SESSISMO

Il 29 luglio 2023 Paola Cavallari, cofondatrice dell’ “Osservatorio Interreligioso contro la Violenza sull Donne”, ad Assisi nel Convegno del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) PER UNA GIUSTIZIA DI GENERE, ha svolto una relazione articolata su tre parole-chiave (uguaglianza/differenza, Storia/memoria, Sessismo). Di seguito la parte riguardante IL SESSISMO. La suddiviosione in paragrafi e i relativi titoli sono redazionali. La prima parte è stata pubblcata a pubblicata qui

La prima cosa che osservo è che il sessismo è per lo più inafferrabile come un’anguilla: si annida nell’”oscurità di corpi” (P. Bourdieu), sfuggente, pervasivo. Come un iceberg se ne vede solo la punta, ma la massa centrale, immersa sotto la superficie, rimane nascosta. Le violenze si dissimulano nella irrilevanza; sono invisibili, per lo più, e prenderne consapevolezza è un esercizio complicato, richiede quel discernimento che la cultura di un femminismo critico ha indicato.

Il sessismo si contrabbanda per “ovvietà” “normalità”, “naturalità”.

Si trasmette attraverso strategie inavvertite, che si avvalgono del linguaggio verbale e di linguaggi non verbali. 

Di fatto valorizza ciò che si rifà – per convenzione- all’area simbolica del maschile, svalorizzando ciò che rientra nel femminile.

Nel discorso di papa Francesco che ho citato poco fa, il sessismo si è intrufolato in nicchie ermeneutiche semisepolte dalla egemonia dell’ordine del discorso. Difficile accorgersene, occorre una certa “malizia”, quella che ci ha insegnato certa filosofia (ma non per dissotterrare la sua misoginia, però), la teologia femminista e che, con l’insuperabile Elizabeth S. Fiorenza, chiamiamo ermeneutica del sospetto.

La gerarchia delle dicotomie

Il sessismo si insinua inavvertitamente nei concetti che noi comunemente usiamo; concetti quali Spirito, Ragione, Attivo, Anima …etc.   Essi agiscono sulle nostre mappe mentali, le modellano e determinano il nostro modo di dare ordine al mondo, di dare valore in base a una gerarchia assiologica.  Perché dico gerarchia? Perché le categorie dicotomiche Spirito/ Materia, Ragione/ Sentimenti, Anima/ Corpo,  Attivo/Passivo,  Forte/Debole, Astratto/Concreto, Teorico/Empirico, Trascendente/Immanente, Cultura/ Natura, etc. non sono semplicemente dispositivi neutri o meramente funzionali, non appartengono a un campo di significati assiologico omogeneo: il primo polo della coppia possiede una significazione/valore superiore all’altro, ma ciò che qui interessa è  che si posiziona nell’area del maschile/virile: spirito ha un valore superiore a materia, nell’impianto assiologico dominante.

Le donne sono state associate a natura, corpo, debole, passivo, immanente.

Stamane commentavo il celebre “Faremo e ascolteremo”, Es 24,7, la frase che pronunciarono gli ebrei quando accettarono l’alleanza nel Sinai. La gerarchia classica delle due funzioni umane (due polarità riconducibili alle due categorie mente/corpo) viene completamente capovolta: prima si sperimenta e poi si comprende. È davvero sorprendente come la stessa impostazione metodologica sia un caposaldo del femminismo: le pratiche sono altrettanto essenziali quanto la riflessione teorica.

 Altra notazione è che le dicotomie sono dispositivi che contrappongono, separano. Corpo e Spirito non avrebbero dovuto subire quella opposizione egemonica che hanno invece patito nella dottrina cattolica; basti evocare l’esordio del vangelo di Giovanni …  Anche questa strutturazione dicotomica è sottostata al dominio kyriarcale.

Sessismo nelle comunità religiose

Nell’ambito delle comunità religiose, in relazione al sessismo, per me si va nella città dolente.

Nel cattolicesimo poi possiamo vantare una tradizione androcentrica sessista di grande statura.

Basti pensare a come nominiamo e rappresentiamo l’ente supremo, Dio, che vanta un florilegio di attributi maschili, dimenticando che sarebbe irriducibile alle categorie sessuali, e dimenticando che nella Bibbia non mancano le metafore che la/o nominano con figura femminile. La studiosa tedesca Hannah Barbara Gerl  elenca, accanto ad una ottantina di immagini maschili, almeno una ventina di femminili. Eccone alcuni esempi:

Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherei mai (Is 49, 15). Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò. (Is 66, 13).

Dimenticando che Gesù nel suo ministero, testimoniò, con la sua condotta, un modello di uomo assolutamente privo di risvolti sessisti; che si lasciava toccare, dando al con-tatto una valenza assolutamente imprescindibile; che “serviva” le altre e gli altri, come lui disse; che non separava mente e corpo, perché chi era guarito/a nel corpo lo era anche integralmente; che si è affidato e ha scelto una donna come prima apostola….

Ripensare entrambi i ruoli, il maschile e il femminile, e non solo il femminile

Nelle ultime Linee guida, approvate dal Consiglio episcopale permanente (11 luglio ’23), si legge che  la seconda fase del cammino sinodale della Chiesa italiana entra nel vivo. “Si tratta di ripensare in radice il contributo femminile… senza tuttavia far intravedere “rivoluzioni copernicane”. 

Si tratta, osservo, di ripensare entrambi i ruoli, il maschile e il femminile: è soprattutto il maschile che deve mettersi in discussione e trasformarsi; e soprattutto senza paura di affrontare rivoluzioni copernicane, perché Gesù, senza dubbio, le attuò.

Vorrei qui dare voce alle argomentazioni di un uomo consapevole, come lui si è definito, il pastore Daniele Bouchard: più volte affronta la questione del sessismo con analisi che si espandono al campo delle religioni.

Nel libro Non solo reato anche peccato, religioni e violenza sulle donne, nel capitolo Eredità e responsabilità di un uomo consapevole e cristiano critico, il pastore scrive:

Nel mio percorso ho imparato che la violenza è costitutiva del genere maschile. Ogni intervento da parte maschile sul tema della violenza sulle donne che ometta di riflettere su questo aspetto sarà limitato, nel migliore dei casi, al contenimento della violenza, all’approccio emergenziale a un problema che non vuole riconoscere come strutturale. Un lavoro contro la violenza maschile che voglia affrontare il problema alle radici e produrre dei risultati di lunga durata dovrà necessariamente includere un lavoro con gli uomini. Non mi riferisco soltanto al lavoro con gli uomini che agiscono violenza…. : solo coinvolgendo un numero sempre crescente di uomini in percorsi che affrontino alla radice i nodi del maschile, tra cui il rapporto con la violenza ma anche la difficoltà rispetto al corpo, il bisogno di dominio, il rapporto con le donne e altri ancora, si potrà bonificare il terreno da cui nasce la violenza maschile ….Le chiese cristiane hanno la possibilità e la responsabilità di intervenire contro la violenza sulle donne a diversi livelli….  Innanzitutto, bisogna parlarne. Qualche passo avanti è stato fatto rispetto al passato – l’Appello del 2015 ne è un esempio –, ma è ancora troppo difficile parlare di violenza sulle donne negli ambienti ecclesiastici.  …. Riconoscere che il problema della violenza sulle donne è anche interno alle chiese significa ammettere che le chiese sono parte costituiva del patriarcato, lo sono quasi sempre state, e dunque sono corresponsabili anche della violenza maschile. È necessario fare un lavoro onesto di analisi autocritica della propria tradizione (troppo facile criticare le altre chiese), dei suoi rapporti col patriarcato e con la violenza, dei ruoli di genere al proprio interno, di come la chiesa ha affrontato (o non ha affrontato) finora la violenza maschile. …La nostra chiesa ha messo in atto …. una sorta di «violenza spirituale»? Non si tratta di autoflagellarsi, bensì …di fare uno sforzo per recuperare la fedeltà ai propri fondamenti là dove è andata perduta. Si tratta di praticare una lettura di genere delle Scritture, seguendo la strada aperta dalle esegete femministe, e anche della nostra tradizione, per riconoscervi i segni del patriarcato che inevitabilmente vi si trovano ….  È risaputo che il luogo in cui avvengono la maggior parte delle violenze sulle donne (e non solo) è la famiglia. La cristianità non ha nessuna responsabilità in questo?    è arrivato il momento di riconoscere che a questa istituzione, accanto a vari meriti, vanno imputate una serie di responsabilità?

Nella Enciclica Fratelli tutti, papa Francesco riserva un encomio alla famiglia, senza un minimo accenno o interrogazione sulla realtà che tutte/i conosciamo: che la maggior parte di violenze sulle donne si consuma in ambienti domestici. 

Credo che le parole del pastore siano un esempio di giustizia di genere espresso da un uomo.

Vi prego: non stanchiamoci di interpellare anche gli uomini sulla giustizia di genere.

*foto tratta dal gruppo Facebook dell’Osservatorio Interreligioso sulla Violenza Contro le Donne, di cui Paola Cavallari è stata cofondatrice (al centro della foto al tavolo)

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