella Chiesa” (ed. Messaggero Padova 2016).

Questo testo di Posi in quale delle due teologie politiche sopra descritte, sinteticamente, è collocabile?

Non nella teologia politica globale e fondamentale ma certamente in quella classica settoriale. E’ diviso in tre parti: All’ombra di Dio (La politica nell’A.T.); Il paradosso della croce (Dal domino al servizio); Come lievito nella pasta (La chiesa e la politica).

E’ difficile definire il lavoro di Posi come testo di ricerca religiosa scientifica. E, forse, non era questa l’intenzione dell’autore. La ricerca oggi nella chiesa italiana appare sempre più merce rara. Posi, però, avrebbe potuto tentare l’approccio scientifico della ricerca e addentrarsi nella teologia politica fondamentale. I mezzi non gli mancano. Il suo testo, invece, appare un breve manuale didattico-pastorale per Istituti di Scienze religiose, in due dei quali l’autore insegna.

Scritto in forma piana e accessibile, sono del tutto accettabili e condivisibili le affermazioni di pag. 92 (il disimpegno socio-pastorale: piaga della Chiesa), di pag. 101 (il cristianesimo si guasta quando diventa una specie di galateo sacro) e di pag. 115 (tutti i valori sono non negoziabili e non solo quelli etici). Ma nulla di nuovo. Queste “ricadute” bibliche (ed altre) che Posi propone si riallacciano a vecchi problemi, tanto dibattuti tra i cattolici italiani negli anni 1970-1990 del secolo scorso: la scelta religiosa dell’A.C., la cultura della presenza o della mediazione, l’enfasi del bene comune e della partecipazione, la distinzione tra agire da cristiani o in quanto cristiani in politica, l’unità politica dei cattolici e la sua fine ecc.. Con qualche aggiornamento nell’esegesi biblica.

Sul metodo esegetico

A proposito di esegesi, il testo di Posi nel capitolo II, a pag. 84, tenta di spiegare “l’inequivocabile assioma ‘non c’è autorità se non da Dio’”, di Paolo nella Lettera ai Romani 13, che crea non pochi problemi al rapporto tra fede e potere, con la motivazione che quella pagina costituisce una pagina inculturata” (pag. 84). Nella prima parte sempre del II Capitolo (pagg.51-81), invece, esamina le tentazioni di Gesù nel deserto, il discorso della montagna, alcuni brani dei vangeli in cui si fa la ricognizione di una comunità cristiana alternativa alla violenza e al dominio, la natura antiidolatrica del tributo a Cesare, e, infine, il processo farsa e la condanna a morte di Gesù, dando per scontato che ciò che emerge da queste pagine circa il rapporto di Gesù con la politica e il potere appartenga al Gesù storico e non vi sia in esse alcuna inculturazione.

Ormai è dato acquisito dagli esegeti che il Gesù della storia sbiadisce rispetto al Gesù predicato e creduto dai Vangeli. Questo slittamento rende molto difficile il lavoro di chi cerca il vero Gesù e quello che Lui ha storicamente detto. La sua verità sta più nella potenza millenaria dei Vangeli che nella riscontrabilità oggettiva del loro racconto. E questo vale anche per capire come Gesù si è posto nei confronti del potere.

Più che dai tanti brani evangelici esaminati da Posi, la teologia politica dell’Occidente, secondo A. Schiavone, nasce solo dalla crocifissione e morte di Gesù: “la morte di Gesù ci viene incontro, nello specchio di tutti e quattro i Vangeli, come il culmine della sua predicazione e della sua testimonianza. Non è un trauma che interrompe un cammino, ma un avvenimento che lo compie e lo perfeziona e lo proietta verso l’eterno (…) E soprattutto in quell’evento – e nei momenti che lo preparano – si stabilisce il nucleo genetico della teologia politica dell’Occidente, su cui poi avrebbero cominciato a lavorare Paolo ed Agostino. E’ da quella morte, insomma, che comincia davvero il cristianesimo” (op. cit., pag. 8).

Infine, convince poco l’uso di due termini “potere e politica” nel titolo (Il potere capovolto) e nel sottotitolo (la politica nella Bibbia e nella Chiesa), come se fossero sinonimi. In realtà non sono sinonimi: la Bibbia conosce solo il termine exousìa e si trova usato, per indicare diversi poteri ben 95 volte. Convincono poco anche l’attenzione quasi esclusiva all’impegno politico dei singoli cristiani e i fugaci accenni critici al potere ecclesiastico. Deludono poi il mescolamento di citazioni di autori diversi tra loro sia nella visione che nella prassi politica (per es. Don Sturzo, Mounier e Sorge).

Non sono questi, però gli elementi che rendono la teologia politica di Posi superata. Il suo testo è lo specchio di una teologia politica settoriale, in vigore da anni nella chiesa italiana, superata sia dai suoi fallimenti e sia dalle nuove esigenze storiche di fronte alle quali appare impreparata.

I fallimenti

Sulla vita politica italiana da anni chiesa e quasi tutti i teologi auspicano la riscoperta di una concezione della politica come servizio per il bene comune: assistiamo invece al trionfo della politica come arte della corruzione. Da anni vagheggiano la rinascita di una forte coscienza civica: è sotto gli occhi di tutti un degrado civile che non ha precedenti nella storia repubblicana. Da anni sfornano documenti e auspici: ma non sono creduti perché senza la rinuncia ai privilegi concordatari il messaggio cristiano della chiesa italiana non sarà mai credibile e sarà percepito sempre come astorico, astratto e indeterminato.

Le nuove esigenze storiche

Rispetto a qualche anno fa sta diventando, lentamente, percezione comune il fatto che il vero nemico, il verme che sta corrompendo tutto il mondo è l’ingiusta ripartizione delle ricchezze del pianeta, l’assurdo, osceno squilibrio di una umanità divisa tra pochi ricchi e una sterminata moltitudine di poveri. La nostra economia uccide e occorre perseguire la giustizia, che non consiste solo in una equa distribuzione delle risorse ma passa attraverso un mutamento radicale di valori e stili di vita, nel rispetto dell’ambiente e di una ecologia integrale.

Questa Europa «stanca e invecchiata», quest’Italia minata da una pervasiva dissoluzione del legame sociale, insidiata da un dilagante individualismo autoreferenziale e governata dalla religione globale del denaro (fenomeno decisivo per comprenderne le dinamiche), questa Chiesa Italiana “stordita” dal magistero e dallo stile di vita di Papa Francesco, si trovano da alcuni decenni alle prese con il complesso fenomeno migratorio e con l’Islam e la diversa concezione del rapporto tra fede e politica da questo praticato.

Islam “è un termine, questo, rispetto al quale nessun europeo si sente ormai estraneo e intorno al quale si accendono discussioni pubbliche che spesso assumono toni scomposti, persino violenti. E tratti molto superficiali. In questo passaggio d’epoca urgono riflessioni pensate e pacate, conoscenze storiche e religiose corrette, analisi accurate, capacità di visione, cuore saldo nella compassione (indispensabile affinché ogni comunità umana resti “comunità” e “umana”): un lavoro non frettoloso, che si mostri in grado di far fronte con intelligenza e sensibilità ai molti mutamenti in atto e agli interrogativi che si levano nella società europea” (F. Cardini, in “La Stampa-Vatican Insider” del 3 gennaio 2017).

E’ di moda tra cattolici italiani più sensibili e scontenti del loro vivere da cattolici in questa società dirsi la necessità (bergogliana) di: “Una Chiesa in uscita”. Ma non si capisce in uscita da che! Più comunemente si aggiunge: …dalle sacrestie! Ma basta? E se aggiungessimo, invece: “in uscita dal paradigma medioevale? O anche, in modo più concreto: in uscita dal potere e dal privilegio concordatario? O ancora: in uscita da una teologia astratta, verbalista e astorica?

Più che questa mia recensione, la lettura dei tre discorsi che Papa Francesco ha fatto ai movimenti popolari mondiali (28/10/2014; 10/7/2015-in Bolivia- e 5/12/2016) fa capire quanto la Chiesa italiana e alcuni suoi teologi sono lontani dal modo di pensare un evangelico, politico e concreto “potere capovolto”.

(1) Cosimo Posi è l’autore di un breve testo dal titolo: “Il potere capovolto” e dal sottotitolo: “La politica nella Bibbia e nella Chiesa” (ed. Messaggero Padova 2016).

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