LA CHIESA POPOLO DI DIO: UN RICHIAMO PERENTORIO

da Ortensio da Spinetoli a Harvé Legrand

Antonio Greco

Ora che il sangue e le armi dettano l’agenda in Ucraina, ora che la pandemia è quasi scomparsa dai radar della comunicazione, ora che appaiono sempre più nascoste le altre guerre regionali, ora che sono dimenticate le disuguaglianze sanitarie e sociali, le problematiche ambientali, le disparità economiche, gli effetti di una globalizzazione selvaggia, è ora che si torni alle radici del nostro impegno spirituale, civile, politico, economico e sociale. È soprattutto l’ora di rafforzare una di queste radici: la cultura del disarmo. Ogni arma costruita è minaccia e offesa all’umanità perché ogni arma uccide sempre, anche quando non toglie la vita fisica. Perché toglie il pane e la casa; toglie i servizi essenziali; offende i più deboli e gli indifesi. Il disarmo è ingenuità velleitaria? La obiezione fiscale alle spese militari è archeologia pacifista? Ho finito di leggere due libri prima del 24 febbraio, data che ricorderemo per l’invasione della Ucraina da parte di Putin, sul processo di cambiamento avviato dalla Chiesa cattolica con il sinodo sulla “sinodalità” e con il cammino sinodale della chiesa italiana.  I fatti, testardi, dovrebbero portare l’attenzione a spendere le mie poche energie intellettuali a “capire ed agire” per situazioni più urgenti. Ma, mi chiedo: “rifondare la chiesa” non è anche spendersi per la “evitabile follia” delle armi se si vuole davvero la pace?

Il 1985 è un anno di importanza rilevante per due avvenimenti che hanno avuto un influsso notevole e prolungato nella vita della Chiesa, sia italiana che universale: nel mese di settembre si tenne il secondo convegno delle chiese italiane a Loreto e, solo pochi giorni più tardi, dal 24 novembre all’8 dicembre, si celebrò a Roma il sinodo straordinario dei vescovi a vent’anni dalla fine del concilio Vaticano II. Dopo Loreto inizia il cambio di marcia della Chiesa italiana, voluto dal card. Ruini, che conserva ancora oggi conseguenze disastrose ben visibili, a giudizio di chi scrive.

Il Sinodo del 1985, con una sorta di colpo di mano, ha sostituito il concetto di “popolo di Dio”, fondamentale nella Costituzione dommatica Lumen Gentium del Vaticano II, con la parola “comunione”. Da allora, per esprimere l’ecclesiologia del Vaticano II, si parlerà comunemente di Chiesa-mistero, di Chiesa-comunione e di Chiesa-missione: la «Chiesa-popolo di Dio» praticamente sparisce dal vocabolario usuale del magistero ma anche della teologia.

Eppure, l’espressione “popolo di Dio” è la novità più rilevante e fondamentale della ecclesiologia del Vaticano II ed è a fondamento della costituzione Lumen Gentium. Che sia stata una scelta ben ponderata dagli attenti padri conciliari è dimostrato dal fatto che appare addirittura nello stesso titolo del capitolo secondo, che è posto in collegamento col capitolo primo dedicato al “mistero della Chiesa” e che è posto prima del terzo capitolo “la costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare l’episcopato”. Come dire: il mistero, che nasconde in sé l’intima natura della Chiesa, si realizza concretamente in un popolo, con tutte le caratteristiche che il termine porta con sé. L’intenzione del concilio era quella di chiamare a raccolta l’intero popolo cristiano e di fare appello al suo comune senso di responsabilità.

Sul perché della sostituzione di “popolo di Dio” con “comunione”, la Relazione finale del Sinodo non dice una parola. E’ la storia successiva, invece, a dare la risposta al perché il Sinodo abbia ignorato completamente la nozione di “popolo di Dio”: con la scelta del termine “comunione” è rientrato dalla finestra  il modello di chiesa preconciliare tutto gerarchico, che un concilio coraggioso e innovatore aveva messo felicemente fuori dalla porta. Una ecclesiologia di comunione comporta anche una centralità della ubbidienza al volere e al pensiero della gerarchia, con la eliminazione o la non indispensabilità del contributo da parte del rimanente popolo di Dio, con la sua storia e i suoi problemi. Si stacca così sempre più la chiesa dal mondo, ritraendola su sé stessa e sui suoi problemi interni (collegialità, conferenze episcopali, problemi dei laici, ecc.).

Le reazioni a questo colpo di mano di un sinodo che correggeva un concilio ecumenico non mancarono. La critica più aspra e decisa a questa cambio di visione ecclesiologica conciliare venne dal Sudamerica.

In Italia, pochi mesi dopo la conclusione di quel sinodo dei vescovi, nel 1986, la casa editrice Borla pubblicava un vero trattato di ecclesiologia dal titolo Chiesa delle origini, chiesa del futuro[1], che sulle orme della Lumen Gentium ignorava totalmente la Relazione finale del Sinodo dei vescovi del 1985. Autore del libro era Ortensio da Spinetoli, voce emarginata dalla istituzione ecclesiastica ma lucidissima, inascoltata ieri ma ancora attuale oggi.

Dopo 35 anni, il dibattito sul cammino sinodale ora fa emergere un richiamo perentorio alla “Chiesa popolo di Dio” della Lumen Gentium: la chiesa impara a camminare in modo sinodale solo quando sa lasciarsi trasformare dallo Spirito e dal popolo che la animano.

Su questo tema presentiamo anche un secondo testo, “Una chiesa trasformata dal popolo”[2], che presenta le principali sfide a cui è esposta la chiesa cattolica sia sul piano esterno (le questioni ambientali, politiche, economiche, morali…) che sul piano interno (la gestione dell’autorità, il servizio sacerdotale, il seminario, la parità tra battezzati e la questione femminile).

  1. Ortensio da Spinetoli, Chiesa delle origini, chiesa del futuro.

Nel 1986 il frate cappuccino pubblicava con la Casa Editrice Borla Chiesa delle origini, chiesa del futuro. Il testo di ecclesiologia biblica del frate cappuccino già nel 1986 indicava i sentieri da percorrere per superare la grave, inspiegabile contraddizione della chiesa cattolica che ha rotto con la storia moderna e che è sempre più lontana dalle condizioni vere e reali dell’uomo d’oggi.

Lo scandalo della pedofilia del clero, 36 anni fa, era lontano dall’esplodere. Ma p. Ortensio, a partire da una chiesa “alienata, chiusa in una torre d’avorio”, nella premessa al libro scriveva: “la rifondazione più che la riforma della chiesa sembra al momento presente oltre che un sogno, una follia, ma sarà l’avvenimento più sensazionale che la storia riserva alle generazioni future”. Gli amici di Ortensio hanno ripubblicato il libro del biblista-profeta, nel dicembre 2021, presso la casa editrice Il pozzo di Giacobbe, con un titolo e un sottotitolo diverso da quello originario dell’edizione Borla: “Rifondare la Chiesa, Una follia inevitabile”.

La prefazione alla nuova edizione (La profezia si sta avverando sotto i nostri occhi?) è di Augusto Cavadi. La introduzione (L’assolutismo ecclesiastico al tramonto? Una questione ancora attuale) è di Ricardo Perez Marquez, del Centro Studi Biblici “G. Vannucci” (Montefano).

Il testo di Ortensio è composto da 11 capitoli: Chiesa cristiana, chiesa evangelica, Chiesa profetica, Chiesa missionaria, Chiesa popolare, Chiesa laicale, Chiesa carismatica, Chiesa ecumenica, Chiesa dei poveri, Chiesa secolare, Chiesa escatologica. Dieci aggettivi e un importante complemento di specificazione.

Collocati nel contesto storico di una chiesa che aveva già stabilito di cancellare la parte più importante della Lumen Gentium del Vaticano II, gli studi di Spinetoli segnano un chiaro passaggio, causato anche dal terremoto epocale prodotto dagli studi biblici, di cui Ortensio è stato libero ricercatore e insigne maestro, dal cristianesimo istituzionale-dommatico a quello del ritorno al messaggio evangelico. “La chiesa evangelica è la chiesa dello Spirito poiché egli ne è la guida, il motore” (pag. 150). “La chiesa di Cristo non nasce quando Gesù invia gli apostoli o affida incarichi a Pietro (Mt 16,18-19; Gv 21,15-19), ma quando i suoi discepoli sono investiti dal fuoco del suo Spirito che li trasformerà in creature nuove…Nel cuore della storia, al didentro delle sue vicende, come al centro della terra, vi è una energia bruciante che tenta di investire tutti; non si tratta di provocarla, ma solo di farle spazio e di accoglierla” (pag. 144). “La «gerarchizzazione» ha portato pian piano ad attenuare, fino ad accantonarlo, il primato di Dio e della comunità, e, di riflesso, il primato dello Spirito. La chiesa nata carismatica, è diventata istituzionale. Essa ha continuato a credere nello Spirito, alla sua presenza e azione comunitaria, ma ha cominciato a fare maggiore affidamento sulle strutture di governo” (pag. 151).

“Chiesa cristiana”: «cristiana» è il primo dei dieci aggettivi utilizzato dal biblista Ortensio. È “l’eresia di cui si parla poco, poiché ha riportato la proposta originaria di Gesù negli schemi comuni di tutte le religioni, in pratica di quella del vecchio Israele. Forse non sbagliano quelli che chiamano la chiesa cristiana, non solo quella cattolica, la ‘tomba di Dio’. Solo si può aggiungere ‘anche del suo Cristo’”[3].

Con la Chiesa delle origini, Chiesa del futuro, 36 anni fa, p. Ortensio aveva raccolto, in modo rigoroso, sereno e originale, le tante voci di dissenso risuonate nella storia della chiesa e rimaste inascoltate dalle “alte gerarchie”, dopo che finalmente, lo Spirito le aveva fatte risuonare nell’aula del Concilio: il primato del vangelo, l’identificazione con i poveri, la provvisorietà delle teologie, la supremazia dell’uomo sulle strutture, delle coscienze sul sistema, la subordinazione dei riti, del culto, dei sacramenti alle reali operazioni di bene, il primato della comunità, in nome del battesimo, sulla “gerarchia”, “termine assente nel nuovo Testamento, ma dichiarata di diritto divino. E tutto ciò è talmente radicato nella mente del comune teologo e del semplice fedele che pensare diversamente appare quasi blasfemo” (pag. 108).

Nel capitolo quinto p. Ortensio approfondisce l’aspetto della “Chiesa popolare”.

La Chiesa di popolo della Lumen Gentium si richiamava alla proposta originaria di Gesù, “che non solo non aveva previsto una forma di organizzazione per il suo «movimento», ma aveva persino rifiutato il modello familiare («né padri, né maestri»: Mt 23,8-10) e tanto più quello gerarchico, quale era presente in Israele (sommo sacerdote, sinedrio, popolo) e nel mondo ellenistico (re o arconte, assemblea, popolo). Aveva infatti categoricamente affermato: «tra le nazioni quelli che sono chiamati i capi le signoreggiano e i grandi hanno potere su di esse; ma tra voi non sia così; chi vorrà essere grande sia vostro servo; chi vuole essere primo sarà l’ultimo, servo di tutti» (Mc 10, 42-44 e paralleli)[4]. “Ma nonostante questo severo ammonimento già i Vangeli registrano due ecclesiologie: una popolare e una gerarchico-monarchica. Negli sviluppi successivi la seconda ha finito per eclissare, quasi cancellare, la prima. Il Vaticano II ha restituito al popolo credente il posto d’onore ma ha lasciato alla gerarchia, benché declassata, tutti i titoli e i privilegi che aveva accumulato nel tempo, pensando, ma i padri conciliari si illudevano, che questa, una volta accortasi della loro illegittimità, vi avrebbe spontaneamente rinunciato[5]. “Le due ecclesiologie presenti sostanzialmente, anche se subordinatamente, nei Vangeli finiscono per ricomparire anche nella Lumen Gentium ma sono tra loro troppo divergenti, contrastanti, per poter ritenere che entrambe provengano egualmente da Cristo. Se è «vera» l’una, è difficile che possa esserlo contemporaneamente anche l’altra[6].

Spiega p. Ortensio: “I documenti conciliari del Vaticano II sono il frutto della confluenza delle opinioni di varie correnti. Mentre al capitolo secondo della Lumen Gentium segnala la sovranità del popolo, al capitolo terzo ripresenta la gerarchia con le sue antiche attribuzioni, tra cui quella di essere la rappresentante di Dio, la responsabile delle decisioni comunitarie. È una contraddizione che il tempo dovrà eliminare, e la stessa impostazione del documento invita già a comprendere quale possa essere la soluzione. Se la gerarchia viene al terzo posto, dopo il popolo credente, non si può sovrapporre a esso, vantando diritti retroattivi. La chiesa di Dio esiste prima e indipendentemente dalla gerarchia” (pag. 110).

La Lumen Gentium ha lasciato un posto anche alla gerarchia, ma non l’ha lasciata al suo posto. L’ha invece declassata, collocandola dopo il popolo di Dio.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

Il credente è stato abituato a sentire con la gerarchia. Nulla di più equivoco! Occorre riabituarlo a sentire con Cristo e con il suo popolo, nel quale è col quale egli vive in stretto legame, più che con qualsiasi determinato individuo. Credere a un uomo, dipendere dalle sue interpretazioni della verità, è ancora fede umana che non salva” (pag. 113).

Il discorso è chiaro. Colpisce una mentalità, un metodo e più ancora un sistema che il Concilio ha messo in crisi, ma che resiste tuttora tenacemente. La demitizzazione della gerarchia è il capitolo più arduo dell’attuazione conciliare, ma anche il più urgente. La comunità ha bisogno di quadri, ma più ancora di ispirazione, di libertà. Bisogna riconoscere alla comunità i propri compiti e ai ministeri i propri limiti; occorre riscoprire il sacerdozio della Chiesa per contemperare quello dei suoi ministri” (pag. 113).

Il ministro oggi non sa più cosa deve fare perché non riesce a ritrovarsi nella configurazione in cui la teologia l’ha ritratto, idealizzato e, soprattutto, perché ha perso il rapporto con la comunità, che è la ragione della sua esistenza” (pag. 114).

Rinviamo alla lettura degli altri capitoli per scoprire l’attualità di un testo che va alla radice dei problemi concreti che la chiesa italiana, a fatica, tenta di affrontare con il cammino sinodale.

Non si pensi a Ortensio da Spinetoli come a un estremista rifondarolo. La sua visione ecclesiologica è altrettanto chiara quanto la sua consapevole umiltà quando scriveva: “Le mie indicazioni possono apparire troppo innovative, ma rispetto al progresso che ha fatto, sta facendo in questi ultimi anni e farà presto la scienza biblico-teologica, i competenti e gli informati non possono che definirle “conservatrici”, e a questa convinta affermazione fa seguire un elenco di 10 nomi di teologi-biblisti viventi che, secondo Ortensio, “purtroppo la gerarchia ignora quando non condanna ma che ormai fanno scuola dentro e fuori l’istituzione”[7].

Mi commuovo a rileggere la lettera che p. Ortensio scrisse a papa Francesco, il 20 settembre 2013. Tra i motivi per cui, per la seconda volta, dopo aver scritto a Paolo VI, il frate si rivolge a papa Francesco, indica:

Scrivo perché un professore tarantino, che aveva letto un mio trafiletto sul «Papa francescano», mi aveva esortato ad inviarle copia di un mio libro Chiesa delle origini, Chiesa del futuro che secondo lui collimava con la Sua linea pastorale, ma a me è sembrato più opportuno farle pervenire una proposta egualmente in sintonia con il rinnovamento ecclesiale che sembra voler mettere in atto. Eccola”. E indica alcune motivate proposte fra cui anche “un raduno dei dispersi d’Israele, cioè di quanti nella chiesa hanno subito incomprensioni, preclusioni, esclusioni, condanne, a motivo non di reati ma delle loro legittime convinzioni teologiche, bibliche o etiche. Quante Lampeduse, non diciamo Gulag, si possono riscontrare nella storia della chiesa! La chiesa è la patria di tutti, anche dei diversamente pensanti e perfino dei dissenzienti[8].

Duole pensare che non solo la proposta ma anche la lettera di p. Ortensio è rimasta senza risposta. Morto due anni dopo, il frate avrà portato con sé, unitamente alla fiducia e speranza incrollabile in papa Francesco per una “Chiesa diversa”, anche l’immenso dolore suo e di tanti che lo hanno seguito e stimato in vita, per questo freddo silenzio.

Silenzio che in tempo di sinodo e, dicono, di ascolto, ispira sfiducia e scetticismo sulle reali intenzioni di una gerarchia spesso sorda o indifferente.

I credenti che hanno un incredibile senso critico verso la Chiesa, e incrollabili nella loro appartenenza a questa stessa Chiesa, come p. Ortensio, sono i testimoni di cui essa ha bisogno per progredire. Questi testimoni sono tanto più efficaci in quanto sono all’interno. Sono parte della Chiesa, sono la Chiesa che si autocritica per riposizionare incessantemente la sua doppia fedeltà a Cristo e al mondo nel quale si è incarnato.

  • Una chiesa trasformata dal popolo

Il tema della “Chiesa popolo di Dio” torna centrale in un testo firmato da 12 autori francesi, edito qualche mese fa e tradotto in Italia dalle Edizioni Paoline. “Una chiesa trasformata dal popolo”, ha per sottotitolo “Alcune proposte alla luce di Fratelli tutti”.

Gli autori principali sono il domenicano Hervé Legrand e l’ex membro del Pontificio Consiglio Iustitia ed pax, ex direttore generale del FMI, Michel Camdessus.

Ai due si uniscono i contributi di:

  • quattro donne: una terapeuta familiare sistemica, Brigitte Camdessus; una psicologa e psicanalista, Anne Lannegrace; una amministratrice di società e associazioni, Francoise Malrieu; una ornitologa, Dosithée Yeatman;
  • di sei uomini: l’ex sotto-segretario generale delle Nazioni Unite, Yves Berthelot; l’ex presidente Observatoire chrétien de l’entreprise et de la société, Jean-Paul Lannegrance; l’ex presidente Mouvement pour la téinsertion sociale des sortants de prison, Xavier Larère; il consigliere della direzione dell’Institut francais des relations internationales-IFRI, Dominique Letourneur; l’ispettore generale delle finanze, Pierre Achard; il presidente onorario Union des utilisateurs d’énergie, Jean-Sébastien Letourneur.

Il testo è composto da quattro parti:

  • Parte prima: LA TRASFORMAZIONE DELLA CHIESA (Uscire dal clericalismo; Verso una visione realistica della vita affettiva e della sessualità: una richiesta; Rispondere alle aspettative dei giovani);
  • Parte seconda: PER UNA TRASFORMAZIONE FRATERNA DEL MONDO (Fratelli tutti nella storia recente della Chiesa; Far germogliare i “semi di bene sparsi nel mondo”; Per una Europa al servizio della fraternità);
  • Parte terza: PER UNA CHIESA SINODALE E FRATERNA (Per una chiesa sinodale; il prezzo della sinodalità: un governo più radicato nella fraternità esige un grande apprendistato; conclusione).
  • La quarta parte è costituita da alcune note storiche e teologiche dal titolo ISPIRARSI ALLA TRADIZIONE a cura del teologo Hervé Legrand.

Il libro parte da una tesi molto chiara: per la grave crisi che sta attraversando la Chiesa cattolica è necessaria, auspicata e sperata una trasformazione che, come sostiene il titolo del libro, deve essere attuata “dal popolo”. E questo processo non riguarda solo la vita interna della chiesa.

La novità metodologica del libro è data dal fatto che gli autori sono dei laici che ricercano e fanno proposte non per un’altra Chiesa ma per una Chiesa diversa e per un nuovo rapporto tra Essa ed il mondo. Sono uomini e donne, con diversi tipi di responsabilità all’interno della società francese: una psicologa, grandi dirigenti di banca, un’ornitologa, un esperto di famiglia e un ex presidente di un gruppo di assicurazioni ecc. ma senza particolari competenze teologiche.

La loro ricerca nasce dal grande rispetto e amore per la Chiesa e quindi vivono questo momento di crisi come un momento di travaglio importante, però riescono a mettere a fuoco i problemi della Chiesa e le domande che la Chiesa oggi dovrebbe porsi.

La parte teologica è affidata al domenicano francese Harvé Legrand[9], specializzato nel campo dell’ecumenismo e della ecclesiologia. La funzione di Legrand-teologo non è quella di chi sa tutto e deve dare risposte qualificate ma preconfezionate alle proposte fatte dagli autori laici per la fuoriuscita della Chiesa dalla grave crisi che la attanaglia. La sua funzione è quella di accompagnamento e di riferimento e “ispirazione

alla Tradizione”, come è indicato nel titolo delle Note storiche e teologiche, esposte nell’ultima parte del libro. Bastano i titoli delle quattro parti di questa sezione per indicare quale funzione spetta alla teologia: I – La concentrazione di tutto il potere nelle mani del clero non è tradizionale; II – Ampliare le modalità della chiamata al ministero; III – Il potere sacerdotale deve essere compreso, secondo la grande Tradizione, come un ministero dell’unico sacerdozio di Cristo; IV – La fraternità cristiana, superamento della relazione gerarchica tra donne e uomini nella Chiesa.

La narrazione storica e la sintesi teologica di Legrand, definita da A. Grillo, “di grande prestigio” (pag. 15) hanno il pregio di solo accompagnare gli interrogativi inquietanti e le risposte necessarie che vengono “dal popolo”.

Notiamo, per inciso, che molti dei contenuti storici ed ecclesiologici di questo “accompagnamento teologico” sono già presenti nel testo di p. Ortensio da Spinetoli del 1986 e per questo oggi ripubblicato.

Quale Chiesa, secondo gli autori, vorrebbero veder emergere dalla attuale, grave crisi?

Una Chiesa in cui la tolleranza della istituzione e il silenzio dei laici non permetta più quelle derive che hanno ferito profondamente persone innocenti; una Chiesa che si liberi da un clericalismo che l’ha indebolita; una Chiesa che progredisca verso una vita sinodale in cui chierici e laici dialoghino e assumano congiuntamente le loro responsabilità per vivere il Vangelo e testimoniare la parola di Dio. (…) . Infine, una Chiesa in cui tutti i fedeli, uomini e donne, celibi o sposati, possano assumere le grandi responsabilità che oggi sono riservate ai preti. Con questa trasformazione, si presenterebbe come un popolo di battezzati, attuando pienamente gli orientamenti del concilio Vaticano II”.

Il testo è servito a Marinella Perroni – Presidente delle teologhe italiane – e Andrea Grillo, liturgista e teologo, per mandare in onda tre puntate di Uomini e Profeti, Rai-Radio tre, nel mese di gennaio 2022[10] sul tema del Sinodo.

I gravi fatti della storia stanno ritardando e alcune resistenze interne stanno frenando il cronoprogramma dei due sinodi, quello dei Vescovi sulla sinodalità, e quello del cammino sinodale della Chiesa italiana. Non solo in Francia ma anche per la Chiesa italiana il piccolo testo francese e il denso testo di Ortensio da Spinetoli potrebbero essere utili come incoraggiamento a tanti “battezzati”, vicini, indifferenti o lontani dai preti, a sentirsi protagonisti del cambiamento.

Auspico che sotto il soffio dello Spirito il “sinodo dei vescovi” (la collegialità) lasci spazio a “un sinodo del popolo dei battezzati”, sparso nel mondo, unico agente efficace e possibile per la rifondazione della Chiesa cattolica. Le difficoltà sono tante: resistenze del sistema, paura, mancanza di cultura laicale, conservatorismo, difesa di posizioni acquisite, rischi di divisioni. Ma i giorni che viviamo, che richiedono più coraggio e meno mezze misure, più parresia e meno retorica, possono essere “il momento opportuno” (2Cor 6, 2) perché lo Spirito faccia comprendere che l’ascolto del “popolo di Dio” non ha senso se non sarà anche “tutto il popolo di Dio” a decidere sul suo futuro.

3 marzo 2022


[1] Ortensio da Spinetoli, Chiesa delle origini, chiesa del futuro, Borla, 1986, pp. 224 (esaurito).

[2] Harvé Legrand-Michel Camdessus, Una Chiesa trasformata dal popolo, ed. Paoline, 2021, pp. 154, euro 16,00.

[3] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, ed. Chiare Lettere, 2017, pag. 61.

[4] Ortensio da Spinetoli, La prepotenza delle religioni, ed. Chiarelettere, Milano, 2020, pag. 61.

[5] Op. cit., pag. 62.

[6] Op. cit., pag. 63.

[7] Tra gli italiani citava: Augusto Cavadi, Vito Mancuso e Felice Scalia. Tra gli stranieri: Kung, Drewermann, Fox, Crossan, Spong, Lenaers, Arregui.

[8] Lettera a papa Francesco del 20 settembre 2013.

[9] H. Legrand, professore emerito dell’Institut Catholique di Parigi, esperto per il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, consigliere della Accademia internazionale di Scienze Religiose.

[10]https://www.raiplaysound.it/audio/2022/01/Uomini-e-Profeti-del-09012022-5eb8ea7a-c912-41d2-bce0-e81012725351.html

https://www.raiplaysound.it/audio/2022/01/Uomini-e-Profeti-del-16012022-35afb99e-338a-4682-8bc7-5a67755801d2.html

https://www.raiplaysound.it/audio/2022/01/Uomini-e-Profeti-del-23012022-ab785599-5f18-4ed4-a61e-1e7629db31fd.html

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