“DIO, PATRIA E FAMIGLIA”: UN RITORNO BEN PREPARATO

Una parte dell’intervista del Corriere della Sera del 16 giugno 2024 al Cardinale Ruini e la scomunica del vescovo Viganò ci riportano a due articoli di Michele Di Schiena, a quattro anni della sua morte: NEOCONSERVATORI E CRISTIANESIMO PAGANO, articolo del 7 luglio del 2005, pubblicato solo da ADISTA, e ATTACCO DI VIGANO’ AL PAPA: LA PUNTA DI UN ICEBERG, dell’8 settembre 2018, pubblicato sul Quotidiano di Puglia dell’11 settembre 2018 con il titolo: “L’OFFENSIVA INTEGRALISTA CONTRO PAPA FRANCESCO”.

Antonio Greco

Michele Di Schiena (MDS) aveva visto lontano, molto lontano. Per rimanere nella metafora dell’iceberg, MDS era solito fermarsi un attimo alla punta per poi scendere nella profondità dei fatti con un’analisi serrata e con annotazioni che scavalcavano la cronaca e davano punti di lettura che arrivavano all’essenziale e perciò alla previsione di ciò che sarebbe accaduto.

Era in atto, secondo MDS, già nel 2005, “un’offensiva dell’integralismo cattolico e del «pensiero unico» liberista rivolta a bloccare tutto ciò che si muove sul versante etico-culturale e su quello politico per promuovere i valori di liberazione, fratellanza e giustizia”. Tesi di lettura chiarissima: si stava verificando una “santa alleanza” tra il neoconservatorismo liberista e la destra cattolica. Un’intesa sotto il vessillo dei tradizionali (ma deformati) valori del trinomio “Dio, patria e famiglia”. In Italia e nel mondo.

Un’offensiva che viene dall’America, che ha gravi conseguenze a livello mondiale e che si è ancorata anche in Italia, fino a portare la destra di Meloni al governo. Offensiva che ha individuato in papa Francesco e nella sua impostazione pastorale conciliare la testa di ariete da abbattere, come MDS sosterrà nel 2018.

  1. Le elezioni presidenziali americane del 2004 e Il referendum sulla procreazione assistita

L’analisi dell’articolo di MDS del 7 luglio del 2005 prende spunto dal risultato dei referendum sulla procreazione assistita.

Il 12 e 13 giugno 2005 si erano tenuti i referendum che avevano ad oggetto quattro distinti quesiti, diretti ad abrogare specifiche disposizioni della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”.

I radicali avevano fatto la richiesta abrogativa ma i referendum erano stati promossi dalla Associazione Luca CoscioniDemocratici di SinistraSocialisti Democratici ItalianiPartito della Rifondazione Comunista e membri di vari partiti.

Le proposte referendarie miravano ad abolire:

  • alcuni limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni
  • alcune norme sui limiti all’accesso
  • alcune disposizioni sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all’accesso
  • il divieto di fecondazione eterologa.

Il 12-13 giugno i referendum non raggiunsero il quorum minimo, perché solo il 25,9% degli aventi diritto si reca alle urne. Il referendum risultò invalido.

Pochi mesi prima, il 7 marzo 2005, era intervenuto il cardinale Camillo Ruini al consiglio permanente della CEI, mettendo in chiaro la strategia che avrebbe seguito la Chiesa cattolica nei mesi seguenti: “non partecipare al voto: non si tratta in alcun modo di una scelta di disimpegno, ma di opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità. In concreto è necessaria la più grande compattezza nell’aderire all’astensione, per non favorire, sia pure involontariamente, il disegno referendario” (Prolusione del 7 marzo 2005).

L’articolo di MDS, nel primo paragrafo, riporta una felicissima sintesi del suo pensiero politico e religioso: “L’esito del referendum sulla procreazione medicalmente assistita sembra aver confermato nella sinistra la convinzione che il cosiddetto mondo cattolico, fatte alcune marginali eccezioni, sia attestato sulle posizioni integraliste e conservatrici che oggi hanno nel cardinale Ruini il più autorevole punto di riferimento”.  Ma è un errore ed è una visione parziale che la sinistra politica italiana continua a commettere. Vi è un tessuto sociale, fatto di gruppi, associazioni, movimenti e comunità di solidarietà e di servizio “che costituisce oggi il tessuto fondamentale dell’esperienza cristiana e che nella sua maggioranza rifiuta, senza teorizzazioni e senza proclami, il nuovo temporalismo, il liberismo ovattato ed il possibilismo bellico del presidente della CEI. Si tratta di una vasta area che «è Chiesa», che si ispira al Concilio Vaticano II e che accoglie il magistero della gerarchia cattolica quando esso si muove nel campo che gli è proprio rigettandone gli sconfinamenti che offendono l’autonomia della politica e non sono espressione della forza liberante e trasformatrice del Vangelo”.

La sinistra di cultura laica non può trascurare di essere attenta a questa area cattolica “per il contributo d’ “anima” e di idee che può dare allo schieramento progressista sui temi fondamentali del rispetto della vita, della pace, della dignità umana, della famiglia”. Attenzione necessaria ancor più a questa area che “è Chiesa” proprio quando si tratta di affrontare “battaglie su problemi delicati e di coscienza che, pur avendo (come quella del recente referendum dall’impossibile quorum) un indubbio fondamento di giustizia, finiscono per essere egemonizzate da culture individualistiche e borghesi che predicano il liberismo sfrenato e si schierano con la guerra preventiva”.

Facendosi trascinare in queste battaglie, senza un’adeguata ponderazione dei loro esiti e dei loro effetti, la sinistra di cultura laica determina non solo disagi in quella di cultura cristiana che ritiene che «un altro mondo è possibile» e che si possa davvero incominciare a costruirlo nel nostro Paese, ma rischia di cadere nella trappola delle destre.

Ed è qui la tesi centrale di MDS: dopo l’esperienza delle elezioni presidenziali statunitensi del novembre 2004, con la vittoria di Bush (che, secondo alcuni analisti, sarebbe stato rieletto per via di una grossa mobilitazione degli apparati evangelici riuscendo a galvanizzare la base di centro-destra e iniettando forti dosi di conservatorismo sociale di origine religiosa), le destre “puntano sulla “santa alleanza” tra il neoconservatorismo liberista e la destra cattolica come la sola possibile carta vincente” della futura politica italiana.

E sbandierano il vessillo dei tradizionali (e deformati) valori del trinomio “Dio, patria, famiglia”.

Alla sinistra di cultura laica MDS indica il percorso per affrontare la sfida che viene da questa nuova “santa alleanza”:

  1. affrontare questa sfida non in maniera ideologica ma con un confronto serrato con quanti si muovono sul terreno concreto dell’accettazione o meno del principio dell’uguaglianza, con quanti accettano o rifiutano il dominio dell’uomo sull’uomo, con coloro che favoriscono o respingono la pratica della violenza ed il ricorso alla guerra;
  2. disvelare le ipocrisie di quel perbenismo borghese e conservatore, fatto di cattolici integralisti e di “atei devoti”, che guarda al cristianesimo “(…) come a una «religione civile», un sostegno sacrale quindi al “pensiero unico” ed alle disastrose politiche che da esso procedono”;
  3. fare esplodere le contraddizioni di uso politico del cristianesimo (che MDS definisce “cristianesimo pagano”), apertamente patrocinato, quando viene da destra, dalle stesse cattedre e dalle stesse tribune che lo condannano senza appello quando lo attribuiscono alla sinistra come è accaduto per la teologia della liberazione e per altre coerenti testimonianze della radicalità evangelica;
  4. porre attenzione a questa “santa alleanza”, “malinconico segno dei tempi che va apertamente contrastato senza le tante distrazioni e gli eccessi di prudenza che certo non sono utili al Paese e giovano ancor meno alla Chiesa”.
  • Viganò: la punta di un iceberg

MDS, 13 anni dopo, non prende spunto più dalla cronaca politica ma da quella ecclesiastica, e scrive un altro articolo sulla stessa tesi, quasi in continuità con la fine dell’articolo del 7 luglio 2005.

Il Vescovo Carlo Maria Viganò, già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, ha accusato papa Francesco di aver commesso errori e di incoerenza nella vicenda del cardinale McCarrick e ha chiesto le dimissioni da papa.

MDS definisce questa richiesta di Viganò con una incalzante sequela di aggettivi: è un’accusa apodittica, risentita, malevola, contraddittoria, penosa, ferocemente polemica, lontana dalla virtù della prudenza, irresponsabile.

E qui riprende la tesi semplice e chiara: l’accusa di Viganò a papa Francesco è “un addebito indegno ispirato, se non commissionato, da quel potente intreccio fra il fondamentalismo cattolico e il conservatorismo neoliberista che ha in odio l’attuale Pontefice”, in sintonia con le componenti ecclesiali ostili a Papa Bergoglio attive soprattutto nell’America del Nord.

Il dossier di Viganò non è solo un atto di contrasto per dissensi dottrinali all’interno della Chiesa ma è anche e forse soprattutto un atto di lotta politica nei confronti di un Papa profetico che annuncia il Vangelo “sine glossa” anche sul versante sociale”.

Ritorna così per Di Schiena e “si fa quindi più aggressiva la “Santa Alleanza” fra il neoconservatorismo liberista e il fondamentalismo cattolico. Un’intesa sotto il vessillo dei tradizionali (ma deformati) valori del trinomio “Dio, patria e famiglia”.

  • Lo slogan “Dio, Patria e Famiglia”

Il ragionamento di MDS su questi valori tradizionali è a specchio: alla formulazione autentica contrappone quella deformata dalla destra nel mondo e in Italia.

Dio concepito non come “comunione trinitaria” che anima il mondo costituito da una “trama di relazioni” sicché “tutto è collegato” e si pone a fondamento di una “spiritualità della solidarietà globale” (Enciclica “Laudato sì”, 239 e 240) ma inteso come la proiezione dell’esigenza di costruire nell’immaginario collettivo l’idea di un’autorità suprema posta a tutela di un determinato sistema;

la patria non come popolo legato da una comune tradizione storico-culturale e aperto all’incontro con altri popoli ma come etnia arroccata nella “fortezza” del proprio territorio e della propria civiltà considerata superiore alle altre;

la famiglia non come cellula vitale della società aperta alla collaborazione e al servizio ma come nucleo autoreferenziale ripiegato sui propri interessi.

Da notare che MDS ha aggiornato il suo pensiero teologico su Dio. Se nel 2005 aveva presentato Dio “come l’amore assoluto che s’incarna per redimere e riscattare l’intera umanità”, nel 2018 il Dio di MDS diventa quello della Laudato sii, concepito come “comunione trinitaria” che anima il mondo costituito da una “trama di relazioni” sicché “tutto è collegato” e si pone a fondamento di una “spiritualità della solidarietà globale” (Enciclica “Laudato sì”, 239 e 240). Un anno dopo, esattamente il 9 luglio del 2019, MDS, anche cultore dei problemi della fisica e dell’astronomia relazionati a quelli della fede e della religione, in garbata polemica con Carlo Rovelli, renderà più esplicito il suo pensiero su “quel Dio che è, come dice il teologo brasiliano Leonardo Boff, “la suprema realtà relazionale…la comunione della Trinità che penetra e sostiene ogni essere e l’intero Universo”.

Non in questa sede, masarebbe da approfondire la evoluzione del pensiero teologico negli scritti di MDS, e l’argomento non può essere scisso dalle scelte di tutta la sua vita. Perciò rimarrà sempre incompleto. Non potremo, infatti, mai sapere quale Dio ha incontrato MDS negli ultimi nove mesi della sua malattia, che ha vissuto nel più rigoroso silenzio certamente non privo di profonde riflessioni, di umani interrogativi e di mistica trascendenza.  

  • Colossali depistaggi

La lezione di MDS era, ed è ancor più oggi, che bisogna portare la attenzione politica ed ecclesiastica fuori dallo slogan “Dio, patria e famiglia”.

Il partito di Fratelli d’Italia e la Meloni, oggi al governo, si sono appropriati di quello slogan, certamente per darsi un’identità propagandistica, esteriore. Ma lo hanno fatto anche per nascondere una natura persino peggiore di quella tradizionalista e ultraconservatrice. Qualcuno pensa infatti di insultarli attribuendoglielo. In realtà questa destra vuole apparire come ispirata a “dio, patria e famiglia” per nascondere una natura ben peggiore e i suoi conati ultraliberisti. E se non si va oltre la punta dell’iceberg si rimane prigionieri di colossali depistaggi rispetto ai problemi veri dell’Italia e della Chiesa cattolica italiana.

Anche la chiesa italiana istituzionale non può affrontare con “tante distrazioni ed eccessi di prudenza” (o addirittura vantarsi di aver sostenuto come ha fatto qualche giorno fa il card. Ruini), la “Santa Alleanza” fra il neoconservatorismo liberista e il fondamentalismo cattolico.

Se siamo davanti all’orchestrazione di colossali depistaggi, ci sarà un motivo.

Ci sarà pure un motivo per cui questo Paese, divorato dall’incuria, bastonato dalle burocrazie, piagato dalla corruzione, ostaggio di inamovibili gerontocrazie, azzoppato dall’evasione fiscale, un Paese dove la barbarie galoppa sul web, non ha pensato che ai gommoni e agli immigrati e ha dato per questo la vittoria politica al governo di destra della Meloni.

Ci sarà pure un motivo per cui questo Paese discute solo per sapere se la politica fascista dell’attuale governo Meloni sia il solito, inoffensivo richiamo identitario del passato, mentre nel mondo della realtà proseguono imperterrite una cultura e una politica iperliberiste, divisive, che favoriscono i più forti, che rendono più facile la vita di faccendieri che trafficano sui beni di tutti. Quelle stesse cultura e politica che hanno ucciso Dio, Patria e Famiglia. E Meloni lo sa.  Ma nel tempo del grande depistaggio, si appella, non senza ipocrisia, a quegli antichi valori, li deforma, li usa come bandiera, mentre nella realtà pratica li tradisce: a quale “Dio” fa riferimento la Meloni quando la sua politica è intrisa di razzismo contro gli immigrati e di classismo contro i ceti meno abbienti? A quale “Patria” fa riferimento l’attuale centro destra, in cosa risiede il suo “nazionalismo” o “sovranismo”, quando il suo governo si è mostrato il più subalterno ai voleri Nato e ai mercati di tutta la storia repubblicana? A quale “Famiglia” si appella una destra quando traduce quasi sempre questo “valore” come nucleo autoreferenziale ripiegato sui propri interessi, cioè con i termini più concreti di “familismo” e di “clan”?

Ci sarà un motivo per cui dei giorni del G7, la vacanza dispendiosissima per i capi dei governi del vecchio mondo ospitati a Brindisi e a Borgo Egnazia qui in Puglia a pochi passi da noi, sappiamo di più del menu, delle misure di sicurezza e della location che non dei risultati.

Ci sarà un motivo per cui in questo Paese, finito da molto il tempo della Cristianità-potere, si ricompatta il fronte che gioca in difesa, per tentare di liberarsi dall’angoscia dell’assedio. È la difesa disperata dei “valori” sotto attacco: “La famiglia, le nazioni, l’identità”, grida Giorgia Meloni. E all’elenco ora aggiunge addirittura “Dio”. Ci sarà un motivo per cui la Meloni vuol difendere un Dio “brand” e non quello del Vangelo.

Ci sarà un motivo per cui il card. Ruini, il 16 giugno 2024, concede una intervista al Corriere della Sera e in essa rende testimonianza del suo tempo ecclesiale e politico, nel quale si è mosso con la convinzione che fosse doveroso fare più cristiani gli uomini e la società, agendo per via politica. Un ventennio sovrapposto con quello di Berlusconi, nel quale ha fatto leva su «principi non negoziabili», un protagonismo diretto, una attiva influenza politica della Chiesa e della sua gerarchia. E dopo aver sostenuto, fra l’altro, che la linea seguita “Fu una linea saggia e producente”, al giornalista che lo incalza con la domanda: “A cosa si riferisce?”, risponde:

«Allungando un po’ lo sguardo, i momenti salienti furono il referendum sulla procreazione assistita: puntando sull’astensione ottenemmo il 74%. E più tardi l’opposizione alla legge del governo di Romano Prodi sui Dico, che apriva le porte al riconoscimento delle unioni tra omosessuali. Non ero più presidente della Cei, ma guidai ancora io quel passaggio. E grazie alla manifestazione del Family day quel provvedimento si fermò. Ecco, sia il referendum sia il Family day furono esempi del modo in cui la Chiesa si posizionò in proprio, esprimendo direttamente la sua posizione».

E sappiamo, invece, che quella linea, fortemente contestata già nel 2005 da MDS e da altri, si è dimostrata non solo discutibile ma disastrosa. Ci sarà un motivo per cui ritorna nel 2024.

Ci sarà un motivo per cui il già cardinale Viganò, chiamato a rispondere di sue tesi, molto gravi (che “ho più e più volte sostenuto nei miei interventi” pubblici), considera “le accuse rivolte nei miei riguardi come un motivo di onore…”.

Viganò, trumpiano entusiasta, simpatizzante putiniano, convinto no-vax; visionario accusatore dei complotti globalisti della finanza internazionale, dell’Oms, delle coppie gay, dei «servi di Satana ad iniziare dall’usurpatore che siede sul soglio di Pietro»; accusatore di Bergoglio perché «nega la legittimità del Papa», perché difende i migranti e perciò è favorevole, secondo lui, alla «sostituzione etnica», perché «scrive deliranti encicliche sull’ambiente»; sostenitore della tesi secondo cui “il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è necessaria metastasi».

Ci sarà un motivo per cui dobbiamo sorbirci queste idiozie.

Meloni, Ruini, Viganò: mi verrebbe da dire: “lasciate che i morti seppelliscano i morti”. In realtà c’è un intreccio delle loro linee politiche, economiche e sociali che rinviano a una radice nascosta ma comune: la “santa alleanza fra il neoconservatorismo liberista e il fondamentalismo cattolico”.

Insegna MDS: senza la emersione di questa radice, i fatti si capiscono poco o per nulla, sono soggetti a depistaggi colossali che servono a “…sopire, troncare”, direbbe un padre provinciale di manzoniana memoria, a “… troncare, sopire”.

12 luglio 2024

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