Dire oggi il peccato originale di Carlo Molari in “Rocca” n. 22 del 15 novembre 2014

La nuova evangelizzazione sta percorrendo sentieri inediti con ritmo accelerato. Cresce così la distanza fra le diverse correnti teologiche e soprattutto fra l’insegnamento tradizionale e la teologia attuale. Uno dei temi nei quali la distanza si ingigantisce di giorno in giorno è il peccato originale, sia per l’interpretazione dei testi di riferimento, sia per la formulazione della dottrina.

temi biblici

I testi di riferimento per la dottrina tradizionale del peccato originale sono principalmente tre: il capitolo terzo della Genesi, la prima lettera di Paolo ai Corinti (15,21-22 «se per mezzo di un uomo venne la morte per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita») e la sua lettera ai Romani (cap. 5,12.15.19 «a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte… Se… per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti… Infatti come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’ubbidienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti»).

Riguardo all’insegnamento di Paolo gli esegeti sottolineano che il parallelo Adamo Cristo tende a presentare l’unione a Cristo come ragione della salvezza; il riferimento ad Adamo unico progenitore è funzionale all’affermazione dell’unico salvatore. «Il contrasto di anti-tipo e tipo, Cristo e Adamo, richiede che la condizione peccaminosa di tutti gli uomini sia ascrivibile ad Adamo, proprio come la loro condizione di giustizia sia da attribuire a Cristo soltanto» (Fitzmyer J. A., Paolo. Vita, viaggi, teologia, gdt 332, Queriniana, Brescia 20093 p. 157).

A proposito della Genesi tutti oggi sono d’accordo nel ritenere mitico e simbolico il racconto come ricerca di spiegazione del male presente nel mondo (racconto eziologico= relativo alla causa). Ma nonostante questo riconoscimento ancora molti si richiamano all’evento del peccato originale come ragione storica dell’imperfezione umana e del male nel mondo.

Il gesuita Andrés Torres Queiruga riferendosi al Catechismo della Chiesa cattolica osserva: «Nel trattare le origini della razza umana… viene riconosciuta la natura simbolica/allegorica dei racconti della Genesi, ma nello stesso tempo si afferma che il racconto di Gen 3 «espone un evento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 390, corsivo nell’originale). È come se più di un secolo di dibattito attorno alla natura mitologica di questi racconti non avesse mai avuto luogo». (Quale futuro per la fede. Le sfide del nuovo orizzonte culturale, Ldc Torino 2013 (or. 2000) p. 43). Coerentemente egli conclude: «Una volta riconosciuto il carattere mitico-simbolico del racconto della Genesi, non ha senso cercare un’azione storica come causa della situazione attuale, attribuendole, per esempio, l’ingresso delle malattie o del male nel mondo» (ib. p. 44).

Lo stesso teologo in uno scritto apparso su internet ha precisato: «col simbolismo profondo del linguaggio mitico, ci viene espressa l’intenzione di Dio di ricercare per noi null’altro che la realizzazione, l’amore e la felicità. Questo vuole significare il simbolo del ‘paradiso’: la meta a cui siamo destinati. A questa meta si oppone il male; per questo la Bibbia lo colloca ‘al di fuori di Dio’. La narrazione mitica, preoccupata di richiamarci alla bontà, si sofferma soprattutto sul peccato umano che, come mostrano i primi capitoli – dall’assassinio di Caino alla corruzione universale -, produce tanti danni. Ma prendere alla lettera, convertendo in spiegazione fisica o metafisica ciò che vuole semplicemente essere un’esortazione morale, conduce all’assurdità. Iniziamo col peccato originale: anche dopo essere stata riconosciuta come mitica, la narrazione concreta dell’albero, del frutto e del serpente fa, tuttavia, perdurare l’idea terribile che gli spaventosi mali del mondo sono un ‘castigo divino’ a causa della colpa storica commessa dai nostri avi.

Con ciò nell’inconscio collettivo si stanno imprimendo due concezioni mostruose: a) che Dio è capace di castigare in modo terribile, e b) che lo fa a miliardi di discendenti che non hanno la minima colpa per quel presunto errore. Inoltre si rinsalda l’idea – così diffusa e dannosa – che, in ultima istanza, se c’è male nel mondo è perché Dio lo ha voluto e lo vuole, dato che il paradiso sarebbe stato possibile sulla terra. E, oltretutto, il castigo sarebbe sproporzionato. In questo modo sopravvive la credenza generale che la sofferenza, la malattia e la morte provengano da una decisione divina, come forma di castigo». (Credere in modo diverso Sito ABCWIKI postato il 20 ottobre 2010).

riformulare la dottrina

Leggere le narrazioni bibliche come se fossero descrizioni di eventi storici è fuorviante. Esse trasmettono messaggi sapienziali per spiegare le condizioni imperfette della umanità e per rivelare che il progetto di Dio è condurre l’uomo, nonostante nasca imperfetto, a divenire sua immagine. La riforma della Chiesa, assieme alla continua conversione dalle idolatrie illusorie del potere e della ricchezza, implica anche la riformulazione della sua dottrina. Le formule infatti che ci sono pervenute sono nate da esperienze di fede autentiche, ma vissute e interpretate con modelli culturali radicalmente inadeguati. Man mano che le scienze forniscono nuove acquisizioni e offrono possibili spiegazioni della condizione umana, la teologia deve accoglierne le conclusioni per eliminare le incongruenze dei modelli culturali utilizzati nel passato.

Giuseppe Ruggieri, in un recente libro molto originale e ricco di stimoli, riflettendo su quello che egli chiama il Racconto ebraico ne riassume così il messaggio: «La prima parola che Dio disse all’uomo fu una benedizione: ‘E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro […]’ (Gen 1, 27-28). Ma questo dato assume tutto il suo significato solo guardando a un aspetto per noi sconvolgente da essere a volte omesso dai commentatori. La benedizione non sta soltanto all’inizio della storia umana, nella sua fase innocente, ma anche alla fine di quello che per lo più viene qualificato come `racconto del peccato delle origini’, ma che più esattamente dovrebbe essere qualificato come il ‘racconto della benedizione dell’uomo peccatore’. Infatti sia la ribellione di Adamo ed Eva al comandamento di Dio, sia l’uccisione di Abele ad opera del fratello non hanno come esito finale la condanna, ma la benedizione. Nell’uno e nell’altro caso la punizione è la parola penultima, non la parola ultima. Da questo punto di vista, il racconto di Genesi 3 sulla ribellione di Adamo ed Eva e il racconto di Genesi 4 sull’uccisione di Abele ad opera di Caino debbono essere letti insieme» (Della fede. La certezza, il dubbio, la lotta, Carocci ed., Roma 2014 pp. 28-29). Dopo aver richiamato gli sviluppi successivi del racconto il teologo catanese conclude: «Il racconto contiene così una sfida ulteriore alla libertà dell’uomo: quella di accogliere la propria condizione essenziale, così com’è, come vicenda gravida di un futuro. La maledizione non è mai l’ultima parola della storia umana. E d’altra parte il futuro non è il successo dei progetti titanici del ribelle contro ogni potere degli dei e degli uomini. La vicenda umana nel racconto biblico riceve piuttosto il suo futuro da una promessa. Questa promessa trae la sua forza dalla fedeltà di Dio a se stesso, dal suo amore che dura per sempre» (Id. ib. p. 29). Di fatto però l’insegnamento catechistico (come il Catechismo della Chiesa Cattolica), continua a presentare l’umanità primitiva dotata di doni superiori (l’integrità, l’impassibilità e l’immortalità, secondo alcuni anche la scienza infusa), doni che sarebbero stati perduti con il peccato. Sulle ragioni del male nel mondo e in particolare dell’imperfezione umana le teorie evolutive offrono indicazioni molto più convincenti. L’uomo non è in grado di accogliere i doni divini in un solo istante, richiede molto tempo per interiorizzare tutte le informazioni necessarie allo sviluppo completo delle sue strutture. Per questo nasce incompiuto e imperfetto. La possibilità di compiere il male, che ne consegue, accompagna tutto il suo processo storico. Solo alla fine, quando Dio sarà «tutto in tutti» (1 Cor 15, 28) anche il male, il disordine, la morte saranno sconfitti. D’altra parte l’imperfezione delle creature si esprime in scelte negative che guastano le relazioni, deturpano la vita e inquinano anche la sua trasmissione alle nuove generazioni.

Ogni creatura nasce con i limiti, le debolezze e le insufficienze causate dalle violenze, dalle idolatrie e dagli errori delle generazioni precedenti. La responsabilità degli umani è che molti diventino testimoni efficaci della potenza del Bene e della fecondità dell’Amore in modo che la Vita prevalga sulla morte.

One Reply to “”

  1. condivido quanto espresso.L’uomo non è tato creato già perfetto non avrebbe potuto sbagliare ma è un essere indivenire che si costruisce man mano. Le interpretazioni dellA CHIESA CATTOLICA E DEL TRIDENTINO SONO CONDIZIONALE DALLA CULTURA DEL TEMPO

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