Gennaro Pagano*
In questi giorni sento parlare, leggo, vengo raggiunto da notizie e tirato in discussioni su due questioni ecclesiali attuali: la sinodalità e il tema degli abusi.
Se ne parla in sede diverse, tenendo ben distanti i due temi. Ma è profondamente sbagliato. Le due cose sono legate dal filo rosso della gestione strutturalmente autoritaria e solitaria del governo delle comunità (siano comunità religiose, movimenti, diocesi, parrocchie poco importa). È impossibile dividere questi due temi. E sarebbe un evento di grazia se dal male terribile e vergognoso degli abusi (non solo sessuali!) si imparasse qualcosa sulla capacità di camminare insieme realmente. Rinunciando ad una struttura monarchica e ai tanti “munera” sacrali in cui non crede più nessuno. Neanche chi in mille modi li giustifica, li difende, se li attribuisce con simboli, stili e parole. A volte anche inconsapevolmente, come difesa psicologica che salva dalla verità di identità immature e inconsistenti.
La reticenza della chiesa italiana nell’affrontare realmente la questione degli abusi, facendo un’operazione di verità, è legata strettamente non alla prudenza ma al tentativo di restare a galla nella sua struttura attuale fondata su una rendita di immagine che cela la sua incapacità di comprendere la cultura dell’uomo contemporaneo. E il dramma è che nessuno, dal basso, può imporre un cambio di rotta. A dispetto di ogni parola sulla sinodalità. E questo perché ogni organo collegiale, ogni luogo di ascolto, ogni ambito di confronto è sempre e solamente consultivo.
“Parlate quanto vi pare. Mi rinfresco anche l’immagine con questionari e processi sinodali ma alla fine decido io”.
La chiesa cattolica, nella sua forma attuale, è strutturalmente incompatibile con una vera sinodalità. E la mancanza di sinodalità significa mancanza di controllo reciproco, lacuna incolmabile nella capacità di equilibrare i poteri dei singoli, o dei pochi. E questo è il terreno fertile per l’abuso di potere, di coscienza e sessuale. Da qui non si sfugge.
Se non cambiano i presupposti teorici e normativi – dottrinali e canonici – la chiesa è destinata solo a sceneggiate sinodali ed a perpetuare il dramma degli abusi. Questa struttura inoltre è un handicap per qualsiasi servizio al Vangelo e all’uomo perché priva di qualsiasi capacità di rapportarsi, leggere, intendere e parlare al mondo contemporaneo e alla sua cultura, unica mediazione possibile all’evangelizzazione.
Probabilmente a causa di questo si avrà una diminuzione dei fedeli e di conseguenza, circa l’abuso, diminuiranno anche i casi ma è tragico che si debba arrivare a questo.
E se qualcuno accusa di sociologismi questi ragionamenti, occorrerebbe rammentargli che, se tutte le teorie sulla grazia di stato contenute anche nella teologia del sacramento dell’ordine e in qualche modo codificate nel codice di diritto canonico non sono riuscite ad evitare il peggio, è perché affidarsi al buon senso dei singoli tirando in ballo lo Spirito santo significa solo cedere al più superficiale e colpevole degli spiritualismi. Lo Spirito non abbandona l’uomo, l’umanità e la chiesa. E oltre quelli che crediamo essere i nostri recinti sacri prepara spazi nuovi di vita ecclesiale, spazi spesso giudicati eretici, pericolosi, o a volte neanche ritenuti cristiani. Ma è in quegli spazi che un giorno, deposti i pizzi e i merletti e i mille “munera”, andremo a mendicare la fede.
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*Prete e psicoterapeuta, direttore della Fondazione Centro Educativo Diocesano “Regina Pacis” di Pozzuoli (NA)
pubblicato in http://www.finesettimana.org