L’ORA DI RELIGIONE

Ce ne siamo occupati già qualche anno fa, alla vigilia di un accordo tra il Governo italiano e la CEI, sul riconoscimento dei titoli di studio rilasciati dalle Università Pontificie e dagli Istituti di Scienze Religiose nelle Università italiane ( CONCORDATO E TITOLI DI STUDIO ). Qualche giorno fa il Governo Italiano e la CEI hanno dato il via libera ad un concorso che ha lo scopo di immettere in ruolo nel 30% di posti vacanti gli insegnati di religione che sono precari, cioè che ogni anno attendono la riconferma dagli uffici scolastici delle diocesi. Il presidente della CEI Zuppi ha dichiarato che “è giusto dare loro maggiore stabilità e sicurezza“. Per il Ministro dell’Istruzione Valditara, da parte sua, “l’insegnamento della religione è un’occasione di confronto e di dialogo sui principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino. È anche l’occasione per andare alle radici della nostra civiltà imparando a conoscere il messaggio cristiano. Approfondire questi temi significa fornire agli studenti gli strumenti per conoscere alcuni aspetti imprescindibili della nostra storia. Grazie a docenti motivati e competenti sarà possibile creare sempre più momenti di approfondimento e di arricchimento culturale”. Che sia bene conoscere il messaggio cristiano non vi è dubbio, così come gli altri messaggi religiosi, ma che debbano essere docenti scelti esclusivamente dai vescovi delle singole diocesi, a quasi un secolo dal Concordato, risulta difficile da comprendere. Sentirlo affermare poi da un ministro dell’istruzione, che della qualità degli insegnamenti statali è il garante, lascia molto perplessi.

Ora, la quetione dovrebbe interessare molto i cittadini cattolici, giacchè tanto magistero è stato scritto sulla laicità dello Stato, e loro ne dovrebbero essere i garanti attraverso l’azione politica. Invece pare che chi mette in discussione l’istituto dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) viene considerato un nemico del cristianesimo e della chiesa cattolica perchè non vorrebbe che si insegni nelle scuole la dottrina. Per cui alla fine chi rimane ad occuparsi dell’adesione all’IRC sono gli atei ed agnostici organizzati come in questa indagine pubblicata dall’UAAR che descrive la progressiva riduzione dell’adesione all’IRC negli ultimi decenni, più al Nord che al Sud.

Anche riflettere su questi dati sarebbe interessante: al Sud ci sono forse più adesioni alla fede cattolica? I dati sulla frequenza della messa domenicale sembrerebbero dire di sì anche se rimane grande il divario tra l’adesione all’IRC e la frequenza domenicale. Oppure ci sono altri elementi sociologici per cui al Sud la rinuncia all’IRC verrebbe considerata una specie di “apostasia” in una società tutto sommato largamente confidente nella Chiesa Cattolica?

In ogni caso anche i cattolici organizzati in associazioni e movimenti non parlano mai di questo istituto anacronistico. Cittadini cattolici dovrebbero essere interessati alla laicità dello Stato ed al fatto quindi, che le religioni rientrino a far parte dell’insegnamento garantito dallo Stato con approcci non confessionali. L’unico aspetto buono del concorso sarà quello di affrancare gli insegnanti che entreranno in ruolo dalla totale dipendenza dal vescovo diocesano, nel senso che se mai per ragioni imponderabili dovesse essere loro ritirato il nulla osta all’insegnamento, resterebbero comunque dipendenti del ministero della istruzione, non perderebbero cioè il reddito!

Il link all’indagine permette di vedere che in Puglia le rinunce all’IRC vanno dal 2,6% della provincia di Brindisi, 2,0% di Andria-Barletta-Trani, 3.7% di Foggia, 3,8% di Lecce, 3,11 di Taranto al 4,5% di Bari. Nelle grandi città del nord si raggiungono punte comprese tra il 25% e oltre il 30%. Sarebbe bene forse aprire una franca riflessione su questo secolare istituto prima che l’onda lunga del NO travolga anche il Sud.

I NO all’IRC per provincia

2 Replies to “L’ORA DI RELIGIONE”

  1. e speriamo che questa onda lunga arrivi anche al sud…55 anni fa, in prima ginnasio, rinunciai ufficialmente a fare lora di religione, perché a 15 anni mi definivo atea e condividevo il detto “religione oppio dei popoli” ma in Italia la chiesa ha ancora un notevole potere prima politico e poi spirituale… l’ora di religione è un anacronismo ma il nostro paese tutto è anacronistico

    "Mi piace"

Lascia un commento