“Chi sta realmente al centro della vita della chiesa? Gesù e il suo Vangelo o san Paolo e la sua teologia?”
A questa domanda tenta di rispondere l’ultimo libro appena uscito in Italia per La Meridiana del teologo spagnolo Josè Maria Castillo (L’Umanità di Gesù, 2018, ed. La Meridinana, pp171, € 15,50). E lo fa partendo da lontano, dall’evoluzione dell’uomo che giunse all’Homo sapiens in cui si manifesta ciò che intendiamo per umano: “l’esperienza simbolica, che nacque, crebbe e si fece vita in noi, non principalmente nel perfezionamento delle tecnologie…, ma piuttosto, soprattutto, nell’arricchimento della comunicazione simbolica, che esprime relazione, incontro, mutuo piacere, sensibilità verso ciò che rende felici gli altri, aiuta chi è nella necessità, dialogo e bontà.”
Castillo quindi cerca di comprendere come si inserisca l’idea di Dio in questa umanità considerando l’impossibilità per l’uomo di conoscere il trascendente: “Quando parliamo di Dio, ci stiamo riferendo al Trascendente, il quale precisamente poiché ci trascende, non è a nostra portata. E’ proprio questa esattamente la ragione per cui possiamo soltanto pensare a Dio e parlare di Dio dalla nostra condizione umana e, per tanto, dall’umano. Il che implica una conseguenza determinante e che ripeto una volta ancora: ogni qualvolta noi pensiamo o parliamo di Dio, a partire dalla nostra costitutiva ‘immanenza’, ciò che noi mortali realizziamo del Trascendente non può essere privo di ‘rappresentazioni’ umane. Da qui deriva che l’unica possibilità, che come mortali abbiamo, è pensare a Dio e parlare di Dio a partire dalla ‘nostra umanità’. Non pensiamo né parliamo di Dio a partire dal “sacro”, dal ‘divino’ o dal ‘soprannaturale’. Perché questi presupposti religiosi o teologici sono piuttosto nostre rappresentazioni (immanenti) di una realtà che né conosciamo, né possiamo conoscere. Per la semplice ragione che ‘il trascendente’ non è un possibile oggetto della nostra esperienza. Se lo fosse, finirebbe di essere ‘trascendente’.”
Il “cuore” del libro si sviluppa su quattro capitoli (“Il problema è iniziato con Paolo”, “Gesù e Paolo”, “Paolo e la Religione”, “Paolo e la chiesa”) in cui Castillo affronta il tema delle differenze tra Gesù e Paolo e di come la chiesa che abbiamo conosciuto si sia sviluppata più sulle idee del secondo che sull’esempio del primo. Differenze che risiedono nella influenza della cultura ellenistica e stoica nella formazione di Paolo.
Perché si è giunti ad avere una chiesa con più religione che umanità?
“Confesso – scrive l’Autore – che molte volte ho avuto (non so se) l’audacia o la morbosa curiosità di chiedermi la stessa cosa che, solo quattro o cinque anni fa, si chiedeva il professore della Università del Minnesota (Stati Uniti) Richard I. Pervo “Perché la chiesa cristiana venera i vangeli e confessa Gesù Cristo come Signore e Salvatore, ma preferisce l’etica più convenzionale della tradizione paolina ai solidi insegnamenti di Gesù? Per iniziare a farsi una idea di ciò che questo rappresenta, viene bene ricordare che come ho già detto, il Vaticano II affermò che Gesù pose il punto di partenza della Chiesa quando iniziò ad annunciare il Regno di Dio (KG 5,1), dalla qual cosa si è detto a ragione, che è il centro ed il compendio del Vangelo. Orbene, un dato eloquente: mentre i vangeli sinottici parlano più di centoventi volte del Regno di Dio , nelle lettere di Paolo e nelle cosiddette deutoropaoline (Efesini e Colossesi) si fa riferimento al Regno di Dio solamente undici volte. Pare evidente, quindi che Gesù mise al centro del suo messaggio il tema del Regno o “regno” di Dio. Cosa che, a quanto pare, a Paolo interessa poco e in modo molto marginale.”
Queste premesse spiegano, secondo Castillo, le ragioni per cui “la religione sopravanzò l’Evangelo. Si prese più sul serio del Vangelo. E oggi stiamo vedendo e vivendo che la Chiesa è organizzata e gestita in modo che le esigenze della realizzazione della Religione sono più forti e sono meglio gestite che le esigenze della realizzazione del Vangelo di Gesù.”
Per un richiamo al Vangelo che non sia puramente retorico
La domanda d’apertura viene resa ancor più concreta dopo l’excursus storico-biblico: “1) da dove e da chi si sono presi i grandi temi che si propongono e si spiegano nella teologia cattolica? 2) in che cosa e come si giustificano il culto, i riti e, in generale, la liturgia che si celebra nei nostri templi? 3) Da chi e da quale argomento si legittima la modalità di governo che si esercita nella chiesa? 4) che modalità di presenza nella società realizza la Chiesa attuale? 5) Perché il cristianesimo è visto, considerato e giudicato come una religione, una in più tra le altre religioni, che inevitabilmente situa le altre confessioni religiose nella falsità e nell’errore?”
Non basta dire che si vuole tornare a Gesù ed al Vangelo, un simile intento esige la risposta ad altre ulteriori domande con cui Castillo conclude il suo libro: “Se la presenza operativa più efficace nella Chiesa, invece di essere in Paolo, fosse in Gesù, che dovremmo farne delle nostre cattedrali e dei nostri templi, in molti dei quali si riscuote denaro per entrare a vederli? Non dovremmo proibire in essi la lettura di quel Vangelo che racconta di Gesù con la frusta e dei mercanti che avevano trasformato quello in una “caverna di banditi”? E che si dovrebbe fare con i sacerdoti, soprattutto con quelli che ora sembrano i “sommi sacerdoti” di una volta? E come continueremmo a spiegare e ad applicare un diritto canonico che non è compatibile con i diritti umani? E che faremmo con un clero che non rare volte ha tanto da nascondere perché se si sapesse tutto…? o che dovremmo fare con un Vaticano nel quale, per come si sono messe le cose, risulta molto dubbio che Gesù vorrebbe entrarci? E che spiegazioni potremmo dare alla grande mancanza di rispetto verso le donne, che sono obbligate a tacere in Chiesa, sempre sottomesse, sempre obbedienti, come sempre stettero e vissero nell’Antichità? O che spiegazioni potremmo dare delle nostre solenni liturgie, rituali, cerimonie, solennità nelle quali utilizziamo linguaggi e ci poniamo vestiti che assomigliano più a quelli che Gesù proibì piuttosto che a quelli che Gesù disse ai sui apostoli di dover indossare per annunciare il Regno di Dio? E che faremmo con lo spinoso problema del denaro, delle proprietà mobili ed immobili, delle case e dei palazzi, degli investimenti in borsa e dei conti correnti o delle dichiarazioni dei redditi delle quali diciamo che è “più prudente” che non si sappia nulla? E come spiegare la presenza della Chiesa nella società, tacendo ingiustizie, nascondendo corrotti, mantenendo le migliori relazioni possibili con tutta la classe di governanti?
Per rispondere a queste domande e per far sì che non restino un semplice esercizio culturale bisognerà, per Castillo, riaprire quattro questioni fondamentali: il tema di Dio e di dove lo si trovi; una cristologia non più fondata su Paolo; cosa si intenda per fede; i temi dell’etica sessuale, dell’etica familiare, della schiavitù, dei rapporti tra chiesa e Stato. Senza questa coraggiosa impresa il richiamo al Vangelo risulterebbe puramente retorico.