“L’UMANITA’ DI DIO”

“Non è mai stato facile parlare di Dio con precisione. E cosa più difficile, senza dubbio, è farlo nei tempi che corrono”. L’incipit del libro del teologo spagnolo José Maria Castillo preannuncia il difficile compito che si propone col suo piccolo ma denso saggio comparso per i tipi italiani di La meridiana nel 2014.

“Il trascendente che è veramente tale nella misura in cui è ‘al di là’ o ‘fuori dei’ limiti del campo immanente della nostra capacità di conoscenza, fin da quando entra nell’ambito della nostra immanenza e quindi si rende accessibile alla nostra coscienza, fin da questo momento il Trascendente degenera in “oggetto” o si converte in “cosa””.

Da qui le immagini di Dio costruite nel corso del cristianesimo a cominciare da quella del “Dio Pantocratore” inserito nel segno niceno per esigenze imperiali.

L’autore critica la costruzione di un “Tu” con attributi proiettati o dalle nostre paure o dalle nostre aspirazioni di potere e di dominio. In questo continuo tentativo di “oggettivare” il Trascendente e nel sorgere di figure che si pongono come detentrici e mediatrici tra il popolo e il Trascendete hanno trovato posto nei secoli le ragioni della violenza e, soprattutto nei tempi attuali, le difficoltà dell’uomo moderno a credere ad un Dio così proposto.

“Il centro del cristianesimo non è Dio ma Gesù” e su questa affermazione si analizza nel libro l’oscillazione tra la divinità ed umanità del Cristo come sono state diversamente valorizzate nei secoli, al punto da contenere al minimo le conseguenze dirompenti della Incarnazione sul modo di concepire la fede . I vangeli sarebbero stati travisati e la risposta di Gesù a Filippo che gli chiedeva di mostrargli il Padre (Gv 14,9) è stata a lungo sottovalutata nelle sue implicazioni sul modo di intendere il Dio di Gesù Cristo e sulla sua profonda diversità da quello delle religioni.

“E’ evidente poi – scrive Castillo – che nelle prime comunità cristiane c’era una convinzione fortissima che i comportamenti umani degli uni verso gli altri sono in definitiva quelli che abbiamo con Gesù e in ultima analisi con Dio. Si tratta della problematica più radicale che si può porre nell’ambito delle convinzioni religiose: ciò che si fa a ogni essere umano, anche il più piccolo, il più insignificante, il più indegno, è a Dio stesso che si fa”. Il testo del Vangelo in cui questa convinzione si esprime con maggior chiarezza è la “descrizione del giudizio” (Mt 25,31-46) in cui si “presenta un altro modo di intendere e di vivere la religione” al punto che tra i “salvati” ci possono essere anche quanti non hanno nessuna fede religiosa. “Nei vangeli la fede si mette in relazione con comportamenti legati alla salute ed alla dignità delle persone che soffrono a causa di malattie, di esclusione sociale o a causa di carenze legate all’alimentazione o alle ingiustizie che soffrono i più deboli”. Per cui la religione non è più adesione a dottrine o pratiche, ma “tutto si concentra su una persona, su Gesù, sulla sua maniera di vivere, sulla sua attività, sulle sue scelte, sui suoi erga, le ‘opere di Gesù’”

Castillo arriva quindi a definire “il cristianesimo come movimento non religioso” e d’ora innanzi “avrà ragion d’essere e futuro la teologia che sia in grado di fornire un significato alla vita. E così rafforzare la miglior risposta che possiamo dare alle nostre aspirazioni di umanità”

(Josè Maria Castillo, L’umanità di Dio, edizioni La Meridiana, 2014)

audio della presentazione con l’autore a Scampia il 21.2.2015 presso il centro Hurtado

http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/parola/Incontri_1426537912.htm

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3 Replies to ““L’UMANITA’ DI DIO””

  1. Il Cristianesimo come movimento non-religioso… è stupendo, solo che è importante vedere come si può affrontare il dialogo interreligioso a partire da questo modello, Essere un “movimento non-religioso” non può significare mettersi al di sopra di ogni religione invece di valorizzarne gli aspetti positivi, e tanto meno distruggere la dimensione culturale della fede. Non è questo la religione? Se la nostra fede deve esprimersi in modo comunitario allora ha bisogno di esprimersi mediante una cultura condivisa da un popolo e quindi la religione. Forse ciò che bisogna negare non è la religione sic et simpliciter ma gli aspetti oppressivi della stessa…. Per esempio uno di questi aspetti potrebbe essere nel cattolicesimo il Messale Romano come unico modo di celebrare l’eucarestia in tutto il mondo (eccetto le chiese di rito orientale).

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    1. Il cristianesimo come movimento “non religioso” è la “più ragionevole” conclusione del testo di Castillo (L’umanità di Dio, ed. La meridiana, 2014): “Dio in Gesù non si è incarnato nel sacro e nemmeno nel religioso. Dio in Gesù si è incarnato nell’umano” (pag.99) e nell’in-umano.
      Ettore Marangi sembra ironizzare su questo modello di cristianesimo perché con un simile modello la fede cristiana perderebbe la sua dimensione culturale e non si giustificherebbe più un dialogo alla pari fra le religioni. “Forse ciò che bisogna negare non è la religione sic et simpliciter ma gli aspetti oppressivi della stessa…” e, per chiarire, esemplifica come elemento oppressivo della religione cattolica non il dato dei diritti umani negati nella istituzione ecclesiastica o la distanza della religione cattolica dai problemi umani e della nostra drammatica storia, ma il Messale romano… (sic!)
      Se è innegabile che le religioni hanno avuto un’influenza positiva su tante persone, è altrettanto evidente che nella storia esse hanno diviso gli uomini, creato scontri, generato violenza, infamia e in non pochi casi hanno persino provocato (e continuano a provocare) morte.
      E se non si possono nascondere i conflitti, le persecuzioni, le condanne e le sofferenze provocate storicamente dal cristianesimo, chi può affermare, con onestà, che il Gesù dei Vangeli abbia voluto fondare una religione simile a quella che si è strutturata nel tempo?
      Inoltre, se è innegabile che le religioni hanno avuto sempre un ruolo decisivo per definire l’identità di un popolo e della sua cultura, per mantenere l’ordine pubblico e rafforzare la coesione sociale, è altrettanto innegabile che esse per raggiungere tali finalità hanno dovuto sempre avere bisogno di un modello religioso che presentasse un Dio potente ed esigente, capace di sottomettere la popolazione con minor costo e con maggiore efficacia di quanta possano esercitare sulla gente tutte le polizie del mondo.
      Ma se, soprattutto oggi, nessuno più tollera i poteri assoluti o le loro imitazioni più o meno camuffate, non appare ancora di più un non senso la presenza di una religione che, in nome di un dio potente e onnipotente, si impegni a rafforzare tali poteri, a legittimarli o a sostenerli?
      Chi può affermare, con onestà, che il Gesù dei Vangeli abbia voluto fondare una religione basata su un Dio Pantokratore, potente e onnipotente, immagine della signoria e del potere assoluto dell’imperatore? La vera novità del Gesù terreno non è stata quella di non aver voluto fondare né una religione né correggere quella che aveva conosciuto e vissuto nel suo popolo?
      Eppure, più di venti secoli fa, in una cultura (e non solo in quella ebraica, ma anche in quella egiziana, greca e romana) nella quale la condizione di supremazia assoluta dell’imperatore era la stessa della condizione celestiale degli dei, doveva essere quasi impossibile comprendere e vivere un cristianesimo “non religioso”. Ma fino a Costantino il cristianesimo come movimento “non religioso” è stata una realtà. Poi…
      “Josè Castillo per amore della verità, di Dio, del Cristo, della Chiesa, (…) vuole togliere quegli stracci che hanno deformato (il cristianesimo), fino al punto da trasformare il Padre tenero di Gesù in un inflessibile e sanguinario restauratore della legge, e lo stesso maestro di Nazareth, amico degli sconfitti e degli emarginati, in un Pantokratore che giustifica il cesaropapismo di imperatori e pontefici” (F. Scalia, dalla prefazione).
      Ma per Marangi questo paradigma di un cristianesimo “non religioso” ostacola il dialogo interreligioso? Penso proprio di no, anzi!
      Il modello di un cristianesimo che si è fatto “religione”, che ha il suo centro e la sua realizzazione in osservanze rituali, in pratiche sacre degli altare e dei templi, in dogmi e verità fisse e immutabili, ha finora prodotto solo divisione e scontri e il pur cercato dialogo interreligioso è finito in un percorso senza sbocchi e senza concrete vie d’uscita, anche quando è stato fatto con rispetto reciproco e alla pari.
      Il modello di un cristianesimo come movimento “non religioso” afferma, invece, con certezza che Gesù è patrimonio di tutta l’umanità. Non è proprietà del cristianesimo né appartiene esclusivamente ad una delle chiese che a lui si richiamano. Inoltre, se l’aspetto particolare e specifico di Gesù non è la religione ma la realizzazione piena di ciò che è più profondamente umano, qualunque sia la soluzione che ogni uomo possa dare al problema religioso (ateo, induista, musulmano…ecc.), quello che nessuno può eludere è il problema centrale che ci riguarda tutti: “il problema della responsabilità etica che ci umanizza, ci libera dalla nostra disumanizzazzione e rende possibile un mondo più giusto, più umano, più abitabile” (pag. 103). Ed è ciò che ha voluto, che ha predicato e chiesto ai suoi discepoli Gesù di Nazareth.
      Se il dialogo interreligioso non avesse questo fondamento e questo obiettivo sarebbe semplicemente confronto di verità astratte, di culture, tradizioni, convinzioni religiose tendenti, in modo più o meno evidente, a voler far prevalere ora l’una ora l’altra.
      Francesco-Bergoglio, prima vescovo di Roma e poi papa, il 25 gennaio 2015, nell’omelia a conclusione dell’ottava di preghiere per l’unità dei cristiani, ha affermato: «L’unità dei cristiani non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni». Con una certa ironia ha aggiunto: «Verrà il figlio dell’uomo e ci troverà ancora nelle discussioni».
      Le resistenze più serie (spesso non dette) al modello di cristianesimo “non religioso” non sono le obiezioni indicate da Marangi. In questo paradigma, a cui “basta il Vangelo”, franano i pilastri fondamentali dell’attuale “sistema istituzionale cattolico” nella sua canonizzata organizzazione. E, cosa ancora più evidente, le istituzioni religiose, cattoliche e non, che fanno riferimento all’autorità di Gesù Cristo non possono invocare più un presunto potere religioso derivato da Gesù in virtù del quale possono condizionare le coscienze, la vita delle persone e persino la laicità delle istituzioni pubbliche.
      E senza “religione cristiana” sarebbe la fine, soprattutto per i tanti teologi integrati!
      Antonio Greco

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