UN DIBATTITO ANACRONISTICO: LE DONNE POSSONO PREDICARE?

di David Gibson

in “ncronline,org” del 2 marzo 2016 (traduzione: http://www.finesettimana.org)

Alcuni articoli sul giornale semi-ufficiale del Vaticano sollecitano la Chiesa cattolica a permettere alle donne di predicare dal pulpito durante la messa, un ruolo che è stato riservato quasi esclusivamente al presbiterato – che è solo maschile – per quasi 800 anni. “Il tema è delicato, ma ritengo sia urgente affrontarlo” ha scritto nel suo articolo sull’Osservatore Romano Enzo Bianchi, a capo di una comunità religiosa ecumenica nel nord dell’Italia e conosciuto commentatore cattolico.

“Certamente per i fedeli laici in generale, ma soprattutto per le donne, ciò costituirebbe infatti un mutamento fondamentale nella forma di partecipazione alla vita ecclesiale”, scrive Bianchi, che ha definito questa riforma un “percorso decisivo” per rispondere ai richiami diffusi – anche da papa Francesco – per trovare i modi di dare alle donne un ruolo maggiore nella Chiesa.

Anche due suore hanno contribuito con i loro articoli nella sezione speciale di marzo dell’Osservatore Romano, sezione dedicata alle donne e chiamata “Donne-Chiesa-Mondo”. Nel suo intervento, Suor Catherine Aubin, una domenicana francese che insegna teologia in una università pontificia a Roma, fa notare che Gesù incoraggiava le donne a predicare il suo messaggio di salvezza, e che nel corso della storia della Chiesa ci sono state molte donne straordinarie evangeliste. Anche oggi vi sono donne che guidano ritiri e che predicano di fatto in altri modi, afferma. “Poniamoci sinceramente una domanda allora”, scrive Aubin, “Perché le donne non possono predicare davanti a tutti durante la celebrazione della messa?” Un’altra domenicana, Suor Madeleine Fredell, svedese, ha scritto: “Predicare è la mia vocazione come domenicana, e sebbene possa farlo quasi ovunque, talvolta perfino nella chiesa luterana, sono convinta che ascoltare la voce delle donne al momento dell’omelia arricchirebbe il nostro culto cattolico”. Se un simile cambiamento ci fosse, sarebbe un mutamento contrastato. Nei primi tredici secoli, nel movimento verso il consolidamento del potere ecclesiastico nel papato e nel clero, papa Gregorio IX effettivamente proibì ai laici – cioè ai non ordinati, sia donne che uomini – di predicare, specialmente su temi teologici o dottrinali che erano considerati temi riservati al clero istruito. Furono poi ammesse eccezioni occasionali, ma si dovette arrivare fino all’inizio degli anni 70 del secolo scorso per trovare accenni a riconsiderare il divieto, incoraggiati dalle richieste crescenti che anche le donne – e tutti i laici – assumessero maggiori ruoli e responsabilità nella Chiesa. Nel suo articolo, Bianchi nota che nel 1973 il Vaticano diede ai vescovi tedeschi l’autorizzazione a permettere a dei laici, molti dei quali donne, a predicare con uno speciale permesso per un periodo sperimentale di otto anni. Ma l’elezione di San Giovanni Paolo II, un papa conservatore sul piano dottrinale, nel 1978 fu l’inizio di un periodo di divieti più severi. Il Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983 da Giovanni Paolo II stabiliva che l’omelia “è riservata a un prete o a un diacono” (c. 767) perché è parte integrante della messa e deve essere fatta da un maschio ordinato che agisce “in persona Christi”. Poi nel 1997 un documento Vaticano supportato da otto diversi uffici della Curia Romana cercò di rafforzare ulteriormente il divieto della predicazione di laici; esso avvertiva inoltre i vescovi che non potevano permettere alcuna eccezione. Tuttavia, nello stesso periodo in cui il Vaticano rafforzava la distinzione tra laici e clero, i laici – molti di loro donne – svolgevano un ruolo più visibile nella messa come lettori e ministri dell’eucaristia. Le ragazze erano ammesse come chierichette, una pratica molto diffusa.

Quei cambiamenti hanno portato diversi conservatori a condannare la “femminizzazione della Chiesa cattolica, e qualsiasi proposta seria di permettere alle donne di predicare aumenterebbe certamente la loro preoccupazione. L’argomento a favore del cambiamento è che non si tratta di “modernizzare” la Chiesa, ma piuttosto di tornare alla tradizione dei primi mille anni di cristianesimo, quando, come Bianchi e gli altri interventi fanno notare, alle donne era regolarmente dato il permesso di predicare, e spesso lo facevano di fronte a preti, vescovi e perfino al papa.

Maria Maddalena, infatti, era conosciuta come “apostola degli apostoli”, perché i Vangeli raccontano come Gesù apparisse a lei per prima la mattina di Pasqua, e mandasse lei a comunicare la notizia della resurrezione – elemento fondamentale della fede cristiana – ai seguaci maschi di Gesù. Allora, che cosa farà Francesco? Il pontefice ha ripetutamente invitato a far sì che le donne abbiano un ruolo più attivo nella Chiesa, ma ha anche ribadito il divieto di ordinare donne al presbiterato e ha messo in guardia dalla “clericalizzazione” delle donne nel tentativo di farne dei cardinali o di focalizzarsi sulla loro promozione a incarichi superiori nella Chiesa. Ma che il giornale del Vaticano dedichi tanto spazio al problema della predicazione delle donne è interessante, ha detto Massimo Faggioli, storico della Chiesa presso l’Università St. Thomas nel Minnesota. “Penso che sia un grande segnale”, ha detto.

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